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Milano Calibro 9: a Villa Borghese, cine-inchino ai noir del grande Fernando Di Leo

Caleidoscopio, rassegna gratuita al Teatro all’aperto Ettore Scola della Casa del Cinema di Roma, fino al 14 settembre porta il cinema a Villa Borghese: nel palinsesto, grande spazio a Fernando Di Leo. Il prototipo del noir all’italiana, Milano Calibro 9, è proiettato il 15 luglio alle ore 21.30, insieme all’anteprima del trailer di Calibro 9, remake di Toni D’Angelo.

Pochi cinefili d’antan, nei lontani anni Settanta – e per cinefilo intendendo quei nerds di carnagione lattiginosa muniti di giacche di velluto usate che fumacchiavano a catena nelle cineteche d’Italia -, avrebbero pensato di dover fare seri conti prima o poi con Ugo Piazza. Ossia Gastone Moschin, detenuto a fine pena, con grisbi nascosto da qualche parte, e da recuperare con destrezza, centro morale e amorale, lui l’Ugo, di un intrigo malavitoso nel film Milano Calibro 9 (1972) di Fernando Di Leo. Era infatti un poliziesco o poliziottesco, come si diceva allora, di calibro serie B. E invero bellissimo.

Chiunque lo ha visto non ha dimenticato su Ugo Piazza – scusate lo spoiler, ma è storia – la teatrale tirata finale di un sudatissimo e allucinato Mario Adorf:

Tu, uno come Ugo Piazza non lo uccidi a tradimento!
Tu, uno come Ugo Piazza non lo devi neanche toccare!
Tu, uno come Ugo Piazza non lo devi neanche sfiorare!
Tu, quando vedi uno come Ugo Piazza il cappello ti devi levare! Il cappello ti devi levare! Il cappello ti devi levare! Il cappello ti devi levare! Il cappello ti devi levare! Il cappello…

Sappiamo tutti che cosa è successo poi. Al cinema. Il filone pre-noir e un po’ fascistiode del “la polizia è impotente, la mala ringrazia” – di cui Milano Calibro 9 è un gemello diverso, uno spin off d’autore, e neanche di destra, pur se tratto da alcune novelle del destrorso Giorgio Scerbanenco – ha infiammato una generazione di registi americani, Quentin Tarantino e i suoi fratelli post modern, legati a un cinema di popolo e anche di popolino. Così noi ci siamo ritrovati a rivalutare, con su la stessa giacca di velluto usata, tutto l’alto artigianato italiano e, per paura di sbagliare, a incensare i simil Dario Argento, i post Decameroni, i film scollacciati della Fenech e quasi quasi i Pierini, pure quelli con Ariani. Colpa anche di Cult!

Prova provata dell’imbarcata tarantiniana per il nostro Milano Calibro 9 anni Settanta, “il miglior poliziesco italiano”, la ripresa della celebre scena della go-go dancing di Barbara Bouchet – lei era un autentico feticcio erotico dell’epoca – in Grindhouse di Tarantino/Rodriguez, segmento Rodriguez, attrice Rose McGowan. Per non dire dell’omaggio a Il boss di Di Leo ne Le Iene.

Barbara Bouchet: go-go dancing

Tra parentesi e per paradosso: noi nerds ai tempi stravedevamo per Sam Peckinpah e Don Siegel (pur se un po’ fascisti) e deliravamo per Bob Altman e per tutto il cinema civile che – insegnava Franco La Polla – veniva dagli States. Proprio così. Di Leo non era propheta in patria.

Di Leo era un uomo colto applicato al cinema commerciale, dapprima scrittore di cabaret con Luigi Malerba ed Ercole Patti, poi poeta (Le intenzioni, Rebellato/Sabinae) mentre aggiustava sulla Lettera 22 sceneggiature westernuncredited in Per un pugno di dollari e Per qualche dollaro in più), quindi regista di provata sensibilità sociale, e capacità di racconto, un Jean-Pierre Melville all’italiana, la cui trilogia del MilieuMilano Calibro 9 ne è la prima pala – traccia un quadro agitato di malavita nazionale e internazionale fuori dai cliché.

Ha scritto, esagerando ma solo un poco, Simone Coacci su OndaCinema: “Di Leo incarnava quasi ereticamente quel ruolo di intellettuale organico di gramsciana memoria, attento e coerente nell’analisi dei fermenti politici e sociali della sua epoca…”, ma assai pronto a abbracciare quanto raccoglieva il gradimento del gusto popolare.

Di Leo, pugliese, è morto a Roma nel dicembre 2003 all’età di 71 anni, piuttosto dimenticato. Per conoscerlo, chi può recuperi Down by Di Leo. Viaggio d’amore alla scoperta di Fernando Di Leo di Deborah M. Farina (2015). Lì c’è quasi tutto.

Nel remake aggiornato di Toni D’Angelo (39 anni, figlio di Nino), di prossima uscita, ha un cameo Barbara Bouchet, accanto a Marco Bocci, Michele Placido e Alessio Boni. La scena si apre su Fernando, figlio di Ugo Piazza, onesto penalista cresciuto da mamma Nelly con l’intento di farne un uomo diverso dal babbo. Ma la sparizione di 100 milioni di euro in un truffa telematica tirerà addosso al rampollo, quasi per eredità paterna, le attenzioni della ’ndrangheta…

L’omaggio romano a Di Leo Il boss (1973), 22 luglio ore 21.30; La mala ordina (1972), 12 agosto ore 21.00; I padroni della città (1976), 19 agosto ore 21.00; Il poliziotto è marcio (1974), 26 agosto ore 21.00; Gli amici di Nick Hezard (1976) e Colpo in canna (1975) il 2 settembre alle ore 19:00 e alle ore 21:00. Tutti i titoli fanno parte della library-filmoteca di Minerva Pictures

Giorgio Scerbanenco

IL LIBRO Milano Calibro 9 mutua l’idea del pacco bomba da Stazione centrale ammazzare subito (appena ri-uscito per La Nave di Teseo). Ugo Piazza, invece, ha il suo identikit nei racconti Vietato essere felici e La vendetta è il miglior perdono. Tutti compresi nei 22 testi di Milano Calibro 9 di Giorgio Scerbanenco (Garzanti).

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