La schizofrenia sfugge da un meccanismo di causa-effetto: “È un tragico addio alla realtà di cui va rispettato il mistero. Perdonami, Rossana”.
Forse per questo, con Cartella clinica (Sellerio), Serena Vitale non licenzia un colto saggio ma ricorre alla suggestione della letteratura nella forma di un’indagine. Ricostruisce così la malattia e la morte dell’amata sorella maggiore Rossana, facendo i conti con il dolore di un passato remoto ma sempre presente ancorché protetto, nel trascorrere degli anni, da una coltre di mistero sui fatti e da una certa molto umana smemoratezza.
Forse – Cartella clinica nonostante il titolo freddamente burocratico è un libro di “forse”, in cui si arriva alla realtà con la circospezione e i colpi di scena di un’autoanalisi – forse Vitale riesce a tornare all’anno in cui sua sorella, abile pianista, “impazzisce”, l’anno in cui Rossana ha visto i suoi occhi storti e li ha guardati per ore nello specchio e poi li ha infilati di spilli nelle fotografie. È il 1958: seguendo misere e miserabili relazioni mediche, Vitale accompagna la sua famiglia di persone “strambe” (almeno così scrivono gli sgrammaticati presunti sapienti), o quel che ne resta, dalla natia Brindisi a Roma, fino al grande manicomio di Santa Maria della Pietà, quasi fosse il viaggio di una cieca che un poco, grazie alla scrittura, recupera la vista.
Forse è giusto che Cartella clinica appartenga a una collana di libri intitolata La memoria, la quale deve la sua nascita a un’intuizione di Leonardo Sciascia: vi partecipò dagli esordi con l’intento di ricostruire piccole storie o, rubandogli un po’ impropriamente un titolo, “fatti diversi di storia letteraria e civile”.
Cartella clinica è letteratura, anche suo malgrado, perché fatta di un sentimento contenuto e “montato” a guisa di una quest che appassiona chi legge, ed è un’opera civile anche non volesse – è una storia della sofferenza mentale in Italia, tra fantasmi di lobotomia (vedi l’etimologia della parola) e pratica di elettrochoc, attraverso un caso singolo che costringe Vitale, oggi ottantenne, a licenziare le cento pagine forse più vissute e sofferte – una sorta di scatola nera – della sua vita di scrittrice e saggista.
L’ultima pagina del libro è una vecchia fotografia di Rossana, ma è come se la ragazza fosse sopravvissuta al tempo. Noi siamo quelli che perdiamo o che cerchiamo di fermare al nostro fianco.
A margine. Diceva Sciascia per spiegare il nome della collana, oggi per lo più identificata nel successo di gialli e noir regionali: “Uno dei più evidenti e gravi difetti della società italiana […] sta nella mancanza di memoria. Forse per la quantità eccessiva delle cose che dovrebbe contenere, la memoria si smarrisce, si annebbia, svanisce. Intitolare una collana letteraria La memoria è […] una esortazione a non dimenticare certi scrittori, certi testi, certi fatti. Una collana che riserva scoperte, riscoperte, rivelazioni, sorprese”. Grazie a Serena Vitale per la sua Cartella clinica.