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Monica Pais: do voce alla volpina Metà nel racconto del grande incendio

L’incendio del bosco grande (Longanesi) è un libro scritto a due mani e a due zampe. Le due mani sono quelle di Monica Pais, veterinaria impegnata a salvare vite di tanti rottami, poveri animali senza nessuno, e autrice di storie intense. Le due zampe sono quelle di Metà, volpina scampata al terribile incendio che nel luglio 2021 in Sardegna ha devastato l’area del Montiferru ma che in quelle fiamme ha perso l’uso delle zampe dietro.

Pais L'incendio Longanesi

Le due voci, quelle di Monica e di Metà, si alternano nel libro e raccontano una storia drammatica e tenera. Là dove è la volpina a parlare, chi legge vive il terrore delle fiamme che avanzano e di un incendio che se fortunatamente non ha fatto vittime tra gli uomini, ha visto morire milioni di animali selvatici, dai più piccoli insetti agli uccelli ai più grandi cervi e cinghiali. E tanti cani e gatti domestici. Ma L’incendio del bosco grande, che è in classifica nella saggistica, è anche altro. È l’espressione della forza di un sentimento reciproco che lega uomo e animale e che permette loro di comunicare.

“Partì dalla stretta gola di Bau ’e Mela, sui tornanti che scavano il fitto bosco di lecci e querce dal sughero del Montiferru salendo fino al paese di Santu Lussurgiu… Le felci inaridite sul fianco della montagna si incendiarono come carta velina e le fiamme divorarono in un sol boccone una ventina di ettari di bosco, l’intera vallata di Bau ’e Mela, le cascate di Sos Molinos… La notte tra il 24 e il 25 luglio il fuoco era ormai una forza apparentemente indomabile”.

Monica, quali sono i ricordi che ti porti dentro di quei giorni?

«Ricordo la cenere che la notte si era depositata sulla barca dov’ero in vacanza davanti all’isola di Santa Maria, nell’arcipelago della Maddalena, 200 chilometri in linea d’aria dai luoghi devastati dalle fiamme. Ricordo il colore scuro del cielo verso sud, come fosse malato, febbricitante. E ricordo il grande e ininterrotto lavoro nella nostra clinica, la DueMari di Oristano, dove siamo subito rientrati. Le fiamme sono state domate dopo quattro giorni ma per un mese intero hanno continuato a portarci animali feriti, molti in condizioni complicatissime, ustionati, impazziti dalla paura, che avevano bisogno di degenze molto lunghe. Le squadre di soccorso avevano evacuato paesi e aziende agricole, salvato uomini e animali cosiddetti da reddito. Tra mucche, ovini, caprini, suini, equini sono andati perduti 600 animali, un numero basso. Ma tra quelli selvatici è stata una strage. Di questo parleremo in un convegno che la nostra onlus Effetto Palla, in collaborazione con l’Agenzia regionale Forestas, ha organizzato il 23 luglio, a un anno dall’incendio. “Montiferru oltre il fuoco, gli animali selvatici e il bosco, cosa abbiamo perduto, cosa potremo riavere” è il tema che discuteremo a Santu Lussurgiu».

“L’inferno durò circa 4 giorni senza che nessuno riuscisse a ostacolarlo: un fronte di 50 chilometri con fiamme alte anche 50 metri, interi paesi evacuati, 13 mila ettari di boschi, uliveti secolari e olivastri millenari, pascoli, fattorie, strade, capannoni e campagne. Tutto bruciato”.

Perché un libro a due voci?

«Perché penso che ognuno debba raccontare la sua parte. Nessun uomo potrebbe rendere la paura e lo smarrimento di un animale di fronte al fuoco. Ho voluto farlo io, dando voce alla volpina Metà».

(la volpe) “Cervi, mufloni, cinghiali, conigli, gatti e uccelli riempirono la notte con i loro richiami… Il caldo diventava sempre più intenso… Poi i topi iniziarono a correre all’impazzata… Dopo di loro comparvero le lepri e i conigli… E con loro le tartarughe, le lucertole… Fu allora che vidi la corona rossa che avvolgeva la cima della mia montagna. Via, via! Il bosco risuonava del terrore e dei richiami di centinaia di specie diverse di animali”.

Metà, soccorsa e portata nella tua Clinica, è stata curata ma ha perso l’uso delle zampe dietro e non potrà più essere rimessa in natura.

«Metà, così come Rosa, volpina che salvammo da un altro incendio, come Lussurzesa, cerbiatta ustionata, come alcuni ricci e un coniglio, durante il loro lungo ricovero si sono addomesticati. Ci hanno identificati come la loro nuova famiglia e così facendo hanno attraversato la linea che separa lo status di selvatico da quello di individuo domestico. Sono animali che stanno bene ma non possono essere liberati. Altrimenti li avremmo rimessi in natura come abbiamo fatto con altre migliaia. Attenzione però. Se si è “rovinati” non solo non si vale meno, si vale di più. E nella disgrazia si ha diritto a un’opportunità».

Pais volpe Metà L'incendio del bosco grande

E quale sarebbe questa opportunità?

«Mi piacerebbe costruire per tutti questi animali sopravvissuti ai disastri dell’uomo – incendi, cattiva gestione del territorio, incidenti sulle strade – un luogo sicuro. Lo immagino come un museo vivente, un santuario della natura dove gli uomini e gli altri animali imparino a raccontarsi le reciproche emozioni. Raccontarle a loro stessi e a chiunque abbia desiderio di conoscere la storia della grande foresta perduta e dei milioni di animali bruciati vivi. Dove tutti gli animali possano esprimere le loro emozioni, come ha fatto la volpe Rosa con me. L’ho rivista dopo quasi tre anni e mi è corsa incontro, mi ha riconosciuta».

C’è una foto che racconta molto del significato de L’incendio del bosco grande. È quella in alto in questa pagina.

«È un autoscatto. E sì, l’espressione di Metà dice molto dei sentimenti di una volpina. Il dolore, la gioia, la paura, la curiosità sono emozioni che proviamo noi. E che, come noi, provano gli animali».

Il libro. Monica Pais, L’incendio del bosco grande (Longanesi)

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