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Allonsanfàn
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Confidenza di Luchetti. Un segreto inconfessabile tra uomini e donne

Un corvo sopra a marito e moglie. Nel frigorifero della donna-strega, un piattino con mesti limoni marci. Una copiosa epistassi del protagonista, proprio il giorno del suo matrimonio. Quanti simboli in Confidenza, l’ultimo film di Daniele Luchetti, tratto dall’omonimo romanzo di Domenico Starnone! Quasi il regista e lo sceneggiatore Francesco Piccolo avessero ripassato un certo Luis Buñuel, facendosi prendere un po’ troppo la mano, ché aggiungi aggiungi, a un certo punto quell’oscuro e temuto oggetto del desiderio, la donna, diventa davvero solo inquietudine e paura, ma tutti quanti, uomini e donne, si incartano in eccessive schermaglie verbali.

La confidenza è il segreto inconfessabile che una coppia ormai al the end decide di rivelarsi. Il giochetto perverso è proposto da lei, con l’intento di unirli in qualche modo per sempre. La donna ci riesce, visto che il mistero di lui è talmente pesante da potergli rovinare la vita, nel caso venga rivelato. È fatta: il né con te né senza di te, lo sapeva bene Truffaut, ferisce a morte, ça va sans dire. Se poi ci aggiungiamo un’eterna possibilità di ricatto, l’uomo è inscatolato a vita nella sua atavica vigliaccheria.

Ma facciamo un passo indietro: una bella e affermata giornalista (Pilar Fogliati), bimbe piccole, borghesia che trasuda da ogni fibra del tailleur pantalone e della borsa porta-computer, briga in Parlamento affinché al padre, anziano professore di lettere in pensione, venga attribuito un premio alla carriera che ogni anno viene consegnato dal Presidente della Repubblica in persona. Le quotazioni di Pietro Vella (Elio Germano), che in realtà ha solo lavoricchiato per il Ministero dell’Istruzione e scritto qualche saggio sulla “didattica affettiva”, salgono di molto quando la figlia promette, in caso di premio, la presenza della matematica Teresa Quadraro (Federica Rosellini) sua ex studentessa geniale, nome noto internazionale.

Il punto è che la donna, ai tempi del liceo, ha avuto una tormentata relazione proprio con il suo prof. Vissuta carnalmente appena dopo l’esame di maturità, ma da parte di lei, nata già sui banchi di scuola, quando lo guardava adorante e studiava soprattutto per amor suo. Lui, giovane insegnante tutto ironia e sentimento, è uno di quei prof che gli studenti vanno a trovare a casa appena finita la scuola, perché si sentono amati, come amata si sente Teresa, la più brava della classe, quando Vella la convince a finire l’università anziché vivacchiare come cameriera.

La storia di coppia, in principio romantica, sensualmente “giusta”, cozza ben presto contro l’inconciliabilità di due caratteri opposti: Teresa, maschile, determinata, vorrebbe la chiarezza inconfutabile dei numeri; Pietro, debole, vago, ha tendenze seduttive cui non sa e non vuole rinunciare. Avviene dunque la fatidica confidenza, che sancisce al tempo stesso la fine della love story e la sua eternità.

Sapremo mai quale sia il segreto che Pietro e Teresa si sono confidati? E perché, soprattutto, quello di lei non sia di pari peso? Non è questo che conta. Sia Starnone che Luchetti (ma molto Piccolo!) vogliono parlarci d’altro, e ci riescono. Di come l’uomo di oggi sia letteralmente terrorizzato dal femminile-caos, tanto che per Vella persino uno sguardo della figlia piccola sembra rappresentare una potenziale minaccia e il professore è sempre più avviluppato in gesti cauti, occhi in allarme, sentimenti in antitesi.

Luchetti filma invece Teresa ferma, monolitica e forte, forse è lei a sedurre per prima Pietro, nonostante la vulgata voglia il professore in posizione dominante, a prescindere. Perché i fatti nudi e crudi potrebbero anche solo parlarci di un prof affezionato all’unica alunna che sembra avere un QI degno di nota. Forse proprio quello che vorrebbe avere lui, e che le invidia? Teresa respingente (il volto da sfinge della Rosellini è perfetto), che guarda caso, nell’interrogazione cui assistiamo, racconta al suo prof della poena cullei, la pena del sacco, inflitta nell’antica Roma a chi commetteva parricidio. Teresa orfana, e anche Pietro rimasto precocemente senza i genitori. Qualcosa li unisce, lui non sa, non riesce mai a liberarsene, anche quando la paura vince decisamente sull’amore.

Il thriller psicologico funziona, con un crescendo di angoscia esistenziale nello sguardo impaurito di Vella, e il dibattito è garantito. Germano è come sempre mirabilmente capace, per sottrazione, di rappresentare tutto quello che vuole, anche l’uomo medio di oggi, nulla di davvero malvagio, ma neppure di notevole. Unico neo, una simbologia insistita fino all’eccesso, l’alternarsi di sogno e realtà non sempre governato con il freno tirato quando serve, ma ci si pensa e ripensa comunque, e quindi ha ragione lui.

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