“I Balcani producono più storia di quanta ne possono digerire”. La frase di Winston Churchill può valere anche per l’Italia e mi è tornata in mente vedendo su Raiplay il documentario Spotlight La pecora nera, inchiesta di Valerio Cataldi e Andrea Palladino, dove in mezz’ora si racconta la storia di Alessandra De Bellis, moglie di Augusto Cauchi, figura centrale della destra neofascista toscana. Così accade che uno come il sottoscritto che per anni legge libri, si tiene al corrente con le notizie di cronaca, vede documentari, Report e tutta questa roba, con i misteri d’Italia fra mafia, terrorismo e Ustica che lo accompagnano per una vita, improvvisamente scopre una storia mai sentita. Che assume ancora più importanza in questi giorni di rievocazione della strage di Bologna dove dal processo emerge con sempre maggiore chiarezza il ruolo di Licio Gelli e della P2.
Questo Paese, instancabile produttore di storia e di storie, propone infatti la vicenda di Alessandra De Bellis, esemplare per spiegare cos’era l’Italia degli anni ’70 e ’80, l’Italia della P2 e anche per capire che la strage di Bologna era forse il punto finale o un’altra tappa di un percorso iniziato molti anni prima.
La storia della De Bellis è infatti legata all’attentato al treno Italicus. È la notte fra il 3 e 4 agosto 1974 quando sul treno che, risalendo la penisola, sta attraversando la galleria di San Benedetto Val di Sambro, in provincia di Bologna, scoppia una bomba che causa la morte di 12 persone e il ferimento di altre 48. Non è l’unico attentato di quel periodo. Il 21 aprile c’era stata l’esplosione a Vaiano (Prato) sulle rotaie della linea Bologna-Firenze; il 28 maggio la bomba in piazza della Loggia a Brescia; il 30 maggio a Pian del Rascino veniva ucciso in uno scontro a fuoco con i carabinieri Giancarlo Esposti che secondo alcune testimonianze stava preparandosi per andare a Roma per attentare alla vita del Presidente della Repubblica, che avrebbe dovuto colpire spettacolarmente a fucilate durante la parata del 2 giugno. Tutta roba dei neofascisti.
Questo il contesto dell’epoca: il 9 agosto 1975 Alessandra De Bellis racconta alla Polizia che suo marito Augusto Cauchi, noto estremista, nel loro breve matrimonio (naufragato dopo percosse e altro) le aveva confidato la sua attività nelle organizzazioni di estrema destra. La De Bellis depone a Cagliari dove si era rifugiata dopo la separazione. Dice che il marito le aveva parlato di un attentato da mettere in atto al treno Italicus e che alla fine di luglio del 1974 a casa sua c’era stata una riunione preparatoria.
Allora Alessandra De Bellis aveva 23 anni e da quel momento – a lei che diventa “la pecora nera” – la vita cambia decisamente in peggio, diventando un incubo.
In Sardegna le rubano i soldi, ha bisogno di aiuto, va in una sede del Pci e dice di voler raccontare tutto sui fascisti. La mandano alla Polizia, da quello Stato che la dovrebbe proteggere e invece le massacra la vita. Entra infatti in azione la parte deviata dello Stato, la prelevano in Sardegna e grazie a magistrati e medici compiacenti, nel silenzio totale della stampa, fanno scempio della sua vita.
Nell’Italia democristiana che dava lezioni di democrazia ai comunisti era possibile subire violenze come in Unione Sovietica. Per Alessandra De Bellis si aprono le porte dell’ospedale psichiatrico fino a quando, un giorno, dice di non ricordare più la sua deposizione. Così può tornare a una vita normale.
Una vicenda agghiacciante e alla fine ti chiedi: è successo molti anni fa in un’Italia diversa, ma potrebbe succedere ancora?
La faccenda dell’Italicus è finita in nulla: a oggi non ci sono colpevoli perché quelli portati in processo sono stati assolti.