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Allonsanfàn
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Lella Costa e quello sguardo smarrito sulla guerra

«E adesso che faccia faccio per parlare della guerra?». Lella Costa apre il suo Stanca di guerra con questa domanda. La fa a se stessa, la fa a noi che la ascoltiamo, smarriti da quanto ci sta accadendo intorno. «Che faccia si deve fare quando si prova ad affrontare un argomento così grande e terribile come la guerra? Che poi non si sa neanche bene dove, come, quando, perché sia cominciata. Forse all’inizio è stata anche una faccenda relativamente semplice, una roba tipo: “Tu hai la caverna più calda, la donna più pelosa, la ruota più rotonda. Io ho la clava più grossa: te la spacco sulla testa, così mi prendo quello che mi piace”. Rozzo, ma mica poi tanto. Sembra sempre che ci sia qualcosa per cui è indispensabile farla, la guerra, che sia la libertà, la giustizia, l’onore, le proprie idee. Cosa c’è dentro la guerra, che la rende così terribile, invincibile e insieme imprescindibile?».

Sono passati 26 anni da quel 1996 quando Lella Costa portò in scena la prima volta Stanca di guerra, scritto insieme a Alessandro Baricco, Sergio Ferrentino, Massimo Cirri, Piergiorgio Paterlini e Bruno Agostani, con la regia di Gabriele Vacis. Uno spettacolo – la produzione è del Teatro Carcano di Milano – che viene riproposto ora in tre sole date (è andato in scena a Sestri per il festival Andersen; a Milano, nell’ambito della serie di eventi Milano è Viva 2022 organizzato dal Comune di Milano al Castello Sforzesco; lo sarà il prossimo 27 luglio a Bologna per ricordare la strage di Ustica).

Ventisei anni che non si sentono. Forse è rimasto tutto uguale, forse la guerra è guerra, e non importa in che periodo storico la si viva.

Il filo conduttore dello spettacolo è il primo conflitto mondiale attraverso i ricordi del nonno Peppino e l’indagine su una fotografia scattata prima della sua partenza per il fronte, uno squarcio di vita familiare di più di 100 anni fa. Ma Lella Costa parla anche di utopia, di finta non violenza, di finta tolleranza di noi occidentali sempre più persi nel qualunquismo. Ha il coraggio di denunciare le fabbriche della morte, quelle dei dieci milioni di bombe antiuomo, e poi si concede (ci concede) un sorriso trattando delle mille guerre famigliari, dei conflitti di coppia, degli scontri generazionali. Mille temi che confluiscono tutti in un solo termine: guerra. Di opinione, di religione, tra uomini e donne, per bande e per coppie. E poi i conflitti di coscienza, di competenza, di interessi; le guerre fredde, quelle di nervi, quelle psicologiche. Non ultima anche la guerra vera, quella che scoppia sempre un po’ più in là rispetto a casa nostra, quella che ce ne sono tante ma si fa fatica a crederci.
« A volte si può perfino ridere, sorridere della guerra; sì, perché a volte la guerra è paradossale, grottesca, assurda, contraddittoria. Per esempio, in diverse fasi della storia dell’umanità si sono affermate delle religioni fondamentali, importantissime, che ponevano come principio irrinunciabile l’opposizione a qualunque forma di guerra e di violenza. Bene, nel nome di quelle stesse religioni si sono fatte e si continuano a fare delle guerre spaventose. Qua e là nel mondo qualcuno ha poi cominciato a rendersi conto che non si poteva andare avanti così, perché gli orrori della guerra diventavano sempre più orrori, non se ne veniva a capo e bisognava smettere; e allora è cominciata la denuncia contro la guerra fatta più che altro di dati, di cifre, di elenchi: delle vittime, dei deportati, degli internati, dei torturati, elenchi che andavano continuamente aggiornati con notizie di prima mano. Interviste sui campi di battaglia, diari dei soldati in trincea, fotografie della guerra, telecamere sulla guerra, cineprese sulla guerra, la fiction sulla guerra…».

Però niente di tutto questo è servito a farla finire, la guerra, «Anzi, sembra quasi che più tu la descrivi e più lei prolifera. E allora che cosa c’è dentro la guerra, che la rende così terribile ma anche invincibile e insieme affascinante? E noi con che faccia possiamo pensare di guardare, capire, raccontare la guerra? Io che faccia devo fare davanti ai reportage di guerra dei telegiornali, con che faccia posso guardare le foto di guerra pubblicate dai quotidiani. Che faccia devo fare?». Già, che faccia fare?

Stanca di guerra di Lella Costa, Alessandro Baricco, Sergio Ferrentino, Massimo Cirri, Piergiorgio Paterlini e Bruno Agostani, regia di Gabriele Vacis. Produzione Teatro Carcano Milano

credit foto in apertura: “TEDxCaFoscariU 2013” by TEDxCaFoscariU is licensed under CC BY-NC-ND 2.0.

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