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Questa è la nostra città. L’inedito di Moravia per la fabbrica Pirelli

È arrivato in libreria un inedito piuttosto consistente, datato 1947, di Alberto Moravia: si tratta di un soggetto per un film che si può leggere come uno scarno romanzo, una storia di dopoguerra dove si erge potente e, per certi (pochi) versi, incantatrice o consolatoria, la fabbrica.

Infatti. La fabbrica dovrebbe essere la promessa del nuovo che segna il ritmo e la ripresa della vita all’umile famiglia milanese dei Riva, nonché all’Italia stessa, che fino al giorno prima era contadina e ora, cioè tra breve, scoprirà il boom.

Moravia firma il soggetto di un centinaio di pagine per un film di Roberto Rossellini – integra e sostituisce un canovaccio del regista e di tre suoi collaboratori. Il lavoro è stato commissionato forse con troppo ingenuo mecenatismo dalla Pirelli, che compiva al tempo 75 anni di pneumatici dalle parti del quartiere operaio nato alla Bicocca.

Questa è la nostra città Alberto Moravia

Il film non venne mai realizzato eppure noi che voltiamo oggi le preziose pagine di Questa è la nostra città – Storia per un film mai girato (Bompiani, collana Overlook) troviamo nella nostra memoria diversi altri romanzi e pellicole, quasi fossero suscitati, per parentela o giustapposizione, dal testo stringato ma imaginifico di Moravia.

Libri. Ci sono personaggi “esistenzialisti” ante litteram che tendono la recuperata storia tra la visionaria precocità de Gli indifferenti – qui due giovani, Carlo e Angela, potrebbero essere fratelli di Michele e Carla, pur se in versione proletaria – fino alla maturità de La noia, il romanzo moraviano dell’alienazione.

Film. Pensando al cinema, invece, rivediamo sequenze di Roma città aperta e poi di una stagione di neorealismo già corrotto e reso scopertamente ambiguo da un’inedita sensibilità, come accade per esempio nel Rocco di Visconti, passato per Testori, e ne Il grido di Antonioni.

Moravia si dà a illustrare la più grande metropoli italiana – come nota Giuseppe Lupo nella postfazione – partendo da una periferia forse più romana che milanese, e il suo testo è comunque esente – e poteva essere diverso? – da ogni retorica del progresso. Ciò spiega in parte perché il film infine si perse nonostante la buona volontà della committenza.

Certo. La fabbrica di Moravia è “buona”. Non è (ancora) sede dello sfruttamento, non è (ancora) un padrone da combattere, ma è il luogo in cui i personaggi si incontrano e in qualche modo si trovano sodali a fronte delle difficoltà e, in questo caso, anche in rapporto al romanzesco di una losca vicenda di vita e malavita.

Fuori da ogni intento apologetico, se non riguardo una casta di vecchi operai saggi e di una pattuglia di giovani inesperti che sanno però riconoscere i loro errori, lo scrittore stringe e allenta i legami tra i personaggi con mano veloce da artigiano e occhio freddo, quasi scientifico – Moravia è già Moravia, in ciascuna delle sue incarnazioni, e in queste pagine è tanto più efficace quanto più apre la porta, secondo la sua ispirazione, su mondi ambigui e proibiti, governati da forti e ammalianti pulsioni, come quelle provocate dal denaro e dal sesso.

Il testo riapparso per la cura di Alessandra Grandelis, che ricostruisce il travagliato e mancato making of del film, raccoglie storiche immagini della cittadella operaia della Bicocca. Altri tempi (oltre che altre penne).

Di Alberto Moravia abbiamo già scritto qui

Questa è la nostra città Alberto Moravia Questa è la nostra città Alberto Moravia

Alberto Moravia (Roma, 1907 – 1990) È stato scrittore, giornalista, saggista, reporter di viaggio e drammaturgo. Nel 1952 venne insignito del premio Strega per I racconti, messi all’Indice (altri tempi, antiche censure). Dai suoi romanzi sono stati tratti numerosi film, tra i quali La ciociara di De Sica e Il disprezzo di Godard.

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