“Già allora eravamo tormentati e impotenti. La nostra vita si consumava nei giardini delle case di genitori assenti, nell’acqua bassa delle piscine, su strade deserte dove guidavamo un po’ ubriachi. Eravamo destinati a perderci”.
“Non torno a Harmony da decenni. Quella città, la mia casa, il lago, le lunghe strade blu e i lampioni a gas che guardavo tutta la notte dalla veranda mentre gli altri dormivano. Finito. Nella mia mente ormai ci sono solo buio e silenzio”.
I due brani citati sono molto vicini tra loro, a pochi paragrafi di distanza (pag. 47 e pag. 51), ma il romanzo Goodbye Hotel (titolo originale Little Lazarus, tradotto ottimamente per Adelphi da Martina Testa) è tutto scritto connettendo i puntini o annerendo gli spazi tra queste frasi.
Sono entrambe tratte dal racconto di Francois, che da giovane cerca con Eleanor, la ragazza dal costume giallo, un punto di fuga da Harmony, North Carolina, e da una vita già segnata e sprecata.
Vent’anni e più dopo, Francois alloggia a Manhattan, al Goodbye Hotel, rifugio ideale per i perdenti, e sta “scrivendo la storia in un milioni di modi diversi”. Come? Lo scoprirete subito leggendo.
Goodbye hotel, il nuovo romanzo di Michael Bible, scrittore sudista classe 1981 già noto per L’ultima cosa bella sulla faccia della terra (Adelphi 2023), è però anche, e questo molto più sorprendentemente, la storia di due grandi tartarughe chiaroveggenti, di nome Lazarus e Little Lazarus.
Come anticipato dall’Ouverture del testo, che si apre sull’alba dell’universo, le possenti tartarughe compaiono ben prima dell’uomo e sono testimoni della sorte toccata ai deboli terrestri. Il tema della “vulnerabilità” umana tocca tutt’e quattro i movimenti di questa sorta di sinfonia, nei capitoli intitolati a Francois, e poi a Lazarus, e poi a Eleonor e a Little Lazarus – sinfonia? Bible scrive per variazioni e riempie il romanzo di musica, dal jazz al rap dei Wu-Tang Clan, dai fasti di Tin Pan Alley al karaoke, e se manca l’Iggy Pop del libro precedente, compare un personaggio che assomiglia a Paul McCartney nel 1970…
Comunque. Lazarus, longeva tartaruga che misura la sua vita a secoli, si trova per poco a abitare alla corte di un miliardario di New York, attratto dall’idea di carpirne il segreto dell’immortalità e già in possesso di un’inestimabile tela di Matisse con effigiata una tartaruga.
Affidata a due tossici squinternati, Lazarus fugge, si rifugia a Central Park e torna libera come quando a fine Ottocento seguiva misteriosi uomini vestiti di seersucker (si tratta di un cotone fine con disegno a piccole righe), uomini muti appartenenti a una setta dagli scopi benefici che incontreremo molti anni dopo a Harmony, quando i cittadini chiedono aruspici proprio a Lazarus… È infatti alla tartaruga prima madre cui dobbiamo, oltre al resto, “il dono dei sogni”.
Presente passato (trapassato remoto) e futuro si mescolano senza fatica nel gioco combinatorio delle storie narrate da Bible, che mostra di scorcio mondi paralleli, strizza l‘occhio agli eterni ritorni e a suggestioni oniriche. Forse accade anche a noi come alla tartaruga Lazarus: “gli anni ci scorrono dentro come un fiume in piena mentre ci abbandoniamo al sonno”. Così, accade che i destini (di tutti) si incrocino sotto l’insegna suggestiva del Goodbye Hotel, che tra l’altro ha molti numi tutelari (dichiarati dall’autore), come Carson McCullers e Sam Shepard, ma anche William Faulkner e Samuel Beckett (e io aggiungo pure il troppo dimenticato Russell Banks di Continental Drift).
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Di Goodbye Hotel, Michael Bible parla a Torino: il 19 maggio al Salone del libro. Invece, il 18 è alla Libreria Trebisonda e il 20 alla Scuola Holden. Sotto, tutte le date del tour italiano