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Allonsanfàn
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La rabbia di Nina Simone che scrive Four Women per tutte le donne

Domenica 15 settembre 1963: alle 10.22 una violenta esplosione scuote il cielo di Birmingham. A dire il vero gli abitanti di quella città dell’Alabama non ci fanno troppo caso: dal 4 di quello stesso mese ci sono già stati tre attentati dinamitardi e da tempo la loro città è conosciuta in tutta l’America come “Bombingham”, visto l’alto numero di attacchi contro le case dei neri a opera di esponenti del Ku Klux Klan. Ma quella mattina quindici candelotti di dinamite piazzati sotto i gradini dell’ala est della Chiesa battista della 16esima Strada provocano la morte di quattro bambine afroamericane che insieme a molti altri loro coetanei si stavano preparando per la funzione delle undici: Addie Mae Collins, Carole Rosamond Robertson e Cynthia Dionne Wesley hanno quattordici anni, mentre Carol Denise McNair ne ha soltanto undici.

La Chiesa battista della 16esima Strada è un bersaglio perché quella è la chiesa in cui predicano e operano Ralph David Abernathy, Fred Shuttlesworth e Martin Luther King jr., è da lì che quegli uomini dirigono le proteste in quella che è una delle città più razziste di tutti gli Stati Uniti. A Birmingham nessun afroamericano è nella polizia o nei vigili del fuoco, ai cittadini di colore viene impedito di registrarsi per il voto, gli attentati contro i neri sono continui, perché gli uomini del Ku Klux Klan hanno a disposizione la dinamite che viene usata per estrarre il ferro nelle miniere che rappresentano la ricchezza della città, e dove i neri fanno i lavori più duri e pericolosi.

Nina Simone al piano

Le proteste nella comunità nera sono sempre più frequenti e di conseguenza gli arresti: anche il reverendo King viene arrestato e il 16 aprile scrive una lettera aperta proprio dal carcere della città. La Lettera dalla prigione di Birmingham è uno dei suoi testi più conosciuti. Ma in quell’anno sono le ragazze e i ragazzi neri i veri protagonisti della protesta: il 2 maggio più di mille studenti lasciano le loro scuole segregate e si riuniscono proprio alla Chiesa battista della 16esima Strada, da lì marciano verso il centro della città, decisi a incontrare il sindaco. Quel giorno vengono effettuati seicento arresti, ma le manifestazioni continuano fino al 5. La polizia non sa più dove mettere gli arrestati e l’amministrazione comunale è costretta a cedere: a partire dal 4 settembre tre scuole della città saranno aperte anche agli studenti neri. La fine del sistema delle scuole segregate scatena la reazione violenta dei bianchi, che culmina appunto nell’attentato del 15 settembre.

Quel giorno a Birmingham sono morte quattro donne, quattro giovanissime donne. Alcuni mesi dopo Nina Simone scrive una canzone che decide di intitolare proprio Four Women. Sarebbe stato semplice raccontare la storia di quelle quattro bambine, il cui sacrificio aveva comunque accelerato l’approvazione del Civil Right Act. Ma questo a Nina non basta, decide di raccontare altre quattro donne, quattro donne afroamericane. C’è “zia” Sarah, la cui schiena è piegata alla fatica, la donna costretta a fare i lavori più pesanti e umili, che è così forte da riuscire a supportare tutti i dolori subiti da lei e dalle donne come lei, c’è Saffronia, sospesa tra due mondi con la sua pelle chiara, perché suo padre è un bianco, un uomo ricco e potente, che ha abusato di sua madre, c’è Sweet Thing, bella con i capelli lisci sempre a posto, che vende il proprio corpo e conosce bene gli orrori della vita, e infine c’è Peaches, la ribelle, la donna che non riesce più ad accettare quella loro condizione di donne nere e che urla il suo nome, che diventa, alla fine del brano, una sorta di grido di guerra, perché Nina vuol essere Peaches, non vuole più arrendersi.

Murales per Nina

Prevedibilmente le radio dei bianchi non fanno passare quella canzone, troppo violenta e provocatoria: quella ragazza della Carolina ha una splendida voce, perché non continua a cantare gli standard jazz? Perché si è messa in testa di scrivere le sue canzoni? Vuol fare politica? Non dalle nostre frequenze. Ma neppure le radio delle comunità nere accettano di trasmetterla: cosa è venuto in mente a Nina? Perché non canta della voglia di riscatto? Perché continua ad alimentare quegli stereotipi, la puttana nera, la serva nera, la mulatta? Non lo farà certo dalle nostre frequenze.

Non sentire il suo brano nelle radio, vedere i suoi dischi distrutti addolora Nina, che però va avanti: sa che quella è la canzone che doveva scrivere. L’attentato di Birmingham, la morte di quelle quattro ragazzine ha scosso profondamente Nina che ha capito che la musica che ha interpretato fino a quel momento non bastava più: deve usare la sua voce per protestare, per cambiare quello stato di cose.

Il disco di Four Women

Scrive questa canzone proprio perché non ne può più di come le donne nere vengono raccontate. Four Women è un atto d’accusa contro le immagini troppo semplificate con cui le donne nere sono descritte nella cultura popolare americana, nel cinema, nelle canzoni, in televisione. La rabbia di Nina vuole combattere una cultura che presentando le donne nere come stereotipi finisce per renderle invisibili: sono donne senza nome e, se sono così, anche la tragedia della loro morte rischia di passare sotto silenzio. Le quattro giovani donne uccise dal Ku Klux Klan a Birmingham non sono stereotipi, e per questo dobbiamo continuare a ricordare il dramma della loro morte. Nina con questa canzone dice all’America – e lo dice ancora a noi – che ogni persona vale come essere umano: le quattro giovani donne la cui vita è stata spezzata dall’attentato di Birmingham, come le quattro donne di cui parla nella canzone, di cui ricorda ossessivamente i nomi.

Ma Four Women è anche di più – ed è per questo che viene “censurata” dalle radio dei neri – è soprattutto una canzone femminista, perché zia Sarah non è solo “schiava” dei suoi padroni, ma anche di un marito, di un padre, di un fratello, che sono neri come lei – e che magari lottano per i diritti dei neri, dei maschi neri, dimenticando quelli delle donne. Perché Saffronia, con quella pelle definita sprezzantemente “gialla”, è emarginata prima di tutto dalla comunità nera. Perché sono neri i clienti di Sweet Thing, sono neri quelli che vogliono possedere quella “cosa” che deve avere i capelli come le donne dei bianchi. E Peaches urla la sua rabbia anche contro di loro, soprattutto contro di loro, contro la loro ipocrisia, contro la loro arroganza, contro la loro violenza. Per questo dobbiamo continuare ad ascoltare questa canzone, dobbiamo pensare a quelle quattro donne, alla loro storia, dobbiamo continuare a cantare i loro nomi.

  • Luca Billi è noto sul web anche con il nome di Protagoras Abderites. Trovate un intero vocabolario delle sue storie, qui. Ha da poco pubblicato il romanzo Una mucca alla finestra (Villaggio Maori Edizioni)

 

Nella foto in alto, il murales di Nina Simone a Bushwick, Brooklyn (Credit: Damien Mitchell’s Nina Simone by Shawn Hoke is licensed under CC BY-NC-ND 2.0; Nina Simone ‬by victorpinedamx is licensed under CC BY-NC-SA 2.0; The Amazing Nina Simone by otherthings is licensed under CC BY-NC-SA 2.0)

 

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