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Allonsanfàn
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In viaggio con Francesco: una Via Crucis nel docu di Rosi

Un uomo solo. Un lungo silenzio all’inizio del film, che prelude alle tante stazioni di una personale e pubblica Via Crucis: 37 viaggi in 59 Paesi dal 2013 in poi. Su un aeroplano scortato da un caccia, su una jeep che fende la folla nel vento, dopo che sceso dall’aereo il vento gli ha fatto volar via la papalina: Francesco, Papa Bergoglio, sembra  un uomo piccolo, ma è forte, fortissimo. Sta in piedi al microfono davanti alla favela più grande del mondo, e oltre la favela, senza soluzione di continuità, appare un quasi beffardo skyline di grattacieli. Francesco vede tutto ma è il luogo della sofferenza che gli interessa, un luogo che è ovunque, e su cui socchiude gli occhi come se volesse metterlo a fuoco, guardarlo meglio.

Ovunque sulla sua strada Francesco incontra migranti: a Lampedusa, scampati alla morte per acqua, o al confine del Messico, a un piccolo passo dal benessere Usa. C’è un abbraccio per chiunque soffra, un sorriso, il contatto fisico che non guarisce ma dà speranza, è un segno che si tocca. Il Papa mi ha toccato. Il significato del docu In viaggio di Gianfranco Rosi è questo, di disarmante semplicità: “Papa Francesco è testimone della sofferenza del mondo e sperimenta la difficoltà di fare di più, oltre al conforto delle sue parole e della sua presenza”.

Nel 2013, appena eletto, Papa Bergoglio va a Lampedusa, nel 2021, invece, compie un importante viaggio in Medioriente, in Iraq e Kurdistan: sono gli stessi luoghi che Rosi ha raccontato in Fuocoammare e in Notturno. In viaggio nasce da questa coincidenza geografica. Rosi ripercorre i passi del Papa visionando i filmati che li documentano. Nell’osservare Francesco, imposta “…un dialogo a distanza tra il flusso dell’archivio dei viaggi del Papa, le immagini del cinema, l’attualità e la storia recente. Creando un equilibrio tra lo scorrere del tempo lineare e la memoria del cinema”.

Brasile. Cuba. Cile. Filippine. Israele… Francesco che sostiene: “Cristiani e musulmani, noi siamo fratelli”. Che afferma: “I sogni non tramontano nel presente, andremo avanti”. Che chiede: “Dove sei uomo, dove sei finito?” a un memoriale della Shoah o in altri meno battuti luoghi di sterminio, quando si trova faccia a faccia con un lugubre Erdogan. “Io prego, prego” ripete Francesco. C’è l’incontro con Kirill, l’“altro vescovo”, ben prima dell’invasione dell’Ucraina. C’è l’incontro e il silenzio nel viaggio in Medioriente a fronte di un muto ayatollah: solo occhi, e tensione, nessuna parola approda da qui nel docu di Rosi.

“Pensare agli armamenti e lottare per luoghi di influenza sono logiche di guerra che chiudono la speranza del futuro”, spiega in tutte le lingue di Babele Francesco. Lo ripete tante volte perché ne è convinto, così come lo è di un’altra verità: “La povertà non è una fatalità”. E poi non si dimentica di chiedere scusa per i pedofili nella Chiesa – con qualche ruvidezza e nervosismo che passano per gaffes ma sono proprio ruvidezza e nervosismo – e scusa per tutti i colonialismi propugnati dai cristiani, per esempio quando siede tra i nativi d’America.

Nel suo cammino, capita da ultimo a Papa Bergoglio di fronteggiare l’assordante silenzio del Covid: è solo davvero, non metaforicamente, in una piazza San Pietro deserta, per una scena quasi metafisica – Rosi che sembra il New Pope di Sorrentino. Ma il vero Papa parla anche con lo spazio profondo, tramite un pool di astronauti in orbita, che gli regala una quasi tangibile allegria. Prima di riprendere a zoppicare da qualche altra parte del globo -perché Francesco zoppica sempre di più e lui è un camminatore “fattivo” non un uomo che porta in giro la testimonianza del proprio dolore… Si percepisce il dolore fisico, ma annotiamo che qualche volta appare in faccia al Papa il sorriso di un uomo sollevato dai pensieri o almeno soprappensiero. Accade per un secondo, quasi per sbaglio, un paio di volte nel docu di Rosi, e vorremmo che accadesse di più. Ma subito c’è la serietà solenne di un uomo che si mette in ginocchio nel buio: “Fermaci, Signore, fermaci”, sono le ultime parole di Francesco sulla guerra che non smette di incendiare il mondo. È la fine di In viaggio, un film concreto ed efficace, solido ed essenziale, nella tradizione di Rosi, che non cerca scorciatoie, e parla senza alludere o tentare di essere evocativo, scartando la retorica del poetico.

In viaggio di Gianfranco Rosi, presentato al Festival di Venezia in Selezione Ufficiale Fuori Concorso, è prodotto da 21Uno Film e Stemal Entertainment con Rai Cinema. Il montaggio è di Fabrizio Federico. Esce in sala il 4 ottobre distribuito da 01 Distribution

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