UN BLOG
IN FORMA DI MAGAZINE
E VICEVERSA

Allonsanfàn
{{post_author}}

Biancaneve sexy and black

Non conosciamo il nome della prima Biancaneve in carne e ossa del 1902, ma conosciamo bene quello del primo personaggio animato che deve vedersela con una Regina cattiva che, invidiosa della bellezza di quella sua giovane figliastra, cerca di ucciderla.
Il 31 marzo 1933 esce nei cinema, prodotto da Max Fleischer e distribuito dalla Paramount, un cartone animato intitolato Snow-White con protagonista nientepopodimeno che Betty Boop.
Betty Boop

In quei mesi Betty è all’apice del successo. Ha esordito al cinema solo tre anni prima in un cartone animato intitolato Dizzy Dishes: è ancora una barboncina antropomorfa con grandi occhi scuri che indossa un vestito succinto che non riesce a coprirle né le spalle né le lunghissime gambe, tanto che si vede una sensuale giarrettiera. Il successo è immediato e travolgente. In quel cartone Betty fa solo una breve apparizione, non è lei la protagonista, ma la sua prorompente sensualità ruba la scena e in breve diventa una star dell’età del jazz.

Betty, con i suoi capelli corti e l’aria sbarazzina, provocante e innocente allo stesso tempo, è la perfetta incarnazione della flapper, della donna del secolo nuovo, indipendente ed emancipata, che mostra con orgoglio la propria bellezza. Nel 1932 perde le ultime caratteristiche animali e diventa a tutti gli effetti una donna, anzi un vero e proprio sex symbol. Non resisterà molto: già nel 1934, con la rigorosa applicazione del Codice Hays e a seguito delle proteste sempre più insistenti dei gruppi conservatori e di quelli religiosi, Betty viene “normalizzata”: diventa una casalinga, con un vestito decisamente più casto che le copre spalle e gambe. E nel 1939 il suo personaggio sarà definitivamente cancellato: Betty Boop o dà scandalo o non è.

Ma torniamo a Snow-White. La regina interroga il suo specchio magico per sapere chi sia la più bella del regno e quello, che ha l’inconfondibile voce di Cab Calloway, le risponde che è Betty Boop. Per altro il grande Cab è un “amico” di Betty già dai tempi del cartone Minnie The Moocher, un altro dei grandi successi dei Fleischer Studios.

La regina ordina alle sue guardie di decapitare Betty. Ma quelle guardie sono Bimbo e Koko, i due fedeli compagni di avventure della ragazza. In lacrime portano Betty in una foresta, ma proprio quando stanno per sferrare il colpo mortale, distruggono le loro armi. Purtroppo sprofondano nel terreno prima di poterla liberare. Betty riesce comunque a scappare, ma cade in un fiume ghiacciato e rimane rinchiusa in una sorta di teca di ghiaccio. Per fortuna quel blocco arriva fino alla casetta dei sette nani, che lo portano in una grotta incantata, dove trovano Koko e Bimbo. E spariscono. La regina, trasformata in una strega, arriva anche lei nella caverna, trasforma Koko in un fantasma che canta St. James Infirmary Blues, in una delle sequenze più famose del cartone animato.

Koko fantasma

La strega riesce a congelare Betty, Koko e Bimbo, ma quando chiede di nuovo allo specchio chi sia la più bella, questi manda un fumo magico che libera gli amici e trasforma la regina in un drago. Il mostro insegue Betty e i suoi compagni, ma Bimbo gli afferra la lingua e lo mette in fuga. Il cartone finisce con Betty, Koko e Bimbo che ballano in cerchio. E vissero felici e contenti, almeno fino alla prossima avventura.

I sette minuti di Show-White sono un capolavoro del cinema di animazione della Golden Age.

Anche se è Dave Fleischer a firmarne la regia, l’autore è Roland Crandall, storico animatore dello studio. Ci mette circa sei mesi a realizzare da solo l’intero film. Oltre che aver lavorato alla serie dedicata a Betty, Roland nel 1933 crea, insieme a Seymour Kneitel, Popeye, l’altro grande successo targato Fleischer.

La voce di Betty è quella di Mae Questel. Mae è nata a New York nel 1908. La sua famiglia di ebrei ortodossi non approva il desiderio della ragazzina di dedicarsi allo spettacolo, ma Mae è bravissima a fare le imitazioni, a diciassette anni vince un concorso per giovani talenti che le permette di lavorare in tanti locali della città. Una delle sue imitazioni più riuscite è quella della cantante Helen Kane e quando Fleischer, che ha creato Betty Boop basandosi proprio su Helen, ascolta Mae, la ingaggia per doppiarla.

Per Betty Mae non si limita a imitare la voce infantile e un po’ chioccia di Helen, ma aggiunge una sensualità che richiama il fascino di Clara Bow, un’altra delle icone dell’età del jazz.

Quella voce così caratteristica, dal 1931, contribuisce a creare il successo di Betty Boop. E quando nel 1988 Betty farà un’apparizione in Chi ha incastrato Roger Rabbit sarà ancora Mae, ottantenne, a dare la voce al “suo” personaggio.

Mae Questel

Per Fleischer Mae è anche la voce di Olivia. Almeno fino a quando gli studi sono al 1600 di Broadway. Quando nel 1938 Fleischer decide di spostarsi a Miami, questa figlia di New York non vuole trasferirsi e il lavoro passa a Marge Hines, che ha doppiato Betty Boop in Dizzy Dishes e nei primi cartoni della serie.

Un altro che fatica a staccarsi da New York è Woody Allen che vuole sia Mae a cantare Chameleon Days in Zelig e a interpretare sua madre nell’episodio Edipo relitto in New York Stories.

Dieci anni dopo – e soprattutto sei anni dopo quella, castigatissima, di Disney – arriva nei cinema una Biancaneve ancora più sexy di Betty Boop. Ed è nera.

Negli anni Quaranta Robert Clampett, nato a San Diego nel 1913, è uno degli animatori e registi che realizzano per la Warner i cartoni animati delle due fortunate serie Looney Tunes e Merrie Melodies. Robert ama il jazz e una sera del 1941, dopo aver visto una replica della rivista di Duke Ellington Jump for Joy, si ferma a parlare con il Duca e gli altri interpreti dello spettacolo. Tutti gli chiedono di realizzare un cartone animato con neri come protagonisti. Al cinema sono già usciti film con soli interpreti di colore, come Cabin in the Sky e Stormy Weather, perché non può esserci anche un cartone animato “nero”?

Quella sera nasce l’idea di una parodia del più celebre cartone animato della storia del cinema, l’incredibile successo di Walt Disney del 1937, premiato dall’Academy con un Oscar speciale in cui la statuetta è attorniata da sette piccoli “oscar”.

Robert e tutti i suoi collaboratori passano diverse sere al Club Alabam, il locale sulla Central Avenue, che è il cuore della musica nera a Los Angeles.

Robert Clampett, premiato nei Settanta

Il 16 gennaio 1943 esce nei cinema Coal Black and de Sebben Dwarfs.

C’è questa regina, una grossa matrona nera che vive in un castello. È molto ricca, la sua stanza è piena di ogni ben di dio: oro, ma soprattutto pneumatici, zucchero, caffè, gin. Siamo durante la seconda guerra mondiale e quindi è facile capire che la regina è diventata ricca con la borsa nera. La regina ha tutto, ma vuole un principe. Così lo chiede al suo specchio magico. E in un baleno, a bordo di una macchina di lusso, arriva il principe Chawmin’, che sfodera un sorriso dove brilla una splendente dentatura d’oro, ne mancano solo due, ma sono sostituiti da dadi. L’attenzione del principe però si concentra sulla giovane cameriera, che si chiama So White, e subito perde la testa. Effettivamente So White è splendida, ha due grandi occhi neri, le curve nei punti giusti e due lunghissime gambe. Indossa una paio di hot pants e una camiciola che non lasciano molto spazio alla fantasia.

Il principe e So White cominciano a ballare, scatenando l’odio della regina, che chiama al telefono la Murder Incorporated, con l’ordine di eliminare la ragazza. I killer arrivano a bordo del loro furgone, su cui è impresso il loro tariffario: ” chiunque per un dollaro, e la tariffa si dimezza per un nano. Ma sono patriottici – in fondo c’è la guerra – e quindi l’elenco si conclude con. “Japs: free”.

Coal Black and de Sebben Dwarfs

I killer rapiscono So White, ma la liberano al limite di un bosco. Quando la ragazza esce dal furgone i sicari appaiono molto soddisfatti: le impronte di rossetto sulle loro faccia fanno capire come So White li abbia convinti a liberarla. Nel bosco la ragazza incontra i sette nani, sette piccoli e maldestri soldati che “arruolano” immediatamente So White come vivandiera del loro piccolo reggimento.

La regina medita vendetta. Indossato un grande naso che la fa assomigliare a Jimmy Durante, si traveste da venditrice ambulante e raggiunge l’accampamento dei sette nani. So White mangia la mela e cade a terra. I nani si accorgono di quello che è successo, si vendicano della regina, ma non riescono a svegliare la loro amica. Pensano che l’unica soluzione sia chiamare il principe Chawmin’, che bacia So White, ma non succede nulla, la ribacia, e ancora e ancora, fino a perdere il fiato e a invecchiare prematuramente. A questo punto Dopey, il più giovane dei nani – l’equivalente di Cucciolo – stampa un bacio in bocca a So White e la ragazza si sveglia. Il principe gli chiede come abbia fatto. “Segreto militare”, risponde il nano soddisfatto.

Mel Blanc

Per realizzare il progetto, oltre alla sua squadra di animatori, Clampett coinvolge alcuni artisti neri. La voce di So White è quella di Vivian Dandridge, la sorella maggiore di Dorothy. Mentre Ruby Dandridge, loro madre e un’attrice già nota a Hollywood, è la regina. Ma per le voci di tutti i sette nani si affida al grande Mel Blanc, la voce di Bugs Bunny, Duffy Duck, Porky Pig, Silvestro e Titti, Beep Beep e Wile E. Coyote, e praticamente di tutti gli altri personaggi dei cartoni animati della Warner.

Il cartone animato riscuote immediatamente un grande successo, incontrando sia il favore del pubblico che quello della critica. Ma già qualche mese dopo la National Association for the Advancement of Colored People chiede alla Warner di ritirare il cartone animato.

Presto la casa di produzione accetta di ritirare dai cinema il cartone animato, come altri dieci che hanno caratteristiche simili. Sono i cosiddetti Censored Eleven, undici cartoni animati della stagione d’oro della Warner, che non verranno più trasmessi neppure in televisione, se non in programmi che ne stigmatizzano il razzismo.

Ed effettivamente Coal Black and de Sebben Dwarfs è un campionario di tutti gli stereotipi con cui la cultura di massa americana ha presentato i neri per decenni. Sorridiamo di fronte a quelle gag, ma ci arrabbiamo perché la nostra sensibilità ormai non è più disposta a tollerare una comicità del genere. Certo Robert Camplett non è razzista, ma proprio questo ci rende ancora più arrabbiati, se un artista come lui ha potuto scrivere uno spettacolo del genere. E ci fa pensare che questo modo di raccontare i neri è stato interiorizzato anche dagli stessi americani di colore, che pure hanno partecipato alla realizzazione del cartone animato. E probabilmente hanno riso di fronte a quelle battute così offensive.

Certo la società è molto cambiata da allora, ma le polemiche che sono seguite alla scelta di affidare a Rachel Zegler la parte di Biancaneve ci dice che il cammino è ancora in salita (continua, la prima parte della serie di Luca Billi su Biancaneve, qui)

  • Luca Billi ha pubblicato il romanzo Anything Goes (Villaggio Maori Edizioni). Anything Goes è anche uno spettacolo teatrale. Per tenersi informati, qui
I social: