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Mostre a Roma. C’era una volta il crimine in tv: viaggio nel giallo e nero della Rai

Apre domani la mostra Sulle tracce del crimine. Viaggio nel giallo e nero Rai, al Museo di Roma in Trastevere, si può visitarla dal 7 ottobre 2020 al 6 gennaio 2021. Nella foto, Rossano Brazzi e Glauco Mauri in Coralba.

Anche la televisione crea un’atmosfera. Negli anni Sessanta più di adesso. C’era un rapporto fisico, amichevole, con il televisore, che già da allora aveva preso il posto del caminetto. In genere, per dargli importanza lo si sistemava su un mobile possibilmente in stile, in salotto o nel tinello, oppure lo si celava all’interno di un apposito cabinet, schermato dalle antine. Ogni tanto si bloccava, e allora si dovevano dare un paio di colpi ben assestati, come quando si batte sulla schiena di chi ha inghiottito qualcosa che è andato per traverso.

Il televisore dava calore, creava un’idea di comunità, quasi di famiglia, aveva un effetto terapeutico. Non è che oggi non si riesca a ripetere quell’effetto, ma una volta era più forte, più marcato. Anche perché c’erano dei programmi perfetti per creare quel tipo di atmosfera. Quelli più adatti erano gli sceneggiati, che venivano trasmessi la domenica sera. Per esempio la Cittadella, con gli zoom repentini sui volti di chi amava e di chi soffriva e le astute dissolvenze sul caminetto acceso che velavano il volto del dottor Manson e rafforzavano l’idea di focolare catodico. Tra gli sceneggiati, o teleromanzi, che dir si voglia, erano molto seguiti i gialli. A volte si trattava di originali televisivi, che non erano derivati da opere preesistenti ma, come dice il nome, erano scritti appositamente per la tv.

Parlare di quei gialli televisivi, non di fiction, che è un’altra cosa, con altri tempi e un altro tipo di narrazione e di recitazione, fa subito venire in mente gli anni Sessanta e Settanta. Quel genere di programmi è la quintessenza del vintage, del periodo d’oro della televisione, un momento irripetibile che ha lasciato ricordi indelebili in chi ha passato la soglia dei cinquanta. A quel tempo non esisteva il binge watching, e non venivano neanche trasmesse due puntate alla volta: si guardava in religioso silenzio la puntata, e poi si aspettava una settimana per conoscere il seguito della vicenda, che finiva sempre sul più bello, e tuttalpiù si sperava di trovare qualche anticipazione sul Radiocorriere TV.

Carla Gravina ne Il segno del Ccomando

Nel giro di vent’anni sui canali della Rai sono passati tanti programmi da antologia, che col passare del tempo hanno acquisito sempre più un carattere di culto, come Il segno del comando, il rivoluzionario giallo venato di paranormale che per certi aspetti ha anticipato le atmosfere surreali di Twin Peaks. Porta la firma di Daniele D’Anza, che lo diresse in stato di grazia, confidando ai sempiterni archivi televisivi l’iconico Ugo Pagliai dal volto spiritato alla perenne ricerca della misteriosa Lucia, un’indimenticabile Carla Gravina persa nello spazio e nel tempo di una Roma eterea e sfuggente. In quel periodo c’erano veramente tanti gialli memorabili, era una specie di campionato in cui giocavano tanti fuoriclasse, che si chiamavano Majano, Cottafavi, D’Anza, Leto, Landi, Ferrero.

Uno straordinario maestro della scrittura, che spesso ha lavorato con D’Anza, è Biagio Proietti, che conosce tutti i meccanismi e le astuzie del giallo televisivo e costruisce i suoi meccanismi narrativi come un abile conoscitore dell’arte orologiera, che si diverte ad arricchire di complicazioni da virtuoso i suoi segnatempo. A lui si deve un altro grande classico, come Ho incontrato un’ombra, che oltre a Giancarlo Zanetti e a Beba Loncar in perfetta sintonia, regala momenti di gioia televisiva con le interpretazioni di Corrado Gaipa qui affetto dalla maledizione dell’orchidea e di Mico Cundari in versione cospiratore.

Proietti, che ha sceneggiato anche gli episodi dell’inappuntabile Philo Vance di Albertazzi, è noto al grande pubblico per Dov’è Anna?, un successo nazionale da 28 milioni di spettatori a puntata. Ma parlando di lui non si può dimenticare il meccanismo perfetto de L’ultimo aereo per Venezia, con un Nando Gazzolo da antologia, e la carica innovativa di Coralba, un altro grande successo televisivo, con Rossano Brazzi come superstar.

Paolo Stoppa con Mauri ne Il giudice e il suo boia

Daniele D’Anza e Biagio Proietti sono due numi tutelari del grande giallo televisivo, che ha dato il meglio anche con Anton Giulio Majano, autore di due stagioni di qui Squadra mobile, con Giancarlo Sbragia e Luigi Vannucchi come commissari, e di un giallo in costume come Castigo, con Eleonora Giorgi e Laura Belli. Castigo, in particolare, è uno sceneggiato da riscoprire, con la sua atmosfera decadente un po’ viscontiana e il continuo confronto tra le due donne, in un contesto di soprannaturale, come andava di moda allora. Che dire poi dei Dürrenmatt con Paolo Stoppa, del Giudice e il suo boia e Il sospetto? Imperdibili.

Quei gialli, come molti altri, evocano un’epoca, sprigionano ricordi vintage, rimandano a un tempo ormai lontano che riaffiora con una certa nostalgia. Un’atmosfera che in questi mesi si può ritrovare a Roma, nella mostra Sulle tracce del crimine, al Museo di Roma in Trastevere. Nata da un’idea di Stefano Nespolesi e curata da Maria Pia Ammirati e Peppino Ortoleva, è una rassegna di Rai Teche che procede su due direzioni, quella cronologica e quella tematica.

È un viaggio a ritroso nel tempo per ritrovare tanti personaggi familiari, ancor prima d’essere iconici, dal Maigret di Gino Cervi al Nero Wolfe di Tino Buazzelli, fino al commissario de Vincenzi di Paolo Stoppa. E naturalmente non ci si ferma agli anni ’70, si va avanti fino a oggi, in un racconto che segue tutto lo sviluppo e l’evoluzione di un genere. Nella mostra si rivedono sequenze chiave, si ammirano oggetti presenti in quei programmi, si studiano documenti rari e fotografie inedite: tutti tasselli imprescindibili per comporre quel puzzle della cultura tv. Volti, frasi, gesti e brillanti intuizioni definiscono un tessuto di memorie più o meno lontane e danno vita a un mondo ricchissimo di sfaccettature che nel tempo ha saputo sempre rinnovarsi e reinventarsi nel segno della qualità.

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