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Saverio Fattori. 12:47, l’ora esatta del romanzo di fabbrica

12:47 (CN Oligo 2025) di Saverio Fattori riprende e rilancia, com’è accaduto per Acido lattico (2022), un testo estremo, estremo come contrario di moderato, dello scrittore di Molinella – ma poi Fattori ha scritto qualcosa che non sia estremo? – fondato su un’esperienza personale alla catena di montaggio.

Ad apertura di pagina di 12:47 mi accorgo che, tra tanti antenati nobili, va citato almeno il Volponi di Memoriale, il quale immagino piaccia molto a Fattori, piaccia almeno come il Trevisan di Works.

Non intendo affatto schiacciare Fattori sotto il peso di una tradizione – il romanzo operaio – ma piuttosto desidero fargli i complimenti per aver tentato di portare un po’ più avanti – lui corridore oltre il dolore – la fiaccola nel solco di una lunga staffetta, di aver provato a recare l’umano nel disumano di un carcere panottico che produceva tra l’altro splendida componentistica, addirittura climatizzatori per Ferrari, e che si trovava in una Cittadella, un’area rosa nel campo rosso del PCI, ovunque lodata…

12:47 Saverio Fattori

Infatti. 12:47 è un romanzo ruvido e appassionante, che raccoglie il monologo ragionevolmente ossessivo di Ale, tecnico del Controllo Qualità, un “piccolo caporale” finito in paranoia quando, senza motivo apparente, viene relegato alla catena di montaggio.

Già inetto e comicamente inadatto ai nastri di partenza, ovvero all’epoca di un medievale fordismo, tra capireparti brutali ma paterni sempre con la cicca a fior di labbra e ragazzi ancora incantati dall’ingaggio a tempo indeterminato – ma il posto fisso non era, per i più evoluti, una sorta di stato di default cerebrale? – l’operaio Ale si trova a precipitare a vite nell’evo contemporaneo della produzione, isterica e parcellizzata.

Il suo inferno claustrofobico si popola di persone reali che paiono fantasmi, dopo essere transitati dal “vogliamo tutto” balestriniano a un desolato “non vogliamo niente”. Nessuno si salva, da solo o in gruppo: dai colleghi amorfi o danneggiati ai direttori di stabilimento, tipi molto post olivettiani che mollano presto il colpo a favore di automi i quali per parere empatici scaricano da Google foto di bambini da esporre sulla scrivania. Ale stesso, al momento dell’assunzione, ha pensato che in fondo non avrebbe avuto meno significato morire per overdose in un cesso della stazione. Comunque: l’eroina, tirata strategicamente come calmante nei tre giorni centrali della settimana, e gli auricolari saranno i suoi più efficaci strumenti di difesa sul lavoro.

A differenza degli altri, però, Ale guarda e vede e stravede: sull’orlo del crollo o già più in là, è l’operaio di catena che mentre spiega la fabbrica e ne specifica i mutamenti – per esempio quando diventa “americana” -, ritrae in un linguaggio a sua volta economico e svelto, meccanico e fattuale, la brutale vita di lavoro che gli sta mangiando l’anima. La fabbrica di Fattori (cioè colui che dà voce a Ale) è prima di tutto linguaggio, ritmo delle frasi, incastri di parole simili alle coreografie composte dai gesti ripetuti e enigmatici della produzione…

Saverio Fattori è un outsider di talento. È partito scrivendo questo testo a puntate per il blog Carmilla, ammirando Estensione del dominio della lotta di Houellebecq e forse il già citato Volponi (che però non ricorda di aver letto). Ma accanto ai più prevedibili santini di Bernhard e Bukowski, ha accostato persino il Fantozzi di Villaggio. Gli è venuto così un gioco di prestigio letterario che lo allontana dall’area mestamente sociologica del diario di denuncia o da quella dell’asfittico memoir.

Annoto che come Acido lattico e l’ambizioso Finta pelle (2020), 12:47 parla del corpo – devo usare la c maiuscola? – il corpo usato e idealizzato e martirizzato dei romanzi di Fattori, al punto da diventarne tema privilegiato: un corpo non pacificato, anzi, iper allenato alla corsa, o inchiodato dagli aghi della dipendenza, o in cerca di riscatto nel sesso, o messo a dura prova dal capitalismo, che sia avanzato o straccione… Qui il corpo entra dritto e si piega nel meccanismo della produzione.

E mentre noi pensiamo alla microfisica del potere di Foucault, Ale immagina e mette a punto quel che gli sembra l’inevitabile conclusione per lui e la giusta sorte per l’azienda-fabbrica divenuta da madre matrigna e, insieme, casa mondo e oltre mondo. Le 12:47 sono l’ora di massimo affollamento in mensa…

12:47 Saverio Fattori

Come andrà a finire? Qui un breve assaggio di testo mostra come l’outsider Fattori possiede, oltre all’ironia, anche lo charme letterario di chi sa perdere con stile – cioè all’interno, come si è detto, di uno stile. Quindi ricopio:

«…Non importa, stiamo combattendo per nulla, tra pochi mesi la vecchia strega finirà l’ultima goccia di latte, gli estratti conto si asciugheranno, tutto verrà trasferito in Slovenia, o in un posto del genere. Questo luogo diventerà un ipermercato o un bowling, e perderà la sua memoria. Le pietre torneranno pietre, nessuna pietra è matrigna, i mostri si riveleranno mulini e allora forse capirete. Io sarò l’alcolizzato del bar del bowling, darò fastidio alle cassiere, racconterò le storie antiche di questo posto, parlerò a vanvera di grafici e organigrammi, di First Time Quality, di Value Stream, citerò gente morta oppure esistita solo nella mia mente.
Fermerò clienti, li chiamerò con il nome di ex colleghi, inseguirò fantasmi. Il fidanzato della cassiera fingerà collera, poi pietà, dissuaso dalla ragazza eviterà di colpirmi. Io continuerò, petulante: vedi, in questo punto, dai video poker…  fino oltre i biliardi a stecca… qua c’era la linea di assemblaggio della Ferrari-Maserati; facevamo i condizionatori che poi andavano montati, ma ti piace la Ferrari, piace anche a te, no? Piace a tutti la Ferrari… Daniela, a me le macchine basse sembrano ridicole. Non salirei mai su una Ferrari, mi sentirei una prostituta, o un pappone, la nostra è una società criminale, nessuna persona onesta potrebbe permettersi un’auto così bassa, solo un essere indecente non si sentirebbe in imbarazzo. Non lo so da quanto tempo non faccio un giorno di malattia. Mi hai preso in contropiede».
«Ecco, infatti. Ripigliati. Io adesso devo andare. Tu sparisci, riposati qualche giorno, almeno una settimana. Hanno ragione».
«Chi?»
«No, niente».
«Chi?»
«Tutti».
«Tutti chi?»
«Tutti quelli che dicono che sei pazzo».
«Chi dice che sono pazzo?»
«Tutti».

Non resta che leggere, io confermo, e intanto applaudo Fattori.

Saverio Fattori (Molinella, 1966) ha pubblicato Alienazioni padane (2004) e Chi ha ucciso i Talk Talk? (2006) per Gaffi, L’errore più geniale (Meridiano Zero 2019), Finta pelle (Marsilio 2020), Acido lattico (Gaffi 2008 e CN Oligo 2023) e 12:47 (Gaffi 2012 e ora CN Oligo 2025). Collabora con il mensile Correre.

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