Stanotte ho saputo che c’eri: una goccia di vita scappata dal nulla. Si può cominciare così, con le prime parole di Lettera a un bambino mai nato, a raccontare Oriana Fallaci. Tracciandone, insieme, un piccolo tragitto parallelo con la propria mamma.
Lo ha fatto Gioele Dix in un incontro recente dei Giovedix, viaggi letterari che si tengono al Teatro Franco Parenti di Milano, iniziati anni fa (tanti, perché ricordo che per seguirli scappavo dalla redazione della Mondadori a Segrate arrivando un minuto prima dell’inizio). L’edizione 2024-25 dei Giovedix è declinata al femminile: sette incontri su sette autrici nate nel secolo scorso, ciascuna rappresentativa degli anni travagliati da cui tutti noi proveniamo.

«Oriana Fallaci è nata nel 1929, un anno dopo la mia mamma che l’amava molto e me l’ha fatta amare. Penso spesso a mia mamma quando penso a Oriana Fallaci, perché avevano tante cose in comune».
Toscane entrambe, «con quella intelligenza viva dei toscani intelligenti. Polemiche, donne che non si facevano piegare. Anche se con esistenze molto diverse. Io mi sono cibato dello “spirito contro” di mia madre e le devo molto, soprattutto il grande amore per la letteratura. Ma c’è un altro motivo, più profondo e anche più legato a questo libro. Mia mamma ha tentato moltissime volte di fare figli e non ci è riuscita. Quando sono nato io tutti hanno gridato al miracolo». Di altri miracoli non ce ne sono stati. «Ricordo molto bene quando mio padre mi prese sulle ginocchia, avevo 7 anni, e mi disse che sarebbe arrivato un fratellino. Ma una notte mia mamma fu portata di corsa all’ospedale e perse anche questo figlio».

Sono i ricordi di Gioele Dix nei minuti che hanno preceduto la lettura di ampi stralci di Lettera a un bambino mai nato.
Oriana Fallaci è una delle figure centrali e più controverse (soprattutto dopo i fatti dell’11 settembre, a causa delle sue prese di posizione contro l’Islam) del dibattito culturale italiano del secolo scorso. Ha incarnato, ed è stata per tantissime di noi, un modello femminile moderno e indipendente, nuovo per l’Italia di quegli anni. Nata nel 1929, staffetta partigiana con il nome di Emilia, giornalista di livello internazionale e autrice appassionata, ha seguito da inviata la guerra del Vietnam e quella del Golfo, è stata ferita negli scontri di piazza a Città del Messico e ha intervistato personalità mondiali. Tra loro (e sono solo alcuni) Yasser Arafat, Henry Kissinger, Indira Gandhi, Golda Meir, Gheddafi, l’ayatollah Khomeini. «Me la ricordo quella intervista» ha raccontato Gioele Dix. «Khomeini aveva fatto la rivoluzione in Iran e aveva fatto innamorare tutti gli occidentali. La Fallaci, invece, fu capace di capire, molto prima di tanti altri, i rischi di quel tipo di fondamentalismo. Ricordo anche che, avendo dovuto lei mettersi il velo durante l’intervista, quando Khomeini a un certo punto le disse che lei quel velo non meritava di portarlo, se lo strappò dicendo: mi tolgo questo straccio medioevale».

Una donna amata ma anche osteggiata. «Ha diviso perché aveva delle idee molto forti ed era una non allineata. Hanno cercato di impadronirsi di lei in tanti, in particolare la destra, ma si è sempre smarcata grazie al suo spirito di indipendenza».
Lettera a un bambino mai nato «è un libro fondamentale se si vuole conoscere i grandi titoli della letteratura italiana contemporanea» ha detto Dix. «Indimenticabile. Ogni volta che trovo sulla mia strada un libro importante, il mio primo desiderio è rileggerlo, il secondo è condividerlo con le persone a cui tengo. Io l’ho letto e riletto. E stasera ne parlo con voi».
Scrivendolo, Oriana Fallaci «è piombata come una bomba» dentro il grande dibattito che all’epoca c’era in Italia sull’aborto e sulla legge che sarebbe poi stata approvata il 22 maggio 1978. «Era il 1975 quando il direttore dell’Europeo Tommaso Giglio le commissionò un’inchiesta sull’aborto, dandole carta bianca. Dopo quattro mesi lei si presentò con un libro. Tra Giglio e la Fallaci scoppiò una lite e si parlarono per molto tempo. Dopodiché però il libro venne pubblicato da Rizzoli ed ebbe un successo planetario».
Lettera a un bambino mai nato ha tracce di qualcosa di personale della scrittrice. «Oriana Fallaci è una che ci metteva sempre del suo. Del suo spirito, delle sue idee, del suo modo di guardare il mondo e anche delle sue esperienze. Compresa quella dolorosa di tentare di avere un bambino senza riuscirci».
Il libro finisce con questa frase: La vita non ha bisogno né di te né di me. Tu sei morto. Forse muoio anch’io.
Un forse che poi Oriana Fallaci ha corretto. Gioele Dix ha fatto ascoltare la voce della stessa Fallaci, in uno dei primi audiolibri, là dove pronuncia la frase conclusiva del suo lavoro: La vita non ha bisogno né di te né di me. Tu sei morto. Ora muoio anch’io. Ma non conta. Perché la vita non muore.
- credit foto in apertura: “File:Vanavond heeft de wereldberoemde journaliste Oriana Fallaci in Atheneum Boekhand, Bestanddeelnr 931-2007.jpg” by Rob Bogaerts / Anefo is marked with CC0 1.0.
- È in onda sulla Rai e su RaiPlay la mini serie Miss Fallaci, dedicata a Oriana Fallaci. Un consiglio: meglio, decisamente meglio, leggere e rileggere i suoi libri