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Arbasino, Montale, Poe: divagazioni dal dentista a Voghera

Spesso il male di vivere incontravo, a Voghera, ma non lo salutavo. (Poveraccio). Guardavo di qua e di là. E lui: “come va?, come va?”. E io, carino: “comme ci, comme ça

Questa ”giuggiola di Arbasino parafrasante Montale (Spesso il male di vivere ho incontrato, era il rivo strozzato che gorgoglia, era l’incartocciarsi della foglia riarsa, era il cavallo stramazzato… eccetera, dalla raccolta Ossi di seppia – di cui è uscita una recente “lettura in prosadi Francesco Dario Rossi dal titolo L’anello che non tiene reperibile anche su YouTube) mi torna in mente mentre vado in un’assolata giornata di fine luglio alla visita periodica dal mio dentista. Che è bravissimo, non lo cambierei con nessun altro al mondo, e ha lo studio a Voghera, a pochi passi dalla casa di famiglia di Alberto Arbasino nonché dal Teatro Sociale sulla Via Emilia ora dedicato a Valentino Garavani stilista.

Alberto Arbasino

Arrivata nella sala d’attesa, il mood poetico di colpo mi abbandona (forse anche per i prosaici soprascarpe di plastica trasparente antibatterici e antiestetici che è d’obbligo indossare): seduta accanto a un tavolinetto-portariviste di design, a forma di molare, mi viene da pensare a quanti racconti storie e romanzi a tema odontoiatrico mi è capitato di leggere su dentisti più o meno inquietanti – qualcuno pazzo, qualcuno criminale – e denti variamente dolenti. Un tema che nasce coi primordi stessi del romanzo: Bisogna dar molto più valore a un dente che a un diamante”, già asseriva il Don Chisciotte Cavaliere de la Mancha.

Uno che ci ha scritto parecchio, sui denti come simbolo della mortalità dell’essere umano, è stato Edgar Allan Poe, specialmente in Berenice, pubblicato per la prima volta nel 1835 sul Southern Literary Messenger: un “classico” del racconto gotico (riedito da Nemo nel 2020), che si può anche ascoltare su YouTube in audioracconto letto da Valter Zanardi. È la storia di un’ossessione narrata in prima persona dal protagonista Egeus che si innamora della moribonda Berenice la quale dischiudendo la bocca in un ultimo sorriso mostra la chiostra dei denti perfetti e bianchissimi, visione che provoca nell’uomo un immediato delirio erotico per quei denti: subito li desidera “con cupidigia”, brama possederli pensando che racchiudano dei segreti, delle idee che possano dare pace alla sua mente sconvolta. Dopo la morte (presunta, a quanto si viene a sapere) della donna, Egeus scende nel sepolcro per strapparglieli, questi denti oggetto di sfrenato desiderio, ma scopre che la giovane è stata sepolta viva e ancora respira e urla. Un racconto agghiacciante. Basti dire che alla fine sul tavolo dello studio dell’uomo, in una scatola, verranno trovati trentadue denti estirpati che rotoleranno sul pavimento come altrettante creature vive. Stop: per altri dettagli horror attingere direttamente al racconto.

Che poi mica sempre sono trentadue, i denti. A volte c’è in più anche “il dente bastardo”, anomalo quinto incisivo centrale dell’arcata superiore detto scientificamente mesiodens e popolarmente “il dente del diavolo”, alla cui iconografia, incredibilmente ricca dalla Grecia arcaica fino al XX secolo, lo storico e scienziato Marco Bussagli ha dedicato ben due volumi,  I denti di Michelangelo (Medusa 2014) e Il male in bocca (Medusa 2023), dai quali si viene a sapere che questo mediodens, inizialmente caratteristico del Diavolo, Michelangelo l’ha messo anche nella bocca del Cristo della sua Pietà, a significare con questo, secondo interpretazioni successive, che Cristo si era fatto carico dei peccati dell’umanità.

E che dire dei denti d’oro strappati agli ebrei morti nei campi di concentramento: sei tonnellate di oro dentale proveniente da Auschwitz, come si viene a sapere dal libro Il dentista di Auschwitz (Gingko Edizioni 2012), storia vera del polacco Benjamin Jacobs (1919-2004) scritta da lui stesso sessant’anni dopo i fatti accaduti: nel 1941, durante l’invasione della Polonia, il giovane Jacobs studente al primo anno di odontoiatria viene deportato, la madre gli consiglia di portare con sé gli strumenti dentistici che usa per gli studi universitari. Costretto a curare i denti degli ufficiali nei campi di sterminio nazisti, quegli strumenti gli salveranno la vita, consentendogli un cibo decente e qualche trattamento di riguardo anche se, con larrivo di Joseph Mengele nel blocco 7 del campo, a Jacobs verrà assegnato il compito di cavare i denti d’oro dagli ebrei morti.

Mentre – a proposito – mi viene in mente la faccia di Laurence Olivier che tortura Dustin Hoffman trapanandogli un dente sano nel film Il Maratoneta di Schlesinger, tratto dall’omonimo romanzo di William Goldman (pubblicato in Italia da Marcos y Marcos nel 2023 nella traduzione di Tilde Arcelli Riva), un’assistente dello studio si affaccia sul salottino. 

È una giovane ragazza dell’Est, bella. Mi invita ad entrare con un sorriso di denti bianchissimi. Mi accomodo tranquilla sulla poltrona odontoiatrica mentre mi sembra di sentir una voce che dice “non ci sono più i dentisti brutti e cattivi di una volta, signora mia”.

In alto, una illustrazione di Harry Clarke (part.) per i racconti di Edgar Allan Poe

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