Una giovane pianista di confermato talento e un attempato pianoforte carico di storia. La prima è Leonora Armellini, nata 32 anni fa a Padova in una famiglia di musicisti e già insignita di numerosi premi internazionali – in particolare per le sue esecuzioni di Chopin – autrice, poiché la musica ama farla ma anche divulgarla, del libro Mozart era un figo, Bach ancora di più, sottotitolo Come farsi sedurre dalla musica classica… (Salani editore, co-autore Matteo Rampin), che ha “sedotto” migliaia di lettori, giovani e non.

L’altro, il pianoforte, è il grancoda Steinway&Sons modello D numero di matricola 387500, sessantenne molto ben portante grazie a un lungo e amorevole lavoro di restauro (si dice che l’età media di vita di un pianoforte sia di ottant’anni ma che alcuni, ben tenuti, possano superare i cento).
Leonora Armellini e N387500, insieme per una sera, danno vita al concerto di venerdì 18 aprile (a ingresso gratuito) nel teatro Comunale Abbado di Ferrara: lo stesso teatro dove quel pianoforte – acquistato dal Comune di Ferrara nel 1964 – ebbe a sentire sui propri tasti, e mai più lo dimenticò, il tocco di Arturo Benedetti Michelangeli.
Il grancoda N387500 la ricorda ancora, “l’ansia da palcoscenico” di quel 14 novembre 1965 (dopotutto era il suo debutto…). Che serata, quella: tutta musica di Mozart che gli faceva vibrare ogni corda attraverso le mani del maestro… e c’era, ad accompagnarli, l’orchestra da camera Gasparo da Salò diretta da Ettore Gracis. Anche quella volta, ricorda, il concerto era stato organizzato ad hoc per presentare lui, il grancoda, la novità della Steinway&Sons (la quale casa produttrice avrebbe successivamente firmato il pianoforte bianco sul quale John Lennon compose Imagine, e creato, per celebrare i 600mila “pezzi” prodotti dall’azienda, il modello Fibonacci in tributo alla famosa sequenza matematica). E poi, ancora a Ferrara nel 1966, il concerto con Arthur Rubinstein, ricorda N387500…

Ma tornando al nostro 18 aprile. La serata si apre con un docufilm del regista Luca Damiani, 30 minuti sul restauro curato dal consorzio PianoTeam Italia: un lavoro realizzato con la competenza–passione–delicatezza–sensibilità che attengono, più che all’artigianato, all’opera d’arte, tanto che potrebbe riuscire ad affinare il nostro sguardo profano su quel complicato organismo sonoro chiamato pianoforte, derivato dalla visione del clavicembalista italiano Bartolomeo Cristofori (1655-1731) che ne inventò il precursore fortepiano.
Forse, dopo avere visto come è fatto “dentro”, finalmente lo guarderemo non solo come “un mobile dai denti bianchi e neri” (definizione di Alfred Brendel), ma oltre i suoi 88 tasti bianchi e neri (più bianchi che neri, 52 a 36); oltre le leggende fiorite intorno agli esemplari diventati “iconici”, come quello di Casablanca (che in realtà non è stato mai suonato durante le riprese del film) ed è stato battuto all’asta per 3,4 milioni di dollari, o il piccolo pianoforte bianco per bambini che Marilyn Monroe portò con sé in tutte le case della sua vita, andato all’asta da Christie’s e acquistato infine da Mariah Carey. Oltre le considerazioni estetico-modaiole sul colore, bianco pacchiano-nero chic. Oltre, persino, le suggestioni che ci arrivano dai pianoforti raccontati nei romanzi che sono troppo numerosi per citarli. Voglio solo ricordare il saggio Il pianoforte di Einstein di Marco Ciardi e Antonella Gasperini (ed. Hoepli 2021) in quanto racconta di un pianoforte che esiste realmente, si tratta del Bluther 51833 costruito a Lipsia nel 1899 e regalato da Einstein alla sorella Maria nel 1931, nel periodo dell’Italia fascista: entrato in possesso del pittore Hans-Joachim Staude, è ora conservato nell’Osservatorio Astrofisico di Arcetri.

Dopo la celebrazione del 18 aprile a Ferrara (per la cronaca il programma della serata è tutto dedicato a Chopin), il restaurato Steinway&Sons N387500 verrà conservato nella sala del Ridotto e sarà impiegato nelle iniziative musicali della città. Info sul concerto, qui
- Jonne Bertola ha pubblicato il romanzo Fuori Copione (LuoghInteriori)