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Marta Barone: alla ricerca del padre nella Città sommersa

E memoir sia: intorno ai trent’anni e in un momento di stallo della sua vocazione (scrivere, ha già pubblicato libri per ragazzi), la protagonista della Città sommersa è costretta a fare un passo a lato, ad avventurarsi in un’indagine che le permetta di inquadrare facce e fatti in precedenza creduti ignorabili.

Ecco allora che l’alter ego di Marta Barone, svelto e solitario, mentre vaga per Torino e Milano, tra un lavoro e l’altro nell’editoria, mette a fuoco quel suo romanzo che doveva scriversi quasi da sé, pensava, e così non è stato. Il girovagare del presente diventa quasi a sorpresa un girovagare nel passato per ricostruire la figura paterna da sempre assente-misteriosa-disturbante. Il padre medico-operaio, ma tante altre cose, che divenne – forse e addirittura – terrorista di Prima Linea o in qualche modo riuscì contiguo alla banda armata.

“Chi era mio padre?” si chiede a un certo punto della vita e del libro la protagonista del memoir. “Non avrei pensato un giorno di farmi una domanda del genere”. Appunto: per conoscere il ragazzo che correva in una notte d’inverno, sotto la pioggia, scalzo, sporco di sangue, la figlia dovrà passare attraverso gli anni e gli eventi che conducono a quel momento, alla pagina che, come in un thriller, ci ha anticipato. Per una volta, “quando il gioco si fa duro”, Marta non scappa “a leggere da qualche parte”. Anzi, scrive.

Tra articoli e lettere, foto e documenti, incontri e confessioni, Marta mette in prosa l’essenziale e il bric a bràc che hanno fatto diventare così come sono (o sono stati) il padre e la figlia. La figlia e il padre, perché il presente e il passato nella corrente narrativa del racconto vanno spesso a due sensi di scorrimento.

Quando le difese psicologiche di chi indaga, dissolvendosi a poco a poco, ci lasciano vedere quella sua visione della memoria che può chiamare realtà – o, almeno, realtà del romanzo – il quadro si fa storia: racconto dell’immigrazione a Torino e delle lotte operaie, oltre che chanson de geste – oggi così difficile da comprendere – del piccolo e settario partito comunista leninista di Aldo Brandirali.

Città sommersa è smaliziato, a volte fin troppo, negli snodi e nel tenere alto il livello della tensione, ed è attraversato da una riflessione continua sullo scrivere che è la trama nascosta, del memoir, del Bildungsroman, del romanzo, fate voi.

A margine. Quanti libri di figlie in queste stagioni, e quanti memoir: Ciabatti, Durastanti, Torre, Piano, ora Barone…

IL LIBRO Marta Barone, Città sommersa, Bompiani

Foto: Georgette Pavanati
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