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Nei giardini della mente. Intervista al regista Matteo Balsamo

C’è Rosanna che “sente 12 voci”. C’è Daniela, mamma di Federico malato di schizofrenia, che per occuparsi del figlio ha dovuto capire e “imparare” tante cose. C’è Lucia, un’infanzia di violenze, l’appellativo “la matta”, un figlio perduto e altri due dati in affido.

Un intreccio di esistenze ed esperienze che nel docufilm Nei giardini della mente, diretto da Matteo Balsamo, racconta il disagio mentale dagli anni immediatamente precedenti la riforma Basaglia a oggi. Pazienti, psichiatri ma anche giornalisti e fotoreporter offrono una visione unica sulla salute mentale, le sue implicazioni sociali, gli ospedali, le cure, il sostegno alle famiglie e le normative che regolano il settore.

Nei giardini della mente Balsamo

Un lavoro che, uscito nel settembre dello scorso anno e proiettato per la prima volta a Visioni dal mondo a Milano, è stato selezionato in oltre una ventina di festival (tra cui la 38esima edizione del Warsaw Film Festival e recentemente il Capri Hollywood Festival) e ha fatto il giro del mondo vincendo (finora) sei premi (a Dubai, Matera, Asti tra gli altri).

Nei giardini della mente si apre con filmati d’epoca e con Franco Basaglia, fondatore di Psichiatria Democratica e ispiratore della legge 180, e la denuncia delle condizioni di vita dei malati in strutture che ai tempi si chiamavano manicomi ma che erano anche carceri. Dove venivano rinchiusi non solo quelli che avevano problemi psichiatrici, ma anche chi era diverso, povero, emarginato. Chi la società non voleva vedere ma espellere.

Giardini mente Balsamo Berengo Gardin
Foto @Gianni Berengo Gardin, tratta dal docufilm Nei giardini della mente

Il docufilm “nasce” nell’associazione Oltre il giardino, che opera nel Centro diurno del Dipartimento di salute mentale dell’Azienda ospedaliera Sant’Anna di Como. Là dove una volta la settimana ci si riunisce – persone che hanno avuto problemi di malattia mentale, volontari, famigliari e Gin Angri, fotografo, uno dei fondatori – per scrivere un periodico che porta lo stesso nome, Oltre il giardino, e che racconta le storie di chi ha affrontato e affronta malattie psichiche.

Matteo Balsamo, come sei entrato in contatto con l’associazione?

Mi è stata presentata dal fotoreporter Livio Senigalliesi che già aveva contribuito a un mio film, In prima linea. A Oltre il giardino siamo rimasti sei mesi, osservando e decidendo quali interviste fare. Il documentario parla dell’Italia ma tratta anche di altri Paesi. Il punto focale è l’umanità delle persone che raccontano di sé e delle esperienze in cui sono state o sono tuttora coinvolte.

Giardini mente Balsamo Giornale Oltre il giardino
Una serie di copertine del periodico Oltre il giardino (@Gin Angri)

Nel docufilm si alternano testimonianze su come veniva trattata la malattia mentale in passato e su come viene affrontata ora.

Sì, il nostro racconto tratta dello stigma della malattia mentale dal periodo che va da prima della riforma Basaglia fino ad arrivare ai giorni nostri. Oggi se ne parla pochissimo, anzi forse davvero non se ne parla più. Il documentario vuole rompere questo silenzio.

Perché tanto silenzio?

Perché ancora la gente fatica a parlare di malattia mentale. Non tutti quelli che abbiamo incontrato hanno accettato di raccontare di “quel” parente malato. Sono tanti coloro che non vogliono che si sappia del proprio congiunto con un passato in un ospedale psichiatrico. Da Basaglia a oggi si sono fatti passi avanti, non ci sono più le strutture di una volta. C’è più controllo sicuramente. Più comunicazione tra paziente e medico e famigliari. Però il problema resta. Nel film lo spiega bene Lucia, da due anni presidente di Oltre il giardino. Da bambina subì violenze ma quando tentò di denunciarle cominciarono a darle della matta. Per la gente poi si resta matti tutta la vita.

Giardini mente Balsamo Senigalliesi
Foto @Livio Senigalliesi, tratta dal docufilm Nei giardini della mente

Tra le testimonianze anche quelle di fotoreporter importanti.

Le storie dei fotografi sono un film nel film. A partire da Antonella Pizzamiglio che negli anni Ottanta, giovanissima, entrò di nascosto nel manicomio sull’isola di Leros, in Grecia, rischiando l’arresto. E poi Ugo Panella, autore di reportage nelle strutture psichiatriche a Serra d’Aiello, in Calabria, ma anche in Somaliland. E Livio Senigalliesi che a Pazarić, in Bosnia, documentò un manicomio che era pari a un campo di concentramento. Abbiamo anche la testimonianza di Gianni Berengo Gardin, 92 anni, che bene ha conosciuto tutto il periodo di Basaglia. E quella del giornalista Alberto Gaino.

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“Nel 2006 sono entrato per la prima volta nell’archivio dell’ospedale psichiatrico San Martino di Como (chiuso nel 1999 ndr).  Ho trovato i faldoni di 42 mila persone che da lì erano passate in più di 100 anni. Ogni cartella che si apriva era pelle d’oca pura. Il matto ha sempre fatto paura. Il folle o è una cosa giocosa, lo scemo del villaggio, oppure schizza fuori dall’ordinario e fa tremare la società. La malattia mentale spaventa perché non è visibile. La nostra rivista Oltre il giardino è nata contro lo stigma, che è la paura della malattia mentale, il suo rifiuto. E il grande tema è “Cos’è la normalità?”. Al tavolo della redazione circa 20-30 persone e nessun psichiatra, perché nessuno si senta controllato, ma libero”.  (Le parole di Gin Angri, fotografo e tra i fondatori dell’associazione Oltre il giardino, nel docufilm Nei giardini della mente).

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Foto di archivio rifotografata da Gin Angri, tratta dal docufilm Nei giardini della mente

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Nei giardini della mente, regia e montaggio Matteo Balsamo, musiche e produttore esecutivo Paolo Fosso, direttore della fotografia Gianluca Sacchi, sound design e mix Daniele Guarnera

Foto in apertura:  @Ugo Panella, tratta dal dal docufilm Nei giardini della mente

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