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Teatro dell’Elfo: nel nuovo sito, un docu per raccontare Rainer Werner Fassbinder

Il neonato sito del Teatro dell’Elfo di Milano offre in streaming un docu video di 27 minuti dedicato a Rainer Werner Fassbinder, più volte messo in scena dalla compagnia teatrale milanese.

Il docu, La natura imperfetta dell’amore, firmato da Francesco Frongia, recupera immagini dagli spettacoli e si avvale delle testimonianze di registi e attori.

Il primo spettacolo di RWF messo in scena da Ferdinando Bruni e Elio De Capitani nel 1988 è Le amare lacrime di Petra von Kant, divenuto un piccolo cult: “una sacra rappresentazione, ma mascherata da fotoromanzo, alla ricerca di un equilibrio… tra immedesimazione viscerale e distanziamento straniante”.

Chi l’ha visto ai tempi ricorda la scena iniziale di Petra von Kant-Ida Marinelli che si alza e squadra ieratica la platea fissando uno a uno gli spettatori, la devozione quasi canina della segretaria-Maddalena Crippa, la grande stanza dal pavimento in bianco e nero, che restituisce in agorafobia la claustrofobia dell’originale fassbinderiano, l’idea del potere da cui niente può prescindere.

Tutta l’opera di Fassbinder è inserita nel contesto del capitalismo, dei suoi meccanismi, e non fa sconti all’oscurità che ci attraversa.

L’amore stesso è visto e indagato come la prima cellula sociale di un ordinamento ingiusto. Nel pessimismo di Fassbinder, come nota Bruni, esiste sempre, e non solo per innesco drammaturgico, una separazione netta – un conflitto di potere – tra chi ama e chi è amato.

De Capitani dà l’immagine di un Fassbinder che capisce e ha presente – quando scrive o gira le storie dei suoi esseri profondamente umani, scrutati con occhi spietati e insieme teneri – l’impossibilità della rivoluzione. Anzi, il problema comincia per chiunque abbia tra le mani il potere. “Ciò capita anche nella relazione altra per antonomasia, quella omosessuale, che dovrebbe invece portare in sé la diversità… Chi ama di meno ha il potere. Chi ama di più non ne ha”.

Seguiranno la Bottega del caffè, in chiave neo-espressionista: “un circo di mostruosità, un girotondo di relitti umani, di parassiti attenti allo spicciolo e infoiati di sesso” e, con scandalo, I rifiuti, la città e la morte, un testo di metà anni Settanta mai rappresentato in Germania per l’accusa di antisemitismo – posizione in realtà appartenente a un personaggio. Qui, in una Francoforte infernale e corrotta, dove scorre il sangue per strada, la Germania della ricostruzione è raffigurata in una giovane prostituta.

Nel 2005, l’ultimo spettacolo Fassbinder-Elfo, con l’allestimento di Bruni, Come gocce su pietre roventi.

Resta il desiderio di ritornare, e non solo per nostalgia, a un autore-regista dimenticato, ma dai temi attualissimi, che scriveva e produceva a ritmi forsennati, “per malattia”, e che scomparve 36enne nel 1982. Forse è il momento – Covid permettendo – di riportarlo nei cinema e sui palchi.

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