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Allonsanfàn
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Coup de chance. Provaci ancora, Woody, qualcosa non funziona

Il filmatino con cui, prima dell’inizio di Coup de chance, Allen saluta l’affezionato pubblico italiano e butta lì che forse, un giorno, chissà, tornerà da noi per girare un film anche nella nostra lingua, è adorabile.

Intanto questa volta l’ha girato in Francia, in francese, e non a caso vira sul noir. Ma se il tema resta la ferma convinzione che sia il caso a dominare la nostra esistenza, purtroppo siamo lontani dagli esiti memorabili di Basta che funzioni.

Una giovane donna un po’ immatura (Lou De Laâge) ha sposato un ricchissimo uomo d’affari (Melvil Poupaud), e si gode la sua splendida casa parigina, l’orologio Cartier, il delizioso impermeabile Burberry. Quasi per gioco, lavora in una casa d’aste.

Ma s’annoia, in fondo al primo giro aveva sposato un musicista spiantato, il richiamo bohémien è dietro l’angolo e si incarna in un ex compagno di liceo (Niels Schneider), aspirante scrittore, che ha sempre avuto una gran cotta per lei. Si ritrovano per caso e diventano amanti.

Il marito, uomo geloso e abituato a controllare tutto con esibito esprit de géométrie, subodora qualcosa di strano e ingaggia un detective per scoprire la verità. Ah, dimenticavo: va a caccia, quindi ha il porto d’armi.

C’è anche la mamma di lei (Valerie Lemercier), distratta, ma non poi troppo, che un po’ usufruisce dei benefit del genero, un po’ lo scruta con sospetto.

La coppia del film

Siamo di fronte a un Allen di quelli che diventano cupi – alla Crimini e misfatti, per intenderci – e memori di quel che è riuscito a dirci in questi casi, si potrebbe gioire, si aspetta che il film prenda corpo. Purtroppo invece non lo prende mai del tutto, e il difetto sta nel manico: la coppia di protagonisti sprizza da tutti i pori una vacuità da rendere abbastanza arduo interessarsi al loro destino.

Detto più chiaramente: la fanciulla è molto attraente. Punto. Quando il marito, rievocando il loro primo incontro, le dice più o meno: «Ti vidi così bella, e ti confesso che la prima cosa che ho sperato è che tu non fossi un’oca», verrebbe da rispondergli: «Speranza vana». La copia di Anna Karenina che si portava appresso a scuola probabilmente aveva una cover che s’abbinava bene al dolcevita, ma sul fatto l’abbia letta veramente, da come parla e ragiona, sorgono forti dubbi.

A occhio e croce, Fanny dovrebbe essere sui 35 anni, ma dai tempi del liceo non pare molto cambiata. Viziata, capace di vivere con qualche senso di colpa la love story extra coniugale, ma tempo un mese, ritrovarsi a organizzare la cerimonia per rinnovare i voti di matrimonio, sempre splendidamente vestita, perché va bene la poesia, ma in fondo, col Burberry addosso, non c’è tempesta del cuore che non si plachi con agio.

Stessa cosa dicasi per l’amante, l’eterno studente di liceo, che ovviamente vive ogni cliché parigino: lo studio con travi a vista, la scrittura rigorosamente a mano, la giacca di velluto a coste. I loro dialoghi sono un concentrato di banalità, «Per me la poesia è davvero la cosa più bella», e va bene che da innamorati ci si rincoglionisce, ma a loro viene un po’ troppo naturale, fin da subito.

Senza scomodare Diane Keaton e Mia Farrow, non si può non rimpiangere certe indimenticabili protagoniste come Evan Rachel Wood nel già citato Basta che funzioni, Scarlett Johansson in Match Point, persino Selena Gomez in Un giorno di pioggia a New York. Insomma, personaggi femminili scoppiettanti e scritti da Dio, che ti viene davvero voglia di seguire in capo al mondo senza mai un sottofondo di noia. Che poi Woody potrebbe anche averlo fatto apposta, a disegnare un’altissima borghesia vuota, con l’etica che si lascia carezzare da un viaggio in Polinesia o da un astice ben cucinato, ma il fatto venga il dubbio non è mai un buon segno.

Alla fine, in questo film pure godibile, ma non certo imperdibile, l’unico personaggio veramente interessante è il cattivo.

Mi sbaglierò, ma per lui Woody deve aver letto qualcosa del Simenon che a un certo punto viene citato. Il passato da debole, la voglia di rivalsa, le piccole ossessioni – i trenini elettrici come quelli veri de L’uomo che guardava passare i treni? – lampi che incuriosiscono. Come è azzeccato e più che mai attuale il tema del controllo totale sulla propria donna, della gelosia morbosa.

Manca il guizzo vero. Next time!

  • La recensione è apparsa sul gruppo di FB di Trenidellanotte che ringraziamo
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