Fra i parlamentari italiani e i saggisti storici, Federico Fornaro è considerato un esperto conoscitore dei sistemi elettorali, dei progetti di riforma dei medesimi, dell’interpretazione del voto delle urne nelle consultazioni politiche, amministrative e nei referendum.
Dal riformismo di Giuseppe Romita e Giuseppe Saragat, alle occasioni perdute della sinistra italiana per assicurare democrazia e novazione al sistema della rappresentanza; dalle prime esplorazioni sul fenomeno dell’abbandono delle urne alla flessione della partecipazione nell’attività politica, al grande dibattito fra sistema maggioritario e proporzionale, Fornaro ha tessuto un costante filo di puntuale osservazione. Ha sempre tuttavia unito contestualizzazione storica e lettura sociale dei dati e comportamenti elettorali.
Così è avvenuto per gli ultimi saggi editi da Bollati Boringhieri. In sequenza: 2 giugno 1946. Storia di un referendum (2021), Il collasso di una democrazia. L’ascesa al potere di Mussolini 1919-1922 (2022), Giacomo Matteotti. L’Italia migliore (2024).
Ora si presenta in libreria con Una democrazia senza popolo. Astensionismo e deriva plebiscitaria nell’Italia contemporanea, sempre edito da Bollati Boringhieri.
Le novità
È più che un saggio, è un volume articolato e denso. Ricco di note e rinvii bibliografici, di richiami testuali, di riferimenti e dialoghi con altri autori e interpreti della politica italiana.
Qui vi è molta ricerca e molto pensiero.
Oggi, invece, si pubblicano, anche nella saggistica, molti report o commenti volanti, costruiti da emozioni e luoghi comuni, da tesi superficiali e spesso artatamente polemiche per ottenere audience. Molti i tuttologi, anche sulle vicende politiche istituzionali, sulla legislazione e sui comportamenti collettivi.
Fornaro nel suo Una democrazia senza popolo non disattende i lettori. Va nel profondo dei dati elettorali e statistici, li compara con i riscontri europei, individua le tendenze di fondo. Attinge a piene mani ai report dell’ISTAT, del Censis, dell’OCSE, dell’Ipsos, del modello statistico Gini.
Analizza le cause remote e quelle immediate della fuga dal voto, ma soprattutto, è qui sta una delle novità, fornisce una lettura causativa sociale dell’astensionismo, frutto di molte non risposte della politica e di abbandono di intere fasce di elettori. I ceti medio-alti reggono, esprimono ancora fiducia nel sistema, mentre le fasce deboli rinunciano per assenza di speranza e per la precarietà economica sociale. Le oligarchie economiche e i privilegi dominano, sono solo miraggi per i deboli che nutrono piena sfiducia.
Altra novità, attribuisce il comodo alibi del non voto alla percezione che coloro che decidono non decidono immediatamente e con efficacia; il sistema non funziona o funziona tardi. Mentre la gente aspetta e commenta crudelmente: tutti diventono commissari sportivi, medici, scienziati o astronauti ingegneri idraulici o geologici. Il voto appare non incidente, non opera scelte, ma si perde nel mare della fiducia scontata al leader vincente e di successo mediatico.
Fornaro evidenzia poi una palese, non sempre opportunamente delineata, derivazione dell’astensionismo dai comportamenti aculturali oggi diffusi e caratterizzanti: la perdita della memoria storica individuale e collettiva, il progressivo avvelenamento di pozzi della conoscenza che dovrebbero alimentare le opzioni politiche e di partecipazione, l’offuscamento del pensiero scientifico (i novax, gli atteggiamenti anti medicina).
Fornaro osserva come oggi il consenso si cattura facilmente ignorando il passato e rifuggendo dal progettare il futuro, ma vivendo in un perenne presente di successo autoreferenziale. Memoria storica e conoscenza sono invece due elementi fondanti la scelta della partecipazione nel sistema della democrazia attiva.
Memoria storica vuol dire capire e attualizzare le vittorie sociali e culturali del passato, vuol dire non riscrivere in modo revisionista il fascismo per legittimare le diseguaglianze o i privilegi di oggi.
Non si può e non si deve resettare il percorso democratico compiuto dalla Resistenza all’oggi.
Molto severo, ma veritiero, il riferimento di Fornaro all’analfabetismo funzionale in Italia, dove la considerazione sulla debolezza delle competenze alfabetiche e di quelle numeriche portano a stimare come il 35% degli italiani non sarebbe in grado di svolgere una sintesi di un brano di giornale letto. L’astensionismo è derivato anche dalla non cultura o dalla cultura deviata dai media vincenti.
L’anamnesi e la diagnosi compiute da Fornaro si completano con il richiamo oggettivo all’incidenza che stanno avendo sulle manifestazioni del voto i grandi mutamenti della globalizzazione dei mercati e scambi, della finanziarizzazione dell’economia, della rivoluzione digitale, della transizione ecologica.
Per l’autore certamente vi sono rischi manipolativi di internet su molte informazioni, ma la tecnica digitale va governata e utilizzata con il pensiero e la libertà dei comportamenti.

Alcune spigolature
Scivolando sulle pagine, si incrociano alcuni pensieri forti:
– Il pericolo che corre l’Italia non è un drammatico ritorno al passato dell’autoritarismo fascista, quanto un lento scivolamento da forme di demorazia liberale a modelli di democrazia illiberali, le cosiddette democrature, sull’esempio dell’Ungheria di Viktor Orban.
– In Italia si è fortemente indebolito il passaggio generazionale della memoria. Non solo famigliare ma anche collettiva. Viviamo in una sorta di presente permanente, abbiamo perso il ricordo delle lotte e dei sacrifici per l’affermazione dei diritti, delle battaglie civili per la libertà. Abbiamo cioè dimenticato le peripezie della democrazia. Viviamo in quella che è stata ribattezzata l’età della post memoria, che dovrebbe semmai imporre a tutti un surplus di responsabilità e di rigore nella ricerca storica.
– Internet sta modificando il dibattito pubblico e in prospettiva la sua capacità manipolativa potrebbe ulteriormente crescere grazie all’intelligenza artificiale e a una maggiore ibridazione con i media tradizionali. Ma al tempo stesso Internet potrebbe ampliare gli spazi di partecipazione e di decisione, integrando la forma classica della democrazia rappresentativa.
– Più si colpiscono le istituzioni democratiche attraverso campagne di deligittimazione, spesso costruite sul complottismo e sulla falsificazione dei dati di realtà, e maggiore sarà la possibilità che gli elettori preferiscano soluzioni che inclinano verso una semplificatoria deriva plebiscitaria.
– Al maggior grado di istruzione non è seguita in questi anni un’eguale crescita della capacità critica, che è stata sostituita dall’uso strumentale delle informazioni presenti sulla rete in numero incomparabilmente superiore al passato e a una cultura distorta della semplificazione e della banalizzazione.
– La propensione al voto per classi sociali, reddito ed educazione aumenta in maniera inequivocabile al crescere delle condizioni dell’elettore. È infatti al 62,3% per chi ha uno status inferiore per tutti e tre i fattori, e arriva all’85,8 % per quelli che sono posizionati nella fascia più elevata… appare evidente una significativa crescita di una forma di astensionismo di classe.
– Andando progressivamente riducendosi la mobilitazione organizzativa e ideologica dei partiti di massa, una rilevante quota dell’elettorato non crede più nell’importanza del voto e più in generale nella possibilità che la politica possa migliorare le condizioni di una vita materiale. Né crede che si possano cambiare in meglio i tradizionali rapporti di forza tra capitale/rendita finanziaria e lavoro.
– Il nazional-populismo nasce in seno alle democrazie e in prima battuta non si contrappone al modello liberaldemocratico, salvo poi, in un crescendo comunicativo, identificarsi nell’immagine di un leader che si rivolge direttamente al popolo sovrano contrapponendosi alle élite dominanti.
Il leader sostituisce la funzione di intermediazione dei partiti e sfruttando i nuovi media alimenta quotidianamente il consenso e cementa il suo rapporto diretto con il popolo, annuallando il conflitto sociale e mettendo in soffitta la democrazia parlamentare.
– Sull’asse populismi-nazionalismo si può dunque progressivamente scivolare, in maniera non necessariamente violenta, da una democrazia liberale a una democratura.
– Secondo il vocabolario online Treccani, per democratura si legge ” un regime politico improntato alle regole formali della democrazia, ma ispirato nei comportamenti ad un autoritarismo sostanziale”.
Impegno e positività
Fornaro non demorde. Analisi critica e corretta, esplicita nell’individuare rischi e tarli della democrazia di oggi, del crescente astensionismo, ma collaterale invito persuasivo alla controffensiva.
L’autore scrive: “Senza perdere di vista la funzione educatrice della politica, esiste un ampio margine di miglioramento per una divulgazione politica efficace, capace di trasmettere un messaggio diretto facendosi interprete dello stato d’animo dell’opinione pubblica: una comunicazione che faccia sentire rappresentati quanti oggi vivono la politica come una cosa distante anni luce dalle persone in carne e ossa. Comunicazione e contenuti devono andare a braccetto per provare ad abbattere il muro di incomunicabilità tra la politica e la maggioranza della popolazione, quella cioè che ha disertato le urne delle ultime elezioni europee 2024”.
Ancora Fornaro: “Non è tuttavia sufficiente rivendicare i meriti storici delle democrazie liberali, né ricordare con nostalgia i tempi d’oro della partecipazione e dei partiti di massa. È giunto il tempo di rispondere alla sfida nazional-populista con maggior vigore, apportando i correttivi necessari affinché la grande maggioranza della popolazione torni ad avere fiducia nella politica e nelle istituzioni democratiche e non cada nella trappola della demagogia di chi si propone come unico e originale interprete del popolo. Salvo poi – come la storia ci insegna – impadronirsi del potere con buona pace delle promesse e del futuro della stessa democrazia”.
Il nuovo libro di Fornaro è un testo ricco di argomenti e professionalità indagante. Timbrato da una contemporaneità pervasiva, fra appuntamenti elettorali, letture dei voti espressi e non espressi, ma soprattutto da nuovi approcci interpretativi sociologici e culturali.
Con queste pagine si capisce molto della disaffezione alla politica, della fuga dalle urne, del nascondersi dietro all’immagine del forte di turno. Ma si avverte anche come sia indispensabile e urgente rivitalizzare la democrazia modello originale, fatto di conquiste e di regole, di sostanza e di diritti pieni.