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Allonsanfàn
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La spaventosa Civil War del cinico Alex Garland

È tempo di guerra ovunque, anche al cinema. Gli Stati Uniti si spaccano in due o in tre in Civil War, il formidabile blockbuster intellettuale di Mr. Alex Garland – scusate l’enfasi e l’ossimoro, ma va notato che il termine blockbuster nacque dal gergo guerresco per indicare negli anni Quaranta ingenti bombardamenti.

Comunque. Il regista scrittore inglese narra il viaggio di quattro inviati che attraversano un Paese dilaniato e intanto mostra il terrificante conflitto al mezzo, senza dirci il prima e neanche il dopo. Ottimo taglio, se Garland voleva inquietarci, gli facciamo i complimenti. Ma, per essre chiari da subito, queste sono le fazioni in lotta: Texas e California cioè le Western Forces, si scontrano con la Washington della Florida Alliance, mentre sono neutrali molti stati in una grigia ignavia da cittadini conigli che si fanno i fatti loro.

Il presidente in carica, assediato nella White House – e non vi dico che prevedibile tempesta di fuoco potrebbe coinvolgere quasi pour cause Capitol Hill – nelle prime sequenze prova il discorso alla Nazione (quale Nazione, poi?) e con il suo ciuffo da gallo impomatato ammicca al reale fantasma di The Donald, senza che però Garland si produca in niente di più che una strizzata d’occhio, molto funzionale si suoi scopi narrativi, sofisticati ma di presa immediata – Garland coniuga volutamente indeterminatezza o insignificanza ideale con una molto realistica e anzi iperrealistica violenza. Pensateci un attimo: forse che Texas e California potrebbero mai allearsi nella realtà? Ma va! Garland è witty, scherza abbastanza cinicamente nella orribile bufera che ha scatenato sul grande schermo.

Infatti. Come quei partiti che sono di governo e insieme d’opposizione, il regista scrittore (figlio tra l’altro di un famoso cartoonist politico) è sia un rodato cineasta di genere – Civil War richiama nella struttura on the road o nei suoi macabri risvolti gli scripts per 28 Days Later o per Dredd – sia un riconoscibile autore, un abile narratore che mescola più ancora nei suoi romanzi che nei film Graham Greene e William Golding con Michael Crichton, ma è capace di rifare il verso pure a Kafka (se lo trovate in libreria, leggete il suo cupo The Coma, edito da noi da 451 e illustrato dal padre). Intanto, noi apprendiamo che, secondo il critico (esagerato) di Air Mail, il venerabile Michael Sragow, Civil War richiamerebbe addirittura un datato capolavoro di Ingmar Bergman, La vergogna (1968).

Onestamente non sappiamo dire se ha ragione, perché il POV del film di Garland non è poi così esistenzialmente raffinato: la guerra civile non è vista e filtrata da occhi di intellò, ma attraverso quelli dei “soliti” giornalisti d’assalto – nominiamoli: sono la fotoreporter da Pulitzer Lee Smith (Kirsten Dunst), il collega Joel, il decano Sammy e l’aspirante fotografa Jessie, che prima scatta e poi vomita, ma poi scatta di nuovo (Cailee Spaeny, la Priscilla di Sofia Coppola) – riportandoci alla memoria tanti war movis e tanti inviati coraggiosi o ribaldi, sentimentali o anaffettivi, carrieristi o disinteressati, e facendo riecheggiare, ricordandoci Sotto tiro, lo straziante grido di Nick Notte in un Nicaragua in fiamme: “Periodista! Periodista!”.

Giocare insieme le due partite di cui sopra, come fa Alex Garland, non vuol dire vincerle entrambe, né di certo sbagliarle tutt’e due. Ma lo spettacolo che ha allestito è in ogni caso spaventosamente coinvolgente. Noi spettatori, seduti comodi comodi davanti a uno schermo panoramico dell’Anteo City Life di Milano, riceviamo un’efficacissima lezione di cinema da battaglia e da guerriglia snocciolata nelle diverse stazioni di una Via Crucis terrorizzante – una delle stazioni più esistenzialmente riuscite, quasi un piccolo saggio di teatro della crudeltà in versione splatter, è quella del cameo di Jesse Plemons (ex Breaking Bad), il soldato fuori di testa con le lenti rosse e il kalashnikov, che chiede ai nostri quattro antieroi: “What kind of American are you?”; eh già, ce lo domandiamo pure in platea: “che cavolo di americani siamo?”… E ogni volta, in ogni episodio, il film potrebbe fermarsi nel sangue, ma poi forse si scappa e si prosegue, loro e noi voyeur, o giocatori improvvisati di un videogame, e si riesce ad arrivare, ad arrivare finalmente. Ma dove, poi?

Civil War, scritto e diretto da Alex Garland, con Kirsten Dunst (fredda nell’incendio della guerra nella foto d’apertura), Wagner Moura, Cailee Spaeny (la Priscilla di Sofia Coppola), Stephen McKinley Henderson, Sonoya Mizuno e Nick Offerman (Mr. President)

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