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Allonsanfàn
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L’immagine del Cavaliere che non poteva invecchiare

Ho rivisto a tranci, un po’ distrattamente, il film Loro di Paolo Sorrentino e ammetto che in questi giorni drammatici per il Cavaliere può provocare qualche nostalgia del berlusconismo. In particolare ai più anziani e ai più sensibili – accade come ai vecchietti che, giovani ai tempi del fascio, pensano che Mussolini in fondo in fondo… Soprattutto Loro2, perché è puntato sul declino, sulla vecchiaia, sul senso di nulla e di morte che attanaglia il protagonista. Il padrone del mondo? No, un omuncolo dalle palpebre pesanti in pigiama e ciabatte. Se volete, Loro è un saggio antropologico sul potere (virile) e la sua perdita impostato in modalità Canale 5.

Le immagini di quel monarca in disarmo fanno cortocircuito con l’attuale prigionia di Silvio Berlusconi, uomo malato e dolente ricoverato nella suite del celebre Reparto Solventi del San Raffaele, oggi presidiato dai cronisti avidi di una boutade o di una gaffe sanitaria del professor Zangrillo.

È Berlusconi stesso, del resto, il colpevole (involontario?) di questa situazione: ha reso lui mediatica la sua corte di esperti, assoldandola e affidandola alla visibilità del potere immaginario di chi scalda per vanità un posto in Parlamento o sta perennemente a tiro di telecamera.

Quel che vale per la televisione, lo conferma amabilmente pure il film di Sorrentino, dovrebbe essere tenuto separato – per nostra salute mentale – da ciò che capita nella vita reale. Sono due universi che non comunicano poi così fluidamente.

Ma non per il Cavaliere: lui ha spacciato e venduto la sua invidiabile giovinezza usando fin dall’alba della discesa in campo gli obiettivi velati e ha combattuto da sempre con una superstiziosa forma di chirurgia ogni traccia del tempo che passa.

Come l’ammiccante Servillo che lo imita in Loro, Berlusconi sapeva benissimo di imbrogliare, ma forse, come in una sit com dall’esito tutto sommato prevedibile, il venditore di sorrisi ha finito per truffare se stesso. Lui, primo inter pares, lui primo delle sue soubrette.

Un ricordo: fresco di controllo sulla Mondadori, il Cavaliere riforniva le testate della casa di sue foto imbarazzanti, perché ritoccate e taroccate in un’epoca in cui Photoshop era di là da venire. I capelli sembravano aggiunti a pennarello, i lineamenti del viso erano indefiniti, quasi fuori fuoco, proprio come oggi appare nei suoi programmi una qualsiasi Barbara D’Urso.

Guardavamo queste foto e allibivamo perché ci parevano non solo brutte ma oltre il ridicolo. Chissenefrega dei nostri parametri radical chic, si direbbe ora. Quelle immagini orribili esteticamente, nei gusti dell’uomo ritratto rimasero probabilmente le più amate e le più vere (perché più false) e infatti vennero usate centinaia di volte durante le campagne elettorali e persino quando, da Presidente del Consiglio, Berlusconi arruolò come artista di corte un signore dell’obiettivo come Giorgio Lotti.

Terminato il film – e dopo che Toni Servillo ha finito di vendersi con la cinica arguzia che crediamo sia in dote anche nel prototipo – confrontiamo il sovrano in disarmo nella Sardegna sofisticata reinventata da Sorrentino con l’immagine che di Berlusconi rimandano i social network.

Complice la malattia, gli auguri appassionati e le maledizioni varie, FB è stato invaso da un’orgia di scatti dell’ex uomo della provvidenza tv, cioè da quell’orgia di foto – sofisticate anch’esse, ma a modo loro – che conosciamo da decenni.

Tutte uguali meno una, correlata a un’estrema televendita politica: la foto di Paul Stuart che nel 2014 (!) ritrasse il Cavaliere per il Sunday Times, sancendone con il permesso dell’uomo, anzi in combutta con lui, il decadimento fisico. È un Berlusconi in bianco e nero, in primissimo piano, più che vecchio è decrepito, con i pori della pelle dilatati come gomma bruciata e le guance e la fronte simili a un paesaggio lunare. Ma di rughe, di rughe vere, non se ne vedono neanche qui.

Medici a margine Oggi domina Alberto Zangrillo, ma appena ieri a sentire il polso di Silvio Berlusconi c’era un enfant prodige della neuroendocrinologia trasformatosi in una sorta di Adriano Panzironi ante litteram. Non è colpa di Silvio. Certo, il professor Umberto Scapagnini era furbo e piacione di suo, e alla fine ha pagato pegno: verrà ricordato più che per meriti scientifici per aver primeggiato nella lunga serie di esperti di pronto consulto del Cavaliere. Scapagnini fu svelto ad assecondare in Berlusconi un desiderio di immortalità da varietà tv, predicando le virtù della giovinezza eterna, l’amabilità del vecchio che non deve chiedere mai, la forza del nonno che vanta la carrozzeria di un quarantenne. Lo scherzo del destino è che fu Scapagnini (divenuto Sindaco di Catania, tra una dichiarazione e l’altra sul corpo del capo) a morire presto.

 

Credit: “EPP Summit, 19 October 2017” by More pictures and videos: connect@epp.eu is licensed under CC BY 2.0

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