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Allonsanfàn
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E la festa continua! Robert Guédiguian, la rivoluzione, l’amour

Ci vorrebbero due vite: una per aiutare se stessi, la seconda gli altri. Così pensa Rosa (Ariane Ascaride), mentre nuota in piscina, unico lusso solitario che si concede, amorosamente spolpata viva dai due figli, le nipotine, la politica attiva e il lavoro faticoso da infermiera in ospedale. A dire il vero, la notte si concede anche i sogni, e lì abita ancora suo padre, povero ma bello, emigrato dall’Italia, che l’aveva battezzata pensando alla Luxemburg.

Vedova da molti anni di un armeno, la donna abita a Marsiglia, dove le disparità sociali finiscono per seppellire – in senso letterale – i più deboli. Le palazzine fatiscenti crollano e uccidono, Rosa e la sua famiglia fanno parte di quelli che non si voltano dall’altra parte. Robert Guédiguian è un regista militante, il Ken Loach francese, ma è l’ultimo dei romantici, per lui la rivoluzione deve andare a braccetto con l’amour. E qui si è innamorato il figlio minore di Rosa, Sarkis (Robinson Stévenin): vuole sposare Alice (Lola Navmark), aspirante attrice, anche lei impegnata nel sociale, che preferisce il teatro di strada alle fiction borghesi. Col padre Henri (Jean-Pierre Darroussin), ex libraio, Alice è un po’ in rotta, ma con ampi margini di miglioramento, perché l’uomo è un pezzo di pane, e presto verrà risucchiato con gioia dalla famigliona di Rosa, che comprende anche Antonio, come Gramsci (Gérard Meylan), un fratello comunista ortodosso, anziano donnaiolo che s’addormenta leggendo un libro intitolato Grèves (Scioperi). L’amour, sorpresa, viene a trovare anche la stanca Rosa, quando il suo cuore ricomincia a battere proprio per il futuro consuocero, il padre di Alice. E la festa continua! (Et la fête continue!), le battaglie anche, anzi, è un eterno ricominciare! Non è finita finché non è finita. Ecco, forse il film doveva finire un quarto d’ora prima, ma Robert lo si perdona volentieri. Averne, da noi, registi che osano scegliere attori con facce e corpi normali, anche coi nasoni, i sederi grossi, le pance, anziché le nostre smaltate, improbabili eterne ragazze

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