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Fai che farlo. Frammenti di vita e design di Elio Carmi

Un grafico ebreo che rivoluziona la grafica editoriale del settimanale cattolico Famiglia Cristiana. Questa sì che è una storia da raccontare.

Lui è Elio Carmi, designer e creativo che, da art director della Carmi & Ubertis, nel 2021 ha anche vinto il Compasso d’oro, il più antico e il più autorevole premio mondiale di design, per aver realizzato l’immagine identitaria delle Gallerie degli Uffizi di Firenze, come a dire la brand di quello che può essere considerato il Louvre italiano.

Elio Carmi, designer e creativo. E molto altro: ebreo, figlio di Nella e Dario, innamorato e marito di Laura, padre di Daria, Daniele e Diletta (e, di recente, anche bi-nonno, di Edna e di Leone, nati a distanza di pochi giorni l’una dall’altro), Elio goloso di salvia fritta, Elio con scarso interesse per i numeri e una spiccata vocazione per il disegno, Elio insegnante, sperimentatore, comunicatore.

Arriva un giorno in cui si mette in testa di capire in che modo tutti questi segmenti si sono intersecati mettendo insieme un’unica identità. La sua.

A dire il vero «l’esigenza di fare un bilancio della propria vita non è poi una cosa originale…», lo riconosce da sé. Tuttavia, Elio Carmi è della classe 1952, questo potrebbe essere il momento giusto, o potrebbe aspettare ancora, o potrebbe non farlo mai. C’è, invece, un’urgenza, che arriva da fuori di sé, ma che si insedia in lui prepotentemente. Perché Elio è anche casalese, figlio di quella terra in cui l’amianto ha sparato e spara alla cieca sulla sua gente. È la conseguenza di ottant’anni di intensa attività produttiva della fabbrica Eternit che aveva illuso presentatosi come portatrice di sviluppo collettivo e ha finito per presentare il conto di quel vano benessere. L’amianto, infatti, partorisce un figliastro malvagio: si chiama mesotelioma, è un cancro molto aggressivo e tenace. In verità, non ci si ammala solo a Casale Monferrato, non è indispensabile aver lavorato all’Eternit, basta aver respirato quella fibra, chissà dove, chissà quando, così, semplicemente di passaggio.

Ecco, c’è questo nuovo segmento, indesiderato e despota, con cui Carmi si trova a fare i conti.

Come si può mettere tutto insieme per ricostruire il senso di una vita?

Elio ha cominciato a raccontare pensieri sparsi, spesso indifferenti alla cronologia. Io ho preso una Bic, un quaderno e sono stata ad ascoltare, e ad annotare. Perché proprio io? Forse perché sono casalese anch’io, forse perché l’amianto anche a me ha segnato la vita e mi inchioda da 40 anni a scrivere di storie umane, di battaglie sociali e giudiziarie, di speranze, di auspicate pacificazioni.

Non sapevamo bene dove saremmo andati a parare, ma siamo partiti da un monito condiviso: fai che farlo, che è diventato poi il titolo del libro, edito da Fausto Lupetti. Fai che farlo. Frammenti di vita e design di Elio Carmi. Testi di Silvana Mossano.

Fai che farlo Elio Carmi Silvana Mossano Lupetti editore

Alla fine, sì, quel progetto ha preso la forma di un libro che raccoglie un racconto lungo una vita, tra esperienze scolastiche e formative (poco edificanti all’inizio, molto soddisfacenti poi), storie famigliari, viaggi, l’identità ebraica, prima più blanda poi approfondita e consolidata (da alcuni anni Carmi è il presidente della Comunità israelitica casalese), l’insegnamento, la partecipazione alla vita pubblica amministrativa, gli incontri con personaggi speciali e con artisti contemporanei di fama internazionale (da Luzzati a Mondino, solo per fermarsi a un paio di citazioni) e, soprattutto, l’avventura straordinaria nel campo professionale del design e della creatività che, all’epoca dei suoi primi passi, almeno in Italia era ancora assai poco delineata.

Si trovano, nel volume di 270 pagine, innumerevoli marchi realizzati per aziende più o meno grandi, più o meno note, e appunti su celebri brand create, oltre che per le Gallerie degli Uffici e per il restyling della grafica di Famiglia Cristiana negli anni Novanta, anche per Padiglione Italia a Expo 2015, per la Venaria Reale, per ditte come Dainese, Cerutti, Nestlé (con la rivoluzione grafica del packaging del panettone Motta) e molti, molti altri.

La narrazione di Fai che farlo, che si presenta al lettore come un percorso ordinato delle nostre lunghe conversazioni estive, si snoda non soltanto attraverso le parole, ma afferra il lettore attraverso le immagini: marchi, segni, fotografie di volti e di luoghi, a cui Carmi ha dedicato una cura scrupolosa e precisa.

A partire dalla efficacissima fotografia in copertina di Elio che, con i suoi azzurrissimi occhi sgranati, fa una linguaccia. A chi? Alla malattia? Agli accidenti della vita? A chi gli ha messo qualche volta il bastone tra le ruote? Agli inciampi, alle delusioni, che inevitabilmente punteggiano ogni esistenza?

«Forse» si interroga Elio Carmi «questo libro è solo frutto del narcisismo di un settantenne che sente che il tempo fugge?». Ci pensa su e, poi, si dà anche un’altra spiegazione: «È la voglia di comunicare quanto importante sia la relazione, quanto mi ha aiutato l’incontro, lo studio, la vicinanza degli altri. Questa mia narrazione potrebbe essere simile a molteplici altre, con intrecci e connessioni magari inaspettate», ma comunque tutte «parti di un mondo in divenire».

 

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