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Allonsanfàn
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Vanessa Brown, la Ragazza di Broadway

I Brind sono una famiglia della colta borghesia ebraica di Vienna: Nah è un insegnante di lingue e Anna una psicologa. Il 24 marzo 1928 nasce Smylla. Nel 1937 partono per Parigi: hanno provato a resistere al regime di Dollfuss, ma è chiaro che tra poco l’Austria sarà annessa al Reich e per loro sarà impossibile continuare a vivere lì. Ma anche la capitale francese diventa troppo pericolosa per loro e, pochi giorni dopo lo scoppio della guerra, scappano negli Stati Uniti. Smylla frequenta le scuole a Manhattan e si dimostra, anche grazie alla perfetta padronanza della nuova lingua, una studentessa brillante. Oltre al tedesco e all’inglese, parla correntemente il francese e l’italiano. Ama recitare e a dodici anni, quando viene a sapere che a Broadway stanno cercando una bambina della sua età con l’accento tedesco, decide, senza dire nulla ai suoi genitori, di presentarsi all’audizione. È il nuovo dramma di Lillian Hellman, intitolato Watch on the Rhine.

Smylla Brind aka Vanessa Brown: una ragazza in gamba

Lillian ha già avuto successo a teatro con La calunnia e Le piccole volpi: sono testi che hanno dato scandalo, perché l’autrice non ha paura né di affrontare temi scabrosi come l’omosessualità femminile né di denunciare l’ipocrita perbenismo della società americana. Compagna di Dashiell Hammett, comunista, attiva sostenitrice delle campagne per aiutare la Repubblica in Spagna, entra in contrasto con le posizioni pacifiste della sinistra radicale degli Stati Uniti che, in nome dell’internazionalismo, non vuole partecipare a una “guerra borghese”: infatti Lillian si schiera decisamente per l’intervento militare del suo paese contro i regimi fascisti europei. Scrive sia per Broadway che per Hollywood, anche se il Codice Hays le impone di attenuare molto la portata polemica dei propri testi quando li adatta per il grande schermo.

Helmann nel 1939: una donna scomoda

L’autrice trova che Smylla sia perfetta e la bambina viene ingaggiata per il ruolo di Babette, ma i Brind, che adesso devono essere informati della decisione della figlia, preferiscono che la ragazzina non perda troppi giorni di scuola. Così la parte va alla sua coetanea Ann Blyth – che, grazie anche alla sua bravura come cantante, andrà a Hollywood, anche se non avrà il successo che avrebbe meritato. Smylla viene comunque scritturata come sostituta di Ann e nelle ultime repliche dello spettacolo riesce a debuttare a Broadway e a partecipare a una tournée estiva.

Dopo che la sua famiglia si trasferisce a Chicago, grazie al suo altissimo quoziente di intelligenza – Smylla ottiene un incredibile punteggio di 165 – viene chiamata come ospite del popolare programma radiofonico Quiz Kids, dove in ogni puntata un gruppo di cinque bambini risponde alle domande degli ascoltatori e del pubblico dello studio. Smylla, oltre che essere bravissima sulle domande di letteratura, è simpatica e molto spigliata davanti al microfono, tanto da diventare un’ospite fissa del programma.

John Fante: un uomo scomodo

I produttori della RKO, sempre a caccia di talenti, si accorgono di quella giovane e a sedici anni la mettono sotto contratto. Lo studio la fa debuttare, con il nome Tessa Brind, nel 1944 in Youth Runs Wild, un film scritto da John Fante, sul problema della delinquenza giovanile cresciuta durante la guerra. Poi lo studio le cambia nome e Vanessa Brown, tra il 1946 e il 1949 appare in sette film: con quel viso e quei grandi occhi scuri è perfetta per i ruoli da “ingenua”. Mentre lavora per la RKO, Smylla si iscrive all’Università della California e si laurea in letteratura inglese nel 1949. È anche la critica cinematografica del giornale del campus, il Daily Bruin.

I film in cui appare non sono memorabili, ma offrono a Vanessa l’occasione di lavorare con registi importanti come Joseph. L. Mankiewicz, Walter Lang, William Wyler. In Il fantasma e la signora Muir – forse il migliore tra i film di Vanessa – recita con Rex Harrison e la bellissima Gene Tierney: è Anna da adulta, mentre Natalie Wood è Anna bambina. La protagonista di Come nacque il nostro amore è Betty Grable, Maureen O’Hara è La superba creola, ancora con Rex Harrison, mentre Olivia de Havilland e Montgomery Clift sono le giovani star di L’ereditiera. Quella brillante studentessa si trova fianco a fianco ogni giorno nella mensa degli studi del 780 di Gower Avenue con chi realizza i film di cui scrive le recensioni. È una posizione privilegiata per capire come funziona davvero Hollywood.

Come Jane: fingersi una maggiorata

Vanessa sembra una promessa dello studio, non ha il fisico di una pin up, ma ha un viso dolce e un bellissimo sorriso. Nel 1950 viene scelta per il ruolo di Jane in Tarzan e le schiave, il secondo in cui l’eroe di Edgar Rice Borroughs viene interpretato da Lex Barker, che qualche anno dopo girerà alcuni film anche in Italia: ne La dolce vita è Robert, il marito di Anita Ekberg. Vanessa è l’ottava attrice a interpretare Jane, dopo Maureen O’Sullivan e Brenda Joyce, che hanno portato questo personaggio sul grande schermo rispettivamente sei e cinque volte. La splendida attrice irlandese è la sola che ha avuto l’opportunità di essere Jane nella Pre-Code Hollywood e per questo è rimasta nell’immaginario di una generazione di giovani spettatori, anche grazie al fatto che quella Jane può nuotare nuda insieme a Tarzan. Vanessa ovviamente non può indossare il succinto perizoma di Maureen, le sue forme aggraziate devono solo intuirsi sotto il costume. Sa che si tratta dell’ennesimo b-movie su Tarzan, di un prodotto di consumo, in cui lei deve soltanto sorridere e far vedere le gambe. Vanessa, qualche anno dopo, dirà che la cosa difficile non è stata arrampicarsi sugli alberi, ma capire come doveva interpretare quel personaggio. E in generale che si sentiva “contorta” nel dover gestire insieme la sua bellezza con quell’ingombrante QI. Comunque Vanessa spera ancora – è lecito a quell’età – che Hollywood le possa riservare qualcosa di più. Non sarà così. Il ruolo di Jane passa ad altre giovani promesse, Virginia Huston, Dorothy Hart, Joyce Mackenzie; e per nessuna di loro sarà il trampolino per una felice carriera.

In Wagon Train, con Martin Milner: scordabile

Agli inizi degli anni Cinquanta Vanessa recita in alcuni altri film non memorabili. Nel 1952 ottiene una piccola parte in Il bruto e la bestia, un film diretto da Vincente Minnelli con Lana Turner e Kirk Douglas, che viene presentato al Festival di Venezia. A ventiquattro anni la sua carriera cinematografica è praticamente terminata.

Smylla sa che nella vita c’è altro oltre al cinema. Si sposa. La prima volta, dal 1950 al ’57, con Robert Alan Franklyn, un chirurgo plastico, e poi, dal 1959 all’89, con il regista televisivo Mark Sandrich Jr. – suo padre è stato uno specialista dei film musicali: negli anni Trenta ha diretto tutti i grandi successi della coppia Fred Astaire e Ginger Rogers. Smylla e Mark hanno due figli: David Michael e Cathy Lisa.

Decide di impegnarsi in politica. È iscritta al Partito Democratico e sostiene con passione la candidatura di Adlai Stevenson alla presidenza sia nel 1952 che nel 1956 – quell’anno è anche delegata alla convention di Chicago – ma in entrambe le occasioni l’ex governatore dell’Illinois viene sconfitto da Eisenhower. Stevenson è un grande oratore, un uomo capace di infiammare il pubblico durante i comizi, ma, per dirla con Nenni, “piazze piene, urne vuote”. Stevenson è un intellettuale e l’America negli anni Cinquanta, nel pieno della Guerra fredda, preferisce affidarsi a un generale. Il mondo del cinema è schierato con quell’avvocato dalle idee progressiste e per questo nel 1962 un gruppo di attivisti del partito – tra cui troviamo anche Smylla – crea un comitato per presentare la candidatura di Stevenson come governatore della California.

Non se ne fa nulla, e poi sta nascendo la stella di Ronald Reagan. Smylla sostiene anche Kennedy. L’interesse per la politica non la abbandona. È una corrispondente di The Voice of America, il servizio ufficiale radiotelevisivo del Governo federale degli Stati Uniti, occupandosi prevalentemente di analisi politica, ma anche di scienza e di medicina. Agli inizi degli anni Settanta scrive un ponderoso saggio sulle politiche di Willard Wirtz, il Segretario al Lavoro delle amministrazioni Kennedy e Johnson. Per il suo ruolo Wirtz è stato uno dei membri del gabinetto Johnson che ha promosso e attuato le riforme della cosiddetta “Great Society, il programma sociale più ambizioso dai tempi del New Deal, smantellato da Nixon prima e poi da Reagan, e mai più superato dalle blande politiche di riforma dei successivi presidenti del Partito Democratico. Sappiamo che i rapporti tra Wirtz e il Presidente si incrinarono a seguito di un memorandum, reso pubblico solo alcuni annui dopo, in cui il primo criticava l’impegno statunitense in Vietnam, che è stata la ragione del sostanziale fallimento di quella auspicata stagione di riforme. Smylla vive intensamente questo fermento politico e sociale e se ne sente parte. È in qualche modo un testo che si occupa di politica il dramma che in questi anni scrive con la speranza di poterlo portare a Broadway. Si intitola Europa e il toro. Troppo intellettuale e non se ne fa nulla.

Ha anche un buon successo come pittrice: si firma con il suo nome alla nascita Smylla.Vanessa torna ogni tanto anche a lavorare in televisione o come ospite fissa in quiz – I’ll Buy That e Pantomine Quiz, celebri programmi degli anni Cinquanta – o come guest star in telefilm, da Perry Mason a Dallas, fino a La signora in giallo – Vanessa è nell’undicesima puntata della quinta stagione. Al cinema è una delle avide figlie di una madre fin troppo generosa in Rosie! del 1967, con Rosalind Russell nella parte della protagonista, e nel 1976 la sorella dell’inquietante protagonista – Millie Perkins, Anna Frank nel classico degli anni Cinquanta – nell’horror The Witch Who Came from the Sea. Un personaggio secondario in un b-movie di scarsa qualità: questo è l’ultimo ruolo che Hollywood propone a Vanessa.

Al culmine del successo, negli anni di Broadway

Ma c’è un’altra storia che dobbiamo assolutamente raccontare a proposito di Smylla Brind. Nel 1952, a ventiquattro anni, torna a recitare a Broadway e questa volta finalmente con un ruolo da protagonista.

George Axelrod è uno scrittore di trent’anni che fino a quel momento si è guadagnato da vivere scrivendo sceneggiature per commedie radiofoniche e televisive. Vive con la moglie e i due figli al 71 di Irving Place, nel quartiere di Gramercy a Manhattan. L’appartamento degli Axelrod è a piano terra, ma, come in tutti quei palazzi, c’è una scala esterna che lo collega ai piani superiori. Quell’estate la moglie e i due figli di George sono in vacanza. Sopra di loro vive un simpatico vecchietto, ma – pensa lo scrittore – cosa potrebbe succedere se in quell’appartamento vivesse una bella e disinibita ragazza, ad esempio come la sua amica Barbara Nichols, una bionda pin up che lavora da modella e sogna di sfondare a Broadway. Barbara negli anni Cinquanta farà una carriera da Marilyn minore. E da quello spunto e forse da una storia successa davvero – ma questo è un affare del signore e della signora Axelrod – George in poche settimane scrive una commedia. I produttori Elliott Nugent e Courtney Burr credono in quel testo – probabilmente più di quanto ci creda lo stesso autore – e il 20 novembre 1952 va in scena al Fulton, il grande teatro sulla 46esima Strada, che tre anni dopo sarebbe stato dedicato a Helen Hayes, la commedia intitolata The Seven Year Itch. Dimenticate Quando la moglie è in vacanza, come si intitola in Italia il film che nel 1955 la 20th Century Fox costruisce intorno all’erotica innocenza di Marilyn Monroe e che consacrerà Norma Jean tra le leggende di Hollywood. E su quel celeberrimo sbuffo d’aria da una grata della metropolitana di Lexington Avenue scriverò una delle mie prossime noterelle.

George Axelrod e Billy Wilder che scrivono la sceneggiatura sanno bene cosa permette il Codice Hays. E soprattutto cosa non permette. Mentre il film è una divertente commedia romantica, in cui il tradimento di Richard con la Ragazza è solo immaginato – e i due protagonisti si scambiano soltanto tre baci – l’opera che va in scena a Broadway è una commedia esplicitamente sul sesso, in cui il tradimento è consumato, praticamente in scena.

Il mattino dopo il debutto George è preoccupato. Le prove non sono andate bene, sono state necessarie diverse riscritture e il terzo atto non lo convince. Anche i produttori cominciano a preoccuparsi per le reazioni dei gruppi religiosi. Il pubblico della prima ha applaudito con calore, ma quanto potrà reggere? Quella mattina nevica, George non ha voluto comprare i giornali, ma ha bisogno di soldi e decide di andare a teatro per chiedere un anticipo di dieci dollari. Quando svolta sulla 46esima George vede una fila di persone che dal botteghino del Fulton arriva fino alla Settima Avenue. Adesso compra i giornali e tutti i critici, anche quelli più severi, lodano quella commedia. The Seven Year Itch chiuderà il 13 agosto 1955, dopo millecentoquarantuno repliche: il più grande successo di Broadway degli anni Cinquanta per un’opera non musicale. Il Tony andrà a Il crogiolo di Arthur Miller – che nel 1956 diventerà il marito di Marilyn – che però rimane in scena solo centonovantasette repliche.

Anziana, in una rara intervista

The Seven Year Itch è quello che il pubblico degli anni Cinquanta vuole finalmente vedere a teatro: il sesso. Sono gli anni in cui escono i due cosiddetti Rapporti Kinsey. Hugh Hefner nel dicembre 1953 pubblica il primo numero di Playboy. Il perbenismo imposto dal Codice Hays non riesce più a trattenere quello che il pubblico vuole davvero vedere.

Per il ruolo di Richard Sherman, l’americano medio che non riesce a resistere alle tentazioni, viene scelto Tom Ewell. nato nel 1909 nel Kentucky, Tom scopre presto la passione per la recitazione. Debutta nel 1934 a Broadway e nel 1940 a Hollywood. Presta servizio in Marina durante la guerra. Congedato torna a recitare e inizia una carriera da brillante caratterista, sia al cinema che in teatro. Anche se lui preferisce di gran lunga il secondo. The Seven Year Itch è il suo primo – e più fortunato – ruolo da protagonista. Vince il Tony e vincerà anche il Golden Globe nel 1956 per lo stesso ruolo nell’adattamento cinematografico, che viene completamente ignorato dall’Academy. Tom continua a lavorare con successo a Hollywood, ma non rinuncia al teatro: nel 1956 è Vladimiro nella prima edizione negli Stati Uniti di Aspettando Godot. E poi arriva la televisione. Partecipa a decine di serie e vince un Emmy per il ruolo del vecchio poliziotto in pensione Billy Truman in Baretta. Il suo ultimo ruolo è nella tredicesima puntata della seconda serie di La signora in giallo.

Vanessa Brown è la Ragazza. È giovane, è bella, è perfetta per essere l’oggetto del desiderio di Richard. Ma anche in questo caso dimenticatevi Marilyn, perché la Ragazza della commedia non è la “magnifica preda” del film di Billy Wilder. La Ragazza è una donna indipendente che, a poco più di vent’anni, ha già fatto i conti con la sua sessualità. E appare molto più sveglia di Richard. A lei non interessa innamorarsi e per questo rifiuta gli appuntamenti con quei ragazzi che pensa si innamoreranno di lei. Richard gli sembra perfetto, perché è sposato e soprattutto perché sa che, dopo quell’avventura estiva di una notte o due, lui tornerà da sua moglie. La Ragazza cerca sesso senza vincoli e Richard lo può offrire: è un buon affare per entrambi. I moralisti, la stampa conservatrice, i gruppi religiosi ovviamente si scagliano contro la commedia, ma il pubblico che corre a teatro intuisce che quella storia racconta un mondo nuovo, in cui i rapporti tra i sessi dovrebbero essere molto più liberi. C’è a suo modo una speranza di cambiamento in quel messaggio di liberazione, un messaggio che la società americana – come la nostra – non sembra più in grado di ascoltare. E forse non è un caso che dopo quella fortunata stagione The Seven Year Itch non sia mai più stato ripreso a Broadway.

Non siamo pronti a un mondo in cui ci siano donne come la Ragazza. E non siamo pronti a donne come Vanessa.

Nella foto di apertura, Vanessa Brown con Tom Ewell in The Seven Year Itch

  • Luca Billi ha pubblicato il romanzo Anything Goes (Villaggio Maori Edizioni). Anything Goes è anche uno spettacolo teatrale. Per tenersi informati, qui
Credit: Life, March 9, 1953, Vanessa Brown shows how to wear stoles” by fortinbras is licensed under CC BY-NC-SA 2.0Lillian Hellman, featured in an article titled “Name In Lights” (no author credit) su Stage
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