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Allonsanfàn
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Rock&poetry. 25 anni da Monster: ma qual è la frequenza, signor Stipe?

Un poeta sa estrarre le parole dal caos, dal brusio di fondo delle nostre vite, dal casino e dal cicaleccio, dalle urla e dalle chiacchiere nelle scuole e negli uffici, dalle frasi mormorate tra sé e sé dagli psicotici, scartati in fabbrica e in caserma, e ora balbettanti in metro e sui marciapiedi…

Nella raffica di sillabe che compongono il nostro dialogo o discorso quotidiano, il poeta sceglie delle parole, magari prive del minimo sindacale di senso, senza un flash di significato, ed è persino meglio, forse, se fanno rumore soltanto…

Ma a queste parole dobbiamo, in fretta, quasi subito, render conto, rispondere: per inspiegabili ragioni, ci sentiamo chiamati in causa, e un po’ ne siamo consapevoli e fieri, un po’ avvertiamo la nostra ottusità come fossimo all’appello di scuola, al telefono dopo un giorno in cui non abbiamo parlato con nessuno.

What’s the frequency, Kenneth?

Qual è la frequenza, Kenneth? Così canta Michael Stipe, di Athens, Georgia, frontman dei R.E.M.: ruba all’insensatezza del mondo questo incomprensibile quesito e lo restituisce a noi. È l’incipit della prima canzone di Monster, l’album di 25 anni fa ora riedito con un tesoro in bonus. La domanda sfrigola come una scossa elettrica incontrando il riff della chitarra di Peter Buck. È stata rubata dal poeta a un pazzo…

La storia di William Tager Nel 1986, a New York, il celebre giornalista tv Dan Rather viene aggredito per strada, a Park Avenue, da un uomo, che tra le botte gli chiede: “Kenneth, qual è la frequenza?”. L’uomo verrà identificato, ma prima, nel 1994, uccide un tecnico della NBC, che lo ha trovato armato mentre cerca di entrare al Today Show. Si chiama William Tager, nel 1996 è condannato a 25 anni di carcere. Avrebbe attaccato Rather perché convinto che i media lo stessero controllando attraverso l’invio di segnali dentro la sua testa. Tager crede che se riesce a scoprire la giusta frequenza di quei segnali, può farli smettere.

What’s the frequency, Kenneth? Is your Benzedrine, uh-huh/ I was brain-dead, locked out,/ numb, not up to speed. Ha spiegato Stipe: “Il mio metodo consiste nel ripetere all’infinito, come fanno i bambini, alcune frasi molto sonore, carpite alle persone, o nel riprendere motivi dell’inconscio collettivo”.

What’s the frequency, Kenneth? Tu capisci all’improvviso che quella è la sola domanda che conta nell’universo, quella a cui non sa rispondere nessuno, né tu né gli altri, forse nemmeno Michael Stipe. Siamo un po’ tutti dei William Tager.

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