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Allonsanfàn
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Leggere. La tuffatrice di Julia von Lucadou tra il cielo e l’abisso

I lettori ossessivi compulsivi come me, appena stringono tra le mani un nuovo libro, lo esplorano come un paese sconosciuto da conquistare, lasciando la lettura del testo per ultima: prima c’è da guardare il titolo originale, Die Hochhausspringerin, la traduzione – a cura di Angela Ricci -, i ringraziamenti – per punti – e l’esergo, Edge di Sylvia Plath. Ecco qui già l’indizio perfetto che stiamo per leggere un potenziale libro di qualità perché una scelta così, raffinata e tagliente, somiglia molto a una dichiarazione di stile che non viene disattesa.

Alla sua prima prova narrativa, l’autrice tedesca (Heidelberg, 1982) – assistente alla regia e redattrice televisiva – si candida al Prize for Best Debut 2018 e allo Schweizer Buchpreis 2018 e vince lo Schweizer Literaturpreis 2019. Non male, vero? Ma tutta questa introduzione è il riscaldamento muscolare, la preparazione, per intenderci, alla lettura, al salto.

In un futuro non troppo lontano, Riva Karnovsky è campionessa elevata al ruolo di diva indiscussa di Highrise diving, lo sport al cardiopalma del salto dai grattacieli: sempre in vetta alla classifica e ai palazzi, il suo primato rimane saldo e fruttuoso, tutto quello che indossa, beve e mangia, insomma sponsorizza, vale oro, fino a quando Riva decide di smettere dall’oggi al domani, sedendosi per terra nel suo lussuoso attico in una sorta di protesta silenziosa a far girare una trottola di legno, ora dopo ora, giorno dopo giorno.

Gli sponsor e l’allenatore non possono perdere la gallina dalle uova d’oro e ingaggiano la giovane e promettente psicologa Hitomi Yoshida che osserverà Riva h 24 per riportarla ai fasti del successo. Ma osservare l’abisso è uno sport pericoloso, più del salto nel vuoto che trascinerà verso il fondale della coscienza anche Hitomi, facendole perdere il controllo in una società dove tutto è regolato da standard, parametri e crediti. Anche lo stato di salute è regolato dall’Activity tracker che lampeggia e strilla se non vengono completati gli esercizi di Mindfulness, perché non c’è spazio per l’improvvisazione.

La crisi di Riva innesca quella di Hitomi in un crescendo narrativo coinvolgente per arrivare a un finale inaspettato – per fortuna. Al lettore attento non potrà sfuggire una sorta di omaggio all’immensa Margaret Atwood e poi un ricordo, quasi in sfumature contemporanee, del rapporto tra Jane Eyre e Helen Burns alla Lowood School, che Hitomi fa emergere dai suoi ricordi d’infanzia con la compagna di collegio Andorra.

La distopia, genere molto controverso e per un periodo definito nerd, ultimamente sale dal baratro verso una nuova vita, ma imbrigliare questo romanzo – sicuramente non perfetto ma meritevole di un’avida lettura – in una classificazione netta è riduttivo e troppo semplicistico. Forse perché una distopia la stiamo vivendo anche noi, fino alla prossima app.

Brava la Lucadou che riesce a tenere benissimo e tutti assieme i fili complessi di un romanzo che guarda la realtà attraverso gli specchi convessi della fiction.

IL LIBRO Julia von Lucadou, La tuffatrice (Carbonio)

  • Elsa Riccadonna, bibliotecaria dal 2006, ha parlato di libri in radio e modera incontri con gli scrittori a Mantova e dintorni
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