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ARoma. E dopo la Raggi? Destra e sinistra molto decise. La variabile Tor Bella Monaca

Chi diventerà sindaco di Roma dopo Virginia Raggi?

Vi diciamo subito come indiscrezione che la prefettura, con motivazioni cavillose e politicamente scorrette, ha già escluso dalla rosa dei papabili la lista civica Er Canaro, che, rilanciata dal film Dogman di Matteo Garrone, si proponeva di finire il lavoro di erosione culturale iniziato dalla Raggi.

Il prossimo anno comunque si vota e i motori dei partiti si stanno scaldando.

Pochi sanno che alle Europee dello scorso anno nel popolare, nonché popoloso, territorio di Tor Bella Monaca la Lega ha sfiorato il 40% dei consensi, scalzando M5S come secondo partito in tutta la capitale.

Nella parrocchia della piazza centrale di Torbella, come i romani chiamano il quartiere, don Nuccio sta guidando la transizione dolce alla guida padana della città, tenendo delle lezioni. «Ripetete con me: chi volta el cùu a Milan, il volta al pan». E i fedeli imparano in fretta, seppur con qualche sbavatura che con tipica pazienza curiale il religioso corregge. «No chi volta er culo, porcaccia la zozza, è chi volta el cùu, facciamola sentire lunga sta uuuu sennò ci scoprono, li mortacci vostra!!!!».

È una corsa contro il tempo quella di don Nuccio e di molti altri volenterosi adepti del verbo salviniano.

Al Pigneto, quartiere che fu proletario e immortalato da Pier Paolo Pasolini, mentre nelle case a mezzogiorno in punto si consuma il tipico rito del risotto alla milanese, che i locali usano sia come aperitivo per aprire lo stomaco ai rigatoni con la pajata e all’abbacchio a scottadito sia come cura omeopatica contro il Covid-19, passando in macchina si può sentire dal campo di calcetto il coro di: «Padrun cumanda, caval el trota».

«Ma che cazzo stai a dì o è trota o è cavallo» protesta Nando Romolazzi, un meccanico che anni fa riparò la macchina di Tullio De Mauro e adesso sente il peso dell’eredità morale del vecchio intellettuale sulle sue spalle.

«Al dulur da co’ al voeur al mangià, al dulur da ventar al voeur cagà» gli risponde pacato l’insegnante di milanese in divisa verde, mandato dal capoluogo lombardo dalla scuola partito della Lega, poco prima di essere travolto da una valanga umana che emette tra altri suoni gutturali il sempreverde “famoje la stira” un’espressione poco nota fuori dalla Capitale.

Insomma, se la Lega vincerà non sarà facile amministrare un territorio che è disposto a delegare le sue radici culturali soltanto in nome di un grande condono anulare.

Ma il centrodestra a Roma ha soprattutto il volto del partito di Giorgia Meloni, che dice pane al pane e vino al vino e portace ’nantro litro che noi se lo bevemo e poi jarrisponnemo embe’ embe’ che c’è?, e sta pensando a una candidatura di forte impatto emotivo, quella del presidente della Lazio Claudio Lotito.

La Meloni è ormai un’abile politica e all’obiezione che la candidatura Lotito oltre a non piacere al 95% romanista della città non piace nemmeno al 5% laziale risponde fiera: è una candidatura che mette d’accordo tutti.

Come darle torto? Non si pensi però che Virginia Raggi nel frattempo stia ferma a guardare. I consiglieri comunali della sua maggioranza monocolore, i cinquecosi, per evitare di dover votare bizzarre decisioni adottano ormai con la sindaca la tecnica dell’orso: durante le riunioni si fingono morti. Meglio l’impasse che la debacle, commenta furtivo un consigliere grillino che ha studiato il francese ma è costretto a nascondere di aver letto un libro per non essere espulso dal gruppo.

Virginia però si dà da fare e ha istituito “Roma al tuo fianco”, una web app, già ribattezzata “Infamon”, con cui i cittadini segnalano anonimamente sovraffollamenti, lampioni rotti, abbandono illecito dei rifiuti e attraversamenti pedonali non visibili.

È forte Virginia: quando le hanno fatto notare che i problemi della città lei li doveva risolvere e non denunciare è andata su tutte le furie e ha cambiato cinque assessori in un pomeriggio per dare una lezione ai poteri forti.

Ma dove non arriva la sindaca arriva il Pd, che come primo partito della città ha in mano il pallino dell’intera operazione di rinnovamento comunale.

Il Pd a Roma sta però vivendo un dramma interno senza precedenti.

Dopo aver spianato la strada ad Alemanno candidando Rutelli, dopo aver costretto alle dimissioni il suo sindaco Marino andando dal notaio, dopo aver trovato Giachetti come candidato contro la Raggi, sembra aver finito le sue cartucce ed è in piena crisi: potrebbero essere costretti a tirar fuori per le prossime elezioni comunali un candidato credibile!

In molti dentro al partito stanno già correndo ai ripari per scongiurare questa eventualità che incrinerebbe gli equilibri politici dei dem romani.

Così qualcuno ha pensato che un ottimo modo per fare la consueta figura di merda potrebbe essere quello di ricandidare la Raggi.

Una mossa che scontenterebbe tutti sia nel M5S sia nel Pd ma soprattutto tra i cittadini, garantendo così una continuità amministrativa al Comune che potrebbe quindi portare a termine i progetti dell’attuale giunta: incendiare gli autobus pubblici rimasti, sommergere la città di mondezza, impedire le gare pubbliche per i servizi, abbattere con gli alberi che cadono pedoni e macchine inquinanti, eliminare oltre all’estate anche l’inverno romano.

«Cativa lavandera, la trua mai la buna prea» chiosa il buon don Nuccio di Tor Bella Monaca, che molti già vedono assessore alla cultura nella prossima giunta Fontana che guiderà Roma.

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