La vita normale di Yasmina Reza, appena edito da Adelphi, raccoglie una serie di racconti, anzi di sketches, divisi tra frammenti di esistenze criminali osservate “dal vero” in diversi processi, e avvenimenti privati, momenti quotidiani, trascorsi tra amici e parenti, colleghi e sconosciuti intravisti per strada o su una spiaggia… Sono Récits de certains faits come dice un po’ vagamente, con una punta di indeterminatezza, il titolo francese del libro (Flammarion 2024), elegantemente tradotto da Davide Tortorella.
Ho letto che un recensore di Le Figaro si è subito chiesto a apertura di Récits de certains faits: “ma è cinema italiano?”, mentre io mi stavo invece immediatamente domandando, fin dal primo quadretto seppur locato a Venezia: “ma è cinema francese?”, intendendo quello un po’ snob delle commedie intelligenti e argute che pretendono (fanno finta) di parlare alla e della gente comune, e poi dicono assai di più… E se invece Récits de certains faits fosse un disegno? Qui sono più d’accordo con Le Figaro: “uno schizzo, un segno, metà Sempé, metà Tardi”. Molto Tardi.
Yasmina Reza, classe 1959 – dico maleducatamente l’età ma c’è una ragione – non teme di accostare tanti materiali eterogenei perché si fida del suo sguardo e della sua mano, apparentemente lieve.
Reza conosce bene, dopo tanti anni di applausi, le virtù e i virtuosismi che può concederle il suo mestiere di scrittrice e quello (mai accantonato) di drammaturga. In Récits de certains faits c’è unità di tono: Reza appare tanto spietata quanto più è semplicemente lucida e poi in fondo pietosa, assai lontana dai suoi noti giochi al massacro; ed è sempre letterariamente omogenea, perché si appoggia a un tema forte, sia che racconti innocenti assassini – cioè poveri assassini che si mostrano, loro, scopertamente innocenti e cioè incredibilmente vulnerabili davanti al “normale” abisso del delitto – sia che s’imbatta in anziani coniugi, parenti indementiti, nipotine insonni cui legge Caroline, attori malinconici o loro misteriosi sosia, editori orribilmente annoiati (Calasso!), ex presidenti molto distratti e ansiosi (Sarkozy!) oppure sodali che discettano al telefono su quale sia la morte preferibile – meglio andarsene in mezzo a una folla famigliare come i contadini d’antan o soli come topi (l’opzione Reza)?
Infatti. Il protagonista di queste pagine, il collante letterario e esistenziale di Récits de certains faits, di questi “certi fatti” – ovvero l’assassino davvero colpevole – è il tempo.
Ho sottolineato le righe che riguardano il tempo e il mio eBook si è tutto colorato di frasi che possono pure diventare aforismi – aforismi che non se la tirano – sul trascorrere inscalfibile degli anni… Le vittime dell’assassino-tempo siamo noi, cui restano nonostante tutto, come indica Reza, le opzioni della dignità e della leggerezza, se non dell’ironia.
Noto che a pag. 114, riassumendo il processo di un’infermiera che ha iniettato insulina alle figlie appare una frase che, forse perché riecheggia il titolo italiano del libro, viene la tentazione di tener buona per l’intera umanità, non solo per quella lì descritta. “Una vita normale, un po’ di merda, dove il tempo passa a fatica”. Giusto per quanto riguarda la prima parte, ma l’impressione è che il tempo voli o sia già volato via.
Appunto. Per caso, avevo appena letto un vecchio romanzo di Reza (quasi un récit), Une désolation (Flammarion 1999, Bompiani 2001): contiene la lunga e articolata confessione di un maschio settantenne che non si arrende alla banalità della vecchiaia e della vita – banalmente, la vita è invecchiare… Cercatelo se Récits de certains faits vi ha fatto compagnia – se vi ha divertito, depresso oppure (può fare le tre cose assieme) dato conforto.
(Credit: Yasmina Reza at XIII Prix Diálogo – Ceremonia de entrega” by power axle is licensed under CC BY 2.0.)