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Dio non ha mai letto Guerra di infanzia e di Spagna di Fabrizia Ramondino

Se l’infanzia è, di per sé, un’isola incantata, con le sue meraviglie e i suoi sgomenti, in cui ci si smarrisce e dalla quale però non si vorrebbe mai uscire (l’oceano degli adulti è incomprensibile e troppo vasto per non fare paura), nel libro stupefacente di Fabrizia Ramondino, Guerra di infanzia e di Spagna, ambientato nel 1937, isola e infanzia semplicemente coincidono.

Giunta a Maiorca quasi alla vigilia della Seconda guerra mondiale, al seguito del padre, console fascista, la scrittrice (che nel romanzo viene chiamata con il nomignolo di Titita) cresce – piccola e privilegiata Mowgli – in una giungla mediterranea di fiori, alberi, natura, mare, animali domestici e selvatici, personaggi reali e creature immaginarie.

Così Maiorca, una sorta di palla di vetro lontana dagli orrori del conflitto (ancora più attutiti dalla serena ignoranza dei bambini), diventa un altrove dove il lettore cade come nel buco infinito di Alice, seguendo Ramondino nel suo universo privatissimo dove nulla, alla fine, accade, ma tutto è così denso e ipnotico da doversi fermare a ogni capitolo. Denso di cosa? Moltiplicate  la vita interiore di ogni bambino, i giochi, le fantasie, i travestimenti, le scoperte, i litigi, le amicizie, i discorsi strampalati con le bambole, l’impossibilità di capire davvero gli adulti (a partire dai propri genitori) e di farsi capire da loro, gli affetti e gli addii.

Moltiplicate tutto questo per mille, perché Ramondino è bambina irrequieta e intelligentissima, che osserva e giudica con l’implacabilità tipica dei suoi – pochi – anni, e avrete un’idea di dove andrete a vivere per 504 pagine. In ognuna, vorremmo essere lì, tra i pavoni colorati, la tata amatissima, i racconti fascinosi della nonna, il giardino immenso, gli alberi su cui costruire rifugi, la lingua maiorchina, papito e mamita, figurine estranee e remote, benché affettuose e amabili. Vorremmo avere quella libertà, quei vestitini di bambina, quello sguardo acuto che mette a nudo l’opacità del mondo dei grandi dove prima o poi entreremo anche noi, dimenticando tanto, troppo, di un’età arcana e irripetibile.

Guerra di infanzia, e non solo di Spagna, e del mondo, perché sono, quei primi anni, una trincea dove crescere e trasformarsi è doloroso, provoca incubi, resistenza, dubbi confusi e perturbanti come fantasmi. La guerra vera alla fine riuscirà a intrufolarsi, nella consapevolezza di Titita, attraverso i ritagli dei giornali usati per incartare i mobili quando la famiglia dovrà traslocare dalla sua formidabile dimora, insieme casa-castello-chiesa, per abitare in una casa “normale”.

L’incantesimo comincerà a spezzarsi. L’Italia ha perso il conflitto, la minaccia è quella di non essere più ricchi come prima, forse addirittura diventare poveri? Sarà necessario abbandonare Maiorca, tornare in Italia, e poi chissà. Addio baruffe infantili, combattute con graffi, rami di alberi a mo’ di spade, tirate di capelli, giocattoli rotti, lacrime per una scimmietta trovata morta. Addio incantesimi. «Come per magia, quel mio gioco si fermò. Nella capanna sull’albero non mi divertivo più» racconta Ramondino in uno dei capitoli finali.

La vera battaglia, quella che mai avrà termine, inizierà dopo l’ultima pagina, quando bisognerà “essere uomini e donne e questo era noioso, quasi come doveva essere noioso fare Dio in cielo”. Anche Dio, se fosse sincero, lo ammetterebbe. Ma Dio, peccato per lui, non è mai stato bambino.

Fabrizia Ramondino

IL LIBRO Fabrizia Ramondino, Guerra di infanzia e di Spagna (Einaudi 2001; Fazi 2022). Sulla copertina scelta da Fazi, c’è il ritratto di Mäda Primavesi di Gustav Klimt; sull’edizione Einaudi c’era Maya con la sua bambola di Pablo Picasso. Per una biografia di Fabrizia Ramondino, scomparsa nel 2008, mentre cercate gli altri libri, come Althénopis (Einaudi 1981), si può leggere sul dizionario

  • Alice Caroli è una giornalista torinese

Credit:F Ramondino by AUGUSTO DE LUCA is marked with CC BY-SA 2.0)

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