Che Bologna sia “il paradiso dei cinefili” non è solo un modo di dire, un cliché appiccicato alla città nei giorni dell’ormai famoso Festival del Cinema Ritrovato promosso dalla Cineteca: è che quando centinaia di capolavori del cinema passato, opportunamente restaurati, vengono proiettati in tanti diversi luoghi, nelle sale e nelle Serre dei Giardini Margherita, nell’Auditorium del Dams e sulle piazze – da Piazza Maggiore alla piazzetta Pier Paolo Pasolini (dove le proiezioni sono fatte con lanterna a carbone) – allora davvero l’intera città diventa una sorta di Cineforum allargato.
Nel mare magnissimum del programma di quest’anno, consultabile sul sito della Cineteca (si tratta di 454 film proiettati in nove giorni dal 21 al 29 giugno con ospiti come Jim Jarmush e Bob Wilson), la mia incrollabile attrazione per le cose “minori” mi porta a segnalare la sezione Documenti e documentari focalizzata sul making of di film famosi, sulle vicende segrete di set più o meno travagliati, di registi e produttori spesso litiganti: dove si viene a vedere come ogni film abbia una sua storia che non è solo quella della sceneggiatura, ma è anche quell’altra, reale ma altrettanto “cinematografica”, che il film vive nel suo farsi e che spesso genera, di suo, un film sul film: più propriamente, un documentario.
“I documentari sul cinema sono un genere prezioso e complesso perché bisogna essere capaci di raccontare un film, un autore, un periodo, usando la lingua del cinema, sfida affatto scontata”, si legge nella scheda della sezione curata da Gian Luca Farinelli. Tutto vero.

Lo dimostrano i preziosi “reperti” arrivati al Festival da varie parti del mondo. A cominciare dall’Italia con Sopralluoghi in Palestina per il Vangelo secondo Matteo, un “diario per immagini” (immagini di pura e semplice bellezza arcaica) girato da Pier Paolo Pasolini durante il suo viaggio in Terrasanta insieme al biblista don Andrea Carraro nei luoghi della narrazione evangelica alla ricerca del set per il suo film (che sarebbe poi uscito nel ’65).
Deluso dai luoghi (l’espansione edilizia a Betlemme, i grattacieli a Nazareth), Pasolini rimase invece colpito dalle facce della gente povera, quelle facce “tetre, belle, dolci di una dolcezza animalesca precristiana, le stesse facce dei sottoproletari di tutto il mondo”. Le stesse facce che il regista aveva visto nel Sud dell’Italia. Così “ricostruì” la Palestina in Basilicata, tra i sassi di Matera e i suoi abitanti dove il film fu effettivamente girato (con sollievo del produttore Alfredo Bini che vedeva scongiurate le difficoltà di allestire un set in quei paesi in guerra (allora, mutatis mutandis, come oggi…).

Ha un valore storico-antropologico l’altro documentario italiano: Il pianto delle zitelle un film del ’39 di Giacomo Pozzi Bellini sul pellegrinaggio delle donne non sposate di Vallepietra, tutte vestite di bianco tranne la Madonna che ha la veste nera, al santuario del Monte Autore, nel Lazio (un rito che ricorda le “lamentazioni” pre-cristiane): premiato a Venezia, il film venne successivamente proiettato solo nella versione ferocemente tagliata a causa dell’immagine arcaica e realistica dell’Italia contadina che non corrispondeva ai canoni imposti dal regime fascista.
Tra i cortometaggi presentati dalla Francia mi segno Les Mistons, uno dei primi lavori di Truffaut, storia di monelli parecchio cattivi che per invidia prendono di mira una coppia di innamorati portandoli a un finale tragico: il regista “usa” questi bulletti minorenni, oggi li chiameremmo così, anche per lanciare strali contro il cinema che non gli piace, facendogli cantare, per esempio, la canzoncina “Collari perduti senza cani” in beffa al film Cani perduti senza collare di Jean Delannoy…

E poi c’è Paradžanov, le dernier collage, dedicato alla vita e all’opera del regista armeno Sergej Iosifovič Paradžanov, che prediligo per il suo gusto del colore, della musica, e per quel saper vedere l’anima degli oggetti.
Non si potrà certo perdere The Invisible Man, Director’s Cut di Paul Joyce, ovvero Kubrick raccontato dalle persone che gli sono state vicine, e nemmeno si potrà tralasciare Hearts of Darkness: a filmmaker Apocalypse, i ricordi di Eleanor, moglie di Francis Ford Coppola, fin dai primi giorni di lavorazione di Apocalypse Now.

Sarà certamente da seguire il docu su Martin Scorsese (Conversation avec M. S., titolo internazionale My life in music, di Clara e Julia Kuperberg), il quale spiegherà il suo rapporto con la musica, il suo modo di lavorare sulla colonna sonora di un film… E qui però io mi fermo: ricordando che con tutto ciò che è stato detto fin qui siamo sempre e solo nella sezione Documenti e documentari del Festival, e che poi c’è tutto il resto, mi rendo conto che a qualche film bisognerà pur rinunciare. Altrimenti, vabbè, vuol dire che si morirà di cinema.
Nella foto di apertura, Francis Ford Coppola in Heart of Darkness: A Filmmaker’s Apocalypse
- Jonne Bertola ha pubblicato il romanzo Fuori Copione (LuoghInteriori)