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Allonsanfàn
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Serie A con Garbo. Tante urla nel silenzio e ci sono già vincitori e vinti

È calcio vero? Certo che sì. Però è un calcio diverso, asettico, imprevedibile. Senza pubblico mancano la passione, il pathos, l’entusiasmo. Le urla nel silenzio squarciano il deserto, abbiamo scoperto che i giocatori parlano in continuazione, degli allenatori già sapevamo. Ma se qualcuno avesse avuto dei dubbi, lo spettacolo di Atalanta-Lazio dimostra che è calcio vero, vivaddio.

Si gioca ogni tre giorni in una stagione in cui i giocatori di solito erano al mare, in orari inconsueti, con temperature e umidità elevate. Le incognite della lunga sosta sono state confermate. Al di là del ritardo di condizione, la difficoltà maggiore sta nel ritrovare il ritmo partita e le giuste misure. Si spiegano anche così i numerosi e talvolta inspiegabili errori difensivi.

Risulteranno decisivi gli infortuni, che hanno già cominciato a fioccare copiosi, e i cambi. Cinque giocatori di movimento sostituibili a gara in corso significano mezza squadra. Chi ha una panchina lunga e qualitativa è sicuramente avvantaggiato. Nella notte di Bergamo la Lazio ha sperimentato sulla propria pelle tutto in una volta: la desuetudine alla gara, il ritardo di condizione, gli infortuni prima e durante la partita, i cambi non all’altezza. La lotta per lo scudetto passerà inevitabilmente da queste situazioni. E del resto non era difficile prevederlo.

Di qui al 2 agosto, giorno in cui si chiuderà, salvo sorprese, il campionato, non sarà più possibile allenarsi, ma solo mantenere la condizione. Conteranno la testa, le motivazioni e tutti i particolari di cui abbiamo appena parlato.

Ecco perché, al di là dei quattro punti di vantaggio e dei problemi che comunque ha, la Juventus torna ad essere la grande favorita.

Questo non significa che la strada per lo scudetto sia lastricata di rose e fiori e che d’improvviso Sarri, finito sotto processo dopo la sconfitta in finale di Coppa Italia col Napoli, sia diventato l’allenatore ideale per i bianconeri. Abbiamo la sensazione che Sarri e la Juventus siano due rette parallele che, per definizione, si incontrano soltanto all’infinito. Cioè mai. Troppo diversi per essere compatibili. Il bel gioco visto nel Napoli sarriano non si vedrà mai a Torino, questo è ormai evidente. Per questo stupisce che Andrea Agnelli abbia fatto fuori Allegri per ingaggiare Sarri con l’obiettivo di far diventare la Juventus, già vincente, anche bella.

Talvolta il tecnico toscano commette errori di comunicazione inspiegabili: l’ultimo qualche giorno fa, quando, dopo l’ottima prestazione di Bernardeschi contro il Bologna, ha detto che il giocatore è sottovalutato. Peccato che il primo a sottovalutarlo sia lui, facendolo accomodare spesso in panchina o schierandolo fuori ruolo. Bernardeschi sarebbe forse titolare in tutte le squadre di serie A, ma agendo come attaccante esterno o trequartista. Costringerlo a fare la mezz’ala significa esporlo a brutte figure.

Sarri ha trovato una squadra che non aveva costruito lui, con giocatori che non aveva voluto lui e poco funzionali al suo modo di intendere il calcio. Cristiano Ronaldo è un fuoriclasse sul viale del tramonto, ma col calcio di Sarri c’entra come i cavoli a merenda. E poi la società, cioè il Direttore Sportivo Paratici e il vice presidente Nedved su tutti, dovrebbe spiegare per quale misteriosa ragione la Juve sia rimasta con un solo centravanti di ruolo (il malconcio e rotondetto Higuain) e abbia lasciato andar via Mandzukic come fosse un ferrovecchio. Sono errori clamorosi, probabilmente senza conseguenze grazie alla pandemia: lo stop ha azzerato i vantaggi che avrebbe avuto la Lazio (senza coppe europee e con una settimana intera per preparare la partita) se la stagione fosse arrivata regolarmente alla conclusione.

L’Inter ha buttato contro il Sassuolo quasi tutte le possibilità di rientrare nel giro scudetto. Non c’era bisogno di un allenatore come Antonio Conte, che percepisce un ingaggio di 11 milioni netti all’anno fino al 2022 e ha ottenuto una campagna acquisti da 176 milioni, per essere scaraventati fuori dalla fase a gironi di Champions League, essere eliminati in semifinale di Coppa Italia e arrivare terzi (o quarti) in campionato. Per quello bastava e avanzava Spalletti, che costava molto meno.

San Siro, vuoto e senza speranza scudetto

Ora l’Inter è condannata a vincere l’Europa League, altrimenti si potrà parlare di un autentico fallimento. Questo non significa che Conte debba esssere esonerato: in fondo nessuno gli ha chiesto lo scudetto al primo tentativo (come peraltro gli era riuscito alla Juventus e al Chelsea) perché una grande squadra non si costruisce in un mese e neppure in un anno. Serve pazienza, ma bisogna anche che il tecnico pugliese si assuma le proprie responsabilità, evitando di scaricarle addosso ai giocatori, e faccia tesoro dei propri errori.

Eriksen è stato un pezzo pregiato del mercato di gennaio, ma è stato a lungo ai margini del progetto perché Conte lo impiegava fuori ruolo. Nelle ultime due partite lo ha finalmente schierato trequartista, rinnegando per una volta il suo modulo preferito, il 3-5-2, e le cose sono migliorate. Questa duttilità del tecnico è un segno di intelligenza che potrà tornare molto utile in futuro.

L’Atalanta conferma di essere qualcosa di più di una splendida realtà. Gasperini ha un attacco atomico, il migliore del campionato, capace di realizzare 77 reti, ben 25 più della prima in classifica. Contro la Lazio i nerazzurri hanno rischiato di incassare quattro gol nella prima mezz’ora, poi sono usciti alla distanza azzannando l’avversario, sbattendolo violentemente contro il muro per poi farlo crollare esausto al tappeto. Quest’Atalanta può essere l’autentica mina vagante della Final Eight di Champions League a Lisbona: saranno tutte partite secche e potrà succedere di tutto. Ma intanto può addirittura dare l’assalto al terzo posto dell’Inter.

La Roma resta in scia, ma a sei punti di distanza dall’Atalanta, per un posto in Champions League. Contro la Sampdoria la tiene a galla uno splendido Dzeko, autore di due gioielli. La via più semplice per sedersi al tavolo buono del calcio continentale è probabilmente la conquista dell’Europa League, che regala la qualificazione alla Champions. Ma non sappiamo se questa Roma abbia le carte in regola per riuscirci.

Il Napoli di Gattuso non ha particolari traguardi in campionato, visto che con la conquista della Coppa Italia si è già assicurato un posto in Europa League. Il suo obiettivo è tentare il miracolo di eliminare il Barcellona nel ritorno a porte chiuse degli ottavi di finale di Champions League. Dovesse riuscirci, la sua stagione potrebbe assumere contorni addirittura trionfali.

Nella foto in alto: l’Atalanta che esulta

 

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