Saliti all’ultimo piano di una scalcinata casa della periferia palermitana, piena di mobili, quadretti e cianfrusaglie – quelli che accompagnano la vita di ogni famiglia e sono destinati, quanto chi ci abita in mezzo, al logorio implacabile e struggente del tempo -, Emma Dante (1967) ci presenta cinque sorelle, bambine e ragazzine, all’esordio di una giornata al mare che si preannuncia allegra e spensierata, e si rivelerà in ogni senso indimenticabile.
È un racconto scheggiato ed emotivo, quello della regista siciliana, tutto fatto di ellissi, che si divide in tre capitoli, ognuno dei quali corrisponde a un’età delle protagoniste – l’infanzia, l’età adulta, la vecchiaia – e però tornerà sempre al trauma di quel lontano giorno di sole.
Basta 1 ora e 34 minuti a Emma Dante per raccontare una vita intera, anzi cinque vite che, quasi senza che ce ne accorgiamo, ci passano sotto gli occhi, enigmatiche e chiare come in un sogno, e si consumano in un lampo di gioia o di infelicità, prima di scomparire nel nulla.
Rimarranno i colombi: le sorelle Macaluso li allevavano per affittarli a battesimi e matrimoni e, una volta liberati, tornano sempre a casa.
Il film sceneggiato con Giorgio Vasta ed Elena Stancanelli riprende lo spettacolo teatrale del 2014 e lo semplifica, ma non lo banalizza, anche quando sceglie le canzoni di Battiato o Nannini per scene ad alto contenuto sentimentale.
Si dirà che i difetti sono i colpi di teatro – per esempio la sorella, vestita da ballerina, che sceglie la fine della cena per una rivelazione drammatica -, ma Dante proprio dal teatro viene. E ha scelto bene le 12 attrici che interpretano le cinque donne: tutte bravissime. Uomini invece non ce sono, ma non è un caso opposto del Festival della Bellezza di Verona, nessuno protesterà, perché drammaturgicamente non se ne sente la mancanza.