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Allonsanfàn
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La pace è finita. L’Europa vista da Caracciolo

Altro che “La fine della storia”, come profetizzò il politologo Francis Fukuyama dopo la caduta del muro di Berlino nel 1989! Lucio Caracciolo scrive La pace è finita. Così ricomincia la storia (Feltrinelli 2022) e ci sbatte in faccia, con il suo solito garbo ma anche con un bel po’ di scetticismo, come stanno le cose: cioè a quale drammatico punto di arrivo siamo giunti.

Ne scrivo ora perché l’immagine plastica di ciò che è avvenuto non ce la fornisce solo un Paese che cerca di difendersi dall’aggressione russa l’Ucraina, le bombe, le vittime dall’una e dall’altra parte – ma un insieme di effetti di cui l’ultimo, il meno importante ma forse il più rappresentativo, viene fornito da Zelensky quando si è presentato davanti a papa Francesco con felpa militare, pantaloni cargo e scarponcini. Passi (ma a leggere i commenti non è passato) il vestito bianco di Meloni che qualche giorno prima aveva fatto pari e patta con la veste bianca del pontefice ponendoci sapidi interrogativi su un problema di etichetta. Qui si tratta di un’altra musica, non una slabbratura protocollare e però innocua. La presenza di Vlodymyr Zelensky in Italia vestito in quel modo, come in ogni altra occasione dopo il 24 febbraio 2022, è una dichiarazione d’intenti come non si erano più viste in Vaticano dalla fine della seconda guerra mondiale: l’uomo di pace che incontra l’uomo di guerra che, di questa suo essere uomo di guerra, vuole dare testimonianza visibile persino in un tale specialissimo incontro.

Non credo che questo sia stato un problema per l’incontro che Zelensky ha avuto anche con Meloni, il cui unico desiderio è accreditarsi come speciale alleata filoatlantica salvo farsi i fatti suoi in Italia più sulla linea di Orbán, l’autocrate ungherese, che delle grandi democrazie europee. E difficilmente sarebbe possibile infrangere l’imperturbabilità del presidente della Repubblica Sergio Mattarella sebbene si possa pensare (ma naturalmente è solo un’iperbole) che si rechi con giacca e cravatta persino a letto o nella toilette. Ma a papa Francesco, qualche turbamento deve averlo creato Zelensky in vesti militari, se non altro per essere stato, Bergoglio, il provinciale dei gesuiti in Argentina più o meno ai tempi del generale golpista Jorge Rafael Videla soprannominato l’Hitler della Pampa.

In fondo, non dobbiamo dimenticarlo, Zelensky diventa presidente dell’Ucraina in seguito a un voto democratico, è vero, ma dopo le dimissioni (o il licenziamento) di Viktor Janukovyč, di cui si può dire tutto il male possibile, ma non che non fosse stato anch’egli eletto democraticamente seppure poi cacciato con quello che venne chiamato il colpo di stato di Piazza Maidan del 2014.

Ma lasciamo perdere quelle che con eccesso di humour potremmo definire facezie, e veniamo al libro di Caracciolo. La lettura non è semplice: non tanto per il volume del tomo (non più di 140 pp.), quanto per l’ampiezza e profondità dei temi. Credo si possa dire che è un libro da leggere almeno due volte per la quantità di termini che possono risultare desueti, e anche perché l’Autore talvolta usa una neolingua con locuzioni varie e persino invenzioni lessicali. Uninvenzione, per esempio, a me pare la parola “Leuropa” senza apostrofo tra l’articolo determinativo e il nome del continente senza la E maiuscola. Ma perché perdersi dietro questa parola che potrebbe sembrare una minuzia o, forse, un refuso? Il suo perché ce l’ha e consente, in questo come in altri casi, di non dover usare troppe altre parole per un concetto che affronterà più volte l’Autore. Di neolingua parla George Orwell in 1984 per ipotizzare un futuro in cui questa sarà imposta dal potere a tutta la società ma, oggi, non possiamo non ammettere che non di rado si usano neolingue solo perché fruibili dagli specialisti. Per intenderci: non di lingua paludata degli accademici trattasi, ma di qualcosa che richiede una conoscenza che raramente riesce a essere di tutti.

Fermiamoci un attimo su questa nuova parola: Leuropa. Per la prima volta salta fuori a p. 67 in un capitolo evocativo di una contraddizione con cui pare, almeno a Caracciolo, che dovremo tornare a fare i conti:Antigermania, segreto di Antieuropa. La prima frase del capitolo rende il senso di quel che troveremo più avanti.

Lucio Caracciolo

È dunque simbolo su impulso e sotto vigilanza americana che nasce, si sviluppa e declina quell’improbabile costruzione che noi chiamiamo “Europa” sinonimo di Unione Europea. Per rendere il non-senso nostrano di tale equazione che uguaglia una indefinibile organizzazione tra ventisette Stati – a sua volta geopoliticamente bipartita fra i diciannove dell’Eurozona e gli affezionati alla sovranità monetaria – a un indefinito spazio veterocontinentale nel quale se ne possono contare un’abbondante cinquantina, è utile un neologismo: “Leuropa”

Fermiamoci qui, anche per non inoltrarci in una serie di considerazioni che appaiono il cuore del libro e che il lettore è meglio scopra da solo. Ma non vi sembra che assimilare la parola “Leuropa” a un neologismo sia improprio? Lo ripeto: è il nome di un continente senza iniziale maiuscola preceduto da un articolo determinativo senza apostrofo… Sembra un errore di ortografia. E forse proprio questo vuole significare: la UE come un non senso, almeno, un’incompiuta. Del resto l’Autore non lo nasconde fin dal risvolto della quarta di copertina ove si legge che lo scontro sempre più violento tra Stati Uniti, Cina e Russia riscriverà la gerarchia delle potenze. Questa competizione riguarda noi italiani ed europei senza voce – scrive – fortunosamente [non fortunatamente, ndrricompresi nell’impero euroatlantico costruito da Washington per proteggere la propria sicurezza nazionale e i propri interessi globali.

In questo libro possiamo dire, peraltro, che i problemi messi in luce dalla guerra in Ucraina ci sono tutti, e anche gli interessi geopolitici e militari su scala planetaria posti in evidenza dai precedenti, sanguinosi e inconcludenti conflitti (Iraq e Afghanistan per dire gli ultimi e forse i più rilevanti). Il richiamo a un pangermanesimo che potrebbe riesplodere nel cuore del continente europeo a cavallo fra ovest ed est è pure presente, ma di soluzioni – ammettiamolo – non se ne vede l’ombra, né l’Autore presume di poterne avere. Pur competente, Caracciolo è sincero e, non a caso, apre il libro con un capitolo intitolato “Conclusioni in forma di premessa” e lo conclude con un capitolo intitolato “Premessa in forma di conclusione”.

Di sicuro, per tornare alla profezia di Fukuyama, mostra (se ce ne fosse bisogno) che la storia non è finita e la geopolitica, con le sue vicissitudini spesso confliggenti, ripropone antagonismi che richiederebbero un nuovo ordine ma, in ragione della deterrenza nucleare, Caracciolo non crede che possa essere molto diverso da quello degli equilibri conosciuti dopo la seconda guerra mondiale. Occorrerebbe, perciò, un esame di coscienza da parte di tutti gli attuali protagonisti perché quel che sembra più credibile è che se la guerra calda si fermerà, non potrà essere molto diversa dagli equilibri che caratterizzarono la guerra fredda”… Ma, di sicuro, anche con nuovi protagonisti: il famoso multilateralismo. Altrimenti peggio per tutti.

Nella foto di apertura, Zelensky e Meloni a Roma il 13 maggio (credit: www.governo.it. Simona Lodato by International Journalism Festival is licensed under CC BY-SA 2.0.)

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