Non so se e dove, tra tanti animali, spaventati e come impazziti per la paura delle bombe, si aggirasse libera, nello zoo di via Palestro, la scimmia urlante descritta da Antonio Scurati nella prima pagina di M La fine e il principio (Bompiani), quarta e ultima tranche della storia di un dittatore e di un Paese, anzi di una Nazione: è comunque un’azzeccata metafora.
Ma certo: nel 1943, dopo la precipitosa fuga – una fuga ingiustificabile è sempre “precipitosa” – del re e di Badoglio, Milano fu messa a ferro e fuoco dal cielo, e in terra finì dritta nelle mani dei tedeschi traditi dall’alleato italiano.
Così, e purtroppo, questo estremo volume di M è molto milanese, evocando una geografia dell’orrore spesso dimenticata e di cui occorre invece portare memoria, se la storia poi significa qualcosa e non è semplicemente nostalgia gestita da osceni pupazzi, pittati di nero e col braccio eretto alla romana.

Milano alla fine della Seconda guerra mondiale non fu soltanto piazzale Loreto e i corpi di “Ben e la Clara” (così Ezra Pound, nei Cantos Pisani), vilipesi e appesi a testa in giù, come da attuale narrazione propagandistica. Milano, in questo scorcio di bufera, si svela già nell’efficiente quartier generale dei nazisti all’Hotel Diana, a un passo dai Giardini Pubblici di cui sopra, tante volte descritti in letteratura nei ricordi di una classe dirigente d’antan.
Mentre leggo, mi viene in mente che spesso il grande parco dei ricchi meneghini appare, con i suoi busti di cittadini illustri oggi ignoti ai più e con il verde trasformato in giungla dalla fantasia dei bambini, nei racconti memoir di Alberto Vigevani, infante ebreo ancora ignaro della mattanza che toccherà alla sua gente, la quale abita nei palazzi storici di Corso Venezia o di Foro Bonaparte. Altri tempi.
Perché Milano? Perché nel 1943 diventa il centro di un impossibile colpo di coda, quasi una resa dei conti, in un macabro andirivieni dove nazisti e fascisti, malavitosi e revanscisti, consci del tracollo bellico inevitabile e di quello (già avvenuto) del regime, si abbandonano a una violenza senza proporzioni – la storia passa di qui e non dalle parti del Garda dove a villa Feltrinelli a Gargnano, mal vestito e mal curato, si deprime un Duce sfigurato fisicamente e preda dell’autocommiserazione. Le lettere a Claretta Petacci sono trasparenti. Annota Scurati: c’è qualcosa di peggio per un tiranno che piangersi addosso?

A Milano nel 1943 spadroneggiano i tedeschi e i fascisti riorganizzati nella brigata criminale della Ettore Muti: nella città su cui si sono rovesciate le bombe degli Alleati, Scurati ricostruisce vicende personali e collettive di inusuale e quasi nichilistica violenza. Come quando, dopo un attentato gappista, si fucilano per rappresaglia antifascisti presi a caso e condotti all’Arena, edificio che richiama grottescamente i fasti del passato, addirittura una naumachia presente Napoleone.
Tutta la storia del fascismo offre queste quasi risibili, non fossero tragiche, sproporzioni – quando l’azione si sposta a Como si legga la pagina sulla Casa del Fascio, ideologizzante capolavoro architettonico di Giuseppe Terragni, sul quale si può imparare qualcosa, oltre che da M, dai prose poems scheletriti di Giampiero Neri.
Scurati, con il suo occhio serio e a tratti torvo, comprensibilmente poco incline alla pietà non tanto per i vinti, quanto per questi vinti – non avendo il Duce quasi mai espresso pietà, lo scrittore gliel’accorda soltanto a fine vita poiché non ha certezza dello svolgimento dei fatti -, è il compilatore di una guida assai poco turistica, che ho ripassato leggendo M e camminando per la città.
Una topografia dell’orrore
A costo di fare un elenco, mi sono segnato delle strade sul taccuino. Via San Sepolcro e via Orefici, per esempio. Via San Sepolcro (o piazza San Sepolcro) diventa la sede del fascio: camicie nere della prima ora e nuovi sbandati si incontrano nella brigata Ettore Muti – conterà duemila uomini. È una squadra zeppa di pregiudicati e avventurieri sui quali litigano i due leader del tempo che fu, Franco Colombo e Aldo Resega – comunque: al camerata Muti loro desiderano “lavar la bara col sangue partigiano”…
Gente come Colombo e Resega è stata isolata per due decenni dal regime e rialza la testa a Milano, in giorni orribili. Sono impiegati del male o spettri minacciosi, ma più reali di altri, perché meno evanescenti dei Pavolini e dei Graziani che ora ballano da soli o intorno al Duce progettando improbabili strategie di vittoria o di salvezza. Sono uomini del popolo risorti da un passato di rovine, che sfilano in via Orefici nell’anniversario della marcia su Roma il 28 ottobre 1943.

Ma ecco una topografia nazi-fascista di Milano nel 1943: al 12 di piazzale Brescia, risiede il comando militare retto dal colonnello della Wehrmacht Hermann Sassenberg. È incaricato di depredare Milano.
In piazza Fiume, si trova il gruppo milanese del partito nazista e la sezione locale della Hitlerjugend.
La Casa di riposo dei musicisti di piazza Verdi – o Scurati inciampa in un nome e intende Casa Verdi in piazza Buonarroti? – ospita la Feldgendarmerie.
Un altro hotel sinistro: l’Albergo Regina & Metropoli dove pulsa il cuore nero tedesco, appena dietro la Galleria. È la sede del comando di SS, Gestapo e Kripo, agli ordini di Rauff e Saevecke, che sono rispettivamente l’uomo più potente di Hitler a Milano e “il boia di Milano”.
Il Binario 21 della Stazione Centrale, oggi divenuto Memoriale della Shoah. Da qui si sbrigano le deportazioni, in uno spazio buio e più basso rispetto agli altri binari – era quello dei treni che dovevano portare merci – in netto contrasto con il monumentale edificio, che nelle allegorie della facciata parla anch’esso la retorica fascista.
Poi c’è Villa Fossati detta Villa Triste, dove la banda Koch arresta e tortura, e presso la quale i passanti si affrettano, tenendo il capo chino. Tra via Paolo Uccello e via Masaccio, sono due piani art déco che spesso vengono citati, ma non qui, più che per le unghie che saltano e per le scosse elettriche, poiché vi transitarono gli sventurati “amanti neri” Osvaldo Valenti e Luisa Ferida. Negli anni Settanta, con la sua lugubre leggenda, Villa Triste intimoriva ancora i ragazzini come me, che studiavano nella vicina scuola media intitolata significativamente a Eugenio Colorni (proprio lui, il “comunista” di Ventotene).

M fuggiasco da se stesso
Siamo ormai nel 1944. La strage di partigiani dell’agosto, una rappresaglia, l’ho letta tanti anni fa in una poesia di Franco Loi. A Piazzale Loreto, a poche centinaia di metri da casa sua, al Casoretto, il 10 agosto, il futuro poeta vede i corpi dei quindici partigiani fucilati e “gettati sul marciapiede come spazzatura”; più tardi, nel 1945, i cadaveri del Duce e degli altri gerarchi: sono fatti e vissuti che rendono sulla pagina una fiammata di rabbia e pietà, di angoscia e elegia (Stròlegh, Einaudi).
“Vogliamo Mussolini a Milano”, si mormora: tra autunno e inverno la città raccoglie il fascismo repubblichino in una sorta di “asma finale”. A dicembre, più precisamente il 16, il Duce, sessantenne male in arnese, appare dopo otto anni d’assenza: alle 10,30 parla, rianimandosi, al Teatro Lirico. Un bagno di folla si consuma in via Rovello, alla caserma della Muti, nel sogno di un rovesciamento di fronte.
Invece, tutto quello che accade, a Milano, nell’insensato 1944 è un irrealistico e crudele tentativo di riscossa, fatto sui nervi, un inutile massacro e una esercitazione quasi postuma di vendetta – Il Duce sembra inchinarsi alla “sconcia vanità” di un “fuggiasco da se stesso”, si intesta senza scrupoli e a chissà quale memoria le morti e le sevizie degli avversari.

L’avventura politica di M e dei suoi dubbi fedeli si chiude tra una sala della Prefettura di Corso Monforte e Villa Necchi Campiglio, nell’incanto congelato di via Mozart, trattando in Arcicescovado con il cardinale Ildefonso Schuster e ascoltando l’urlo delle sirene delle fabbriche che annunciano l’insurrezione di Milano, il 25 aprile 1945. Quindi la fuga, il tentativo di espatrio di M, e di quel che resta di una eteroclita compagine allo sfascio, che Scurati ricostruisce con precisione certosina. Ogni frase, ogni aggettivo, si incide nella cronaca di una disfatta politica e umana.
Il finale, almeno quello scritto dalla fama nella città di Milano, è noto, si consuma in Piazzale Loreto e “riposa” – mai verbo pare più inadatto a dei “mai morti” – al campo X del cimitero di Musocco.

A margine. Sciatto a tratti e barocco in modo superficiale, secondo i detrattori, il super romanzo storico di Scurati – romanzo storico basato integralmente su documenti e non libera storia romanzata alla best seller di Ken Follett – ha provocato isterie e anatemi (molti a sinistra). M è stato attaccato, guardando al fondo delle critiche, anche in virtù del grande successo ottenuto, cioè per la sua popolarità – al proposito, consiglio di guardare che cosa significa “popolarità” sul dizionario o di riflettere sulla definizione di “nazional popolare” in Gramsci. E però ciò che in realtà non si perdona a Scurati è aver esibito, pur nei cambi di marcia o di direzione dell’opera, un accattivante montaggio da serie e un’indubbia forza da racconto orale – non per niente il quarto M è divenuto un ottimo podcast letto dall’autore e il libro è stato lanciato da un denso speech dello scrittore postato sui social network. Allora: forse bisogna “rassegnarsi” al fatto che la fortunata tetralogia – ha vinto pure lo Strega – esca più volte dai canoni e dalle etichette del bon ton letterario/giornalistico e in modo nient’affatto volgare, ma sofisticato. Non resta che prendere atto che la storia (la Storia) di Scurati funziona e fin d’ora dovremo in qualche modo tenerne conto. Tanto più di questi tempi, tanto più che una volta, per stare in argomento divulgazione sul fascismo, ci ammannivano le gioviali panzane di Montanelli e Cervi…
Nell’immagine in alto, l’ultima foto nota di Mussolini vivo, nel momento in cui abbandona la prefettura di Milano il 25 aprile 1945
(Credit: Antonio Scurati “DSC_9446” by PresenteProssimo is licensed under CC BY-NC-SA 2.0. “Vagoni – Binario 21 – Memoriale della Shoah 4” by Settimioma is licensed under CC BY-SA 4.0.)