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Allonsanfàn
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American Rust, un thriller con Jeff Daniels nell’America immiserita

Per la povertà si stringe di un buco la cintura e la cintura non metaforica è quella del Rusty Belt, gli Stati Uniti del white trash, immiseriti dal crollo dell’industria pesante: non c’è più bisogno dell’acciaio prodotto negli Appalachi, l’imponente catena di montagne adesso sfigate che solcano il nord est del Paese. È una storia che abbiamo inparato, poiché fa da sfondo e da co-protagonista di ottimi romanzi, come Ohio di Stephen Markley (Einaudi), e film melensi e piagnoni, come Elegia americana di Ron Howard (Netflix), con cui Glenn Close ha perso di nuovo l’Oscar.

Oggi stiamo a metà tra cinema e letteratura con la serie di Showtime American Rust, che è l’adattamento del romanzo Ruggine americana (Einaudi 2009) di Philipp Meyer, serie visibile tra l’altro contemporaneamente su Sky Atlantic a The Son, tratta dal secondo libro dello scrittore di Baltimora, Il figlio (Einaudi 2013): i temi si riecheggiano ma i tempi del racconto sono diversi.

La serie American Rust è un thriller a sfondo sociale lento come una vecchia ballata e cupo come un affresco dai colori notturni. Siamo a Buell in Pennsylvania per 9 puntate di una stagione che potrebbe avere il bis. Il padrone di casa, il perno di una comunità in stracci, è un dolente sceriffo (Jeff Daniels) imbottito di farmaci – anche illegali – per stress post traumatico da Guerra del Golfo: come un Giove depotenziato assiste al disastro della sua comunità. Di più: in un’indagine per l’omicidio di un ex collega che si faceva di fentanyl, tende a truccare le carte per salvare il figlio indomito e “bruciato” – un ribelle ma con una causa – della donna (Maura Tierney) con cui si vede (cioè che ama, ma non si può dire per pudore), una tosta sarta con precoce artrosi che vorrebbe sindacalizzare le colleghe sfruttate. Intorno alla cattedrale abbandonata dell’acciaieria e in locali cupi che recano con sé la tristezza di esistenze sprecate si svolge il loro dramma (con riscatto?) e, in parallelo, la via crucis (con resurrezione?) di una famiglia mezzo ispanica e di un ragazzo incerto sulla propria sessualità, che prende la via della fuga tra treni merci e autostop con marchetta.

La serie American Rust è firmata da Dan Futterman, già sceneggiatore e produttore di Truman Capote-A Sangue freddo e Foxcatcher al cinema e di In Treatment (annata 2007) e The Looming Tower in tv (da The Looming Tower: Al-Qaeda and the Road to 9/11 di Lawrence Wright). Il suo è spettacolo di solido impianto, tradizionale come un antico film civile, servito nei tempi dilatati di puntate in cui lo spettatore può perdersi senza fatica tra un avvenimento e l’altro. Le svolte di trama sono sviluppi della storia, non sorprese o semplici colpi di scena – e si può scoprire che anche una certa prevedibilità può avere i suoi vantaggi e un po’ di noia una sua maestà.

Gli attori sono in decadente stato di grazia, come Jeff Daniels: faccia pietrificata, neanche fosse uno dei Flintstones, non sembra nemmeno parente del ragazzotto di Scemo & più scemo. È volutamente sfiorita invece Maura Tierney che riassume in sé, dopo aver conquistato il successo di pubblico con E. R. e un Golden globe per The Affair, la grinta di tutte le madri coraggio e le brave donne d’America.

American Rust – Ruggine americana è una serie tv statunitense creata da Dan Futterman e basata sul romanzo di Philipp Meyer. La serie ha debuttato il 12 settembre 2021 su Showtime. In Italia è trasmessa su Sky Atlantic dal 25 ottobre 2021.

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