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Ferrante e Starnone, basta una parola per svelare il mistero

È nelle prime righe de La vita bugiarda degli adulti (e/o), il nuovo romanzo della Scrittrice Fantasma Elena Ferrante, uno dei tanti indizi linguistici che portano allo svelamento del mistero. Basta una parola.

Due anni prima di andarsene di casa mio padre disse a mia madre che ero molto brutta. La frase fu pronunciata sottovoce, nell’appartamento che, appena sposati, i miei genitori avevano acquistato al Rione Alto, in cima a San Giacomo dei Capri. Tutto – gli spazi di Napoli, la luce blu di un febbraio gelido, quelle parole – è rimasto fermo. Io invece sono scivolata via e continuo a scivolare anche adesso, dentro queste righe che vogliono darmi una storia mentre in effetti non sono niente, niente di mio, niente che sia davvero cominciato o sia davvero arrivato a compimento: solo un garbuglio che nessuno, nemmeno chi in questo momento sta scrivendo, sa se contiene il filo giusto di un racconto o è soltanto un dolore arruffato, senza redenzione…

Noi ci siamo fermati alla parola “garbuglio”, che è un pallino della Autrice Misteriosa, situandosi al cuore della sua poetica: «Le matasse ingarbugliate mi attraggono. Credo che sia necessario raccontare il garbuglio delle esistenze e delle generazioni. Cercare il bandolo è utile, ma la letteratura si fa col garbuglio». Così Elena Ferrante in una ricca intervista a Vanity Fair USA nel 2015.

Ma esiste un altro esperto di “garbugli” nella nostra letteratura. Domenico Starnone, non a caso indicato come l’altra metà della Ferrante, quella in pantaloni, la prima essendo secondo i più accreditati studiosi del caso Anna Raja, seconda moglie dello scrittore. Ecco che cosa pensa del “garbugli” Starnone.

È di certo una parola che lo aiuta a definire la realtà: “…La ragionevolezza d’oggi, diffusa ed esibita dai media, che consiste nel ridurre il garbuglio del mondo a una giustapposizione…” (il Manifesto, febbraio 2004).

Oppure, nei romanzi dello scrittore napoletano, si presenta come forma di un’ossessione. C’è un “garbuglio” di ieri e di oggi che assedia infatti il protagonista de La labilità (2005).

Più diffusamente: “Il male, ecco, veniva dalla pretesa di sbrogliare il garbuglio irrimediabile del vissuto, e si era irradiato negli anni logorandomi l’organismo, facendolo sanguinare”. Da Lo spavento (2009).

È comunque qualcosa che segna i tempi della nostra vita, pure di quella grammaticale. L’imperfetto, per esempio, è un tempo che “… non riesce mai davvero a compiersi. Un garbuglio che ha il sigillo del passato, ma anche il cuore nel presente…”. Troviamo la citazione in un saggio, Visioni a-moderne (2010), del quale per pigrizia non siamo riusciti a risalire alla fonte originale.

Sia come sia, è un termine che Starnone usa abitualmente: “Sicché adesso chi si meraviglia più che Di Maio ritenga di poter far bene sia con la Lega sia con il Pd, anche se la prima è una pericolosa destra dalle fauci aguzze e il secondo un garbuglio che non sa più cos’è e si mette in pausa?”. In Capre cavoli e lupi su L’Internazionale (2018).

Non è un caso se già nel 2000 Lidia De Federicis, insegnante e saggista, all’uscita di Via Gemito, il più famoso dei romanzi di Starnone, scriveva sull’Indice: “Starnone dappertutto punta a raccontare il garbuglio… fra padri e figli, maestri e scolari…”. Tra best seller e Scrittori Fantasma?

Nella foto, un’immagine del serial L’amica geniale

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