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Allonsanfàn
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Casarini, Il duetto Mina Battisti. Tutto in 8 minuti e 23 secondi

Faccio parte di una generazione che non ha particolarmente amato né Mina, né Lucio Battisti, la prima era un’icona (allora si diceva “cantante”) della nostra musica leggera; l’altro era un gigante, si capiva, ma poi andava bene per imparare a suonare la chitarra (la-re-mi) con La canzone del sole e stop. Io da ragazzino sentivo rock e pop estero, in Italia i cantautori, che erano impegnati – Battisti non era un cantautore, i testi glieli scriveva il “poeta” (enormi virgolette sarcastiche) Mogol.

Però, da ragazzino, credo di aver visto in diretta, anche se erano in diretta registrata, quegli otto minuti e 23 secondi di spettacolo del sabato sera, anzi della domenica sera, in cui Mina e Battisti per la prima e unica volta hanno cantato insieme dentro al televisore in bianco e nero.

Il duetto andò in onda nel varietà Teatro 10 – che era slittato a domenica per far posto di sabato al Pinocchio di Comencini – attorno alle 21.45 del 23 aprile 1972 sul primo canale, che non si chiamava ancora RaiUno. Ecco: sono disposto oggi, da ex cronista musicale e da anziano rock fan, a sostenere che quello fu un momento storico, da rivedere in loop infinite volte su RaiPlay, una sorta di sliding door non soltanto musicale.

Mi sono convertito, leggendo il libro che a quel morceau di storia patria (a quegli otto minuti e rotti) ha dedicato Enrico Casarini, Il duetto Mina Battisti. Teatro 10, 1972 (Minerva Edizioni, prefazione di “Paciughino” Massimiliano Pani e postfazione, al Var, di Franco Zanetti). Comunque, dicevo, Casarini è un giornalista bolognese, classe 1966, di spettacolo e non solo, nonché una enciclopedica e bizzarra mente cui rivolgersi ogni volta che non si riconosce una nota, una canzone, un interprete, un attore, un film o un regista – Casarini fa parte dei giornalisti che sono stati rovinati da Google, essendo lui stesso un motore di ricerca su due piedi. Motore di ricerca e in questo caso, per queste pagine, segugio dal fiuto finissimo.

Perché, come dicevamo, quel duetto cantato da una Mina dalla fama travagliata comprendente persino un paio di ostracismi tv – si veda il capitolo di pag. 51 – e da un Battisti pronto ormai a darsi alla macchia, alla fuga dalle scene, segna il culmine e il tramonto della grande “Rai Broadway”, quella che aveva accompagnato il grande sogno dell’Italia del boom economico – il Teatro 10 altro non era che il sontuoso Teatro delle Vittorie; il programma in oggetto era creato e diretto da sua maestà Antonello Falqui con Alberto Lupo presentatore e Mina ospite fissa, cui spettava la sigla finale, affiancata da Lupo fino dicitore, Parole Parole… Si chiude un’Italia, quella sera, e se ne apre un’altra, con nuovi format e protagonisti – tra parentesi: si sono da poco estinti, senza clamore, anche i “musicarelli”. Nel mondo dello spettacolo arrivano da lontano altre attrazioni, si annuncia l’evo contemporaneo, l’era dei tv-color e dei 33 giri che sostituiscono i 45 e vengono riassunti in musicassette per autoradio. Nelle case si parlerà sempre di più di crisi, di recessione, di lotta armata.

Comunque. Andò così, davanti ai riflettori, tra due astri in fondo timidi (Battisti di più, quasi afasico, allo stremo delle forze) che cercano di recitare un po’: “Senti Lucio, tu di solito canti solo le tue canzoni. Io molto spesso canto tue canzoni. Cosa dici, per una volta le cantiamo insieme?». «Be’, io sarei anche d’accordo». «Grazie, eh». «No, anzi, io sono d’accordo, perché tra l’altro mi hanno accompagnato cinque amici da Milano proprio per questa cosa qui»… La band è pronta, parte il medley: Insieme, Mi ritorni in mente, Il tempo di morire, E penso a te, Io e te da soli, Eppur mi son scordato di te, Emozioni. Viene giù il Teatro delle Vittorie, dove si è capito di aver visto e sentito qualcosa di speciale. “La coda dell’applauso (quella mandata in onda, per lo meno) dura mezzo minuto. Poi Alberto Lupo, arrampicato in galleria, zittisce tutti con un gesto e declama: «Signori… Alice… ed Ellen… Kessler!”.

The end. Dopo questa esibizione Mina e Lucio non appariranno più insieme e il “capellone” Battisti non vedrà più una telecamera tv. Eppure e anche per questo, quella del 23 aprile 1972 è rimasta nella memoria come un flash di musica destinato a non invecchiare più – desta  semmai sorpresa il fatto che qualcuno fraintenda la reazione chimica dell’incontro, come prova una nota anonima apparsa su Tv Sorrisi e Canzoni, che definisce “gelido” il duetto: “l’aria di sufficienza del Lucio ha irritato la ‘Tigre’. Che si è voluta vendicare snobbandolo”…

Comunque. Casarini, che lavora oggi proprio a Sorrisi, rimette le cose a posto: ci fa risentire ogni cosa e rivivere l’evento – oggi si dice così di tutto ma quello era sul serio un “evento”- alla moviola e al moviolone, non truccato, ricostruendo l’Italia dello spettacolo e dei media (allora si chiamavano “tv e giornali”) in cui si svolge. Il duetto Mina Battisti di Casarini contiene insieme un “come eravamo” e una cascata di informazioni che per la metà deliziosamente non servono a niente, se non alla pura curiosità nostra – ogni nome citato richiama alla memoria una storia da ripescare dall’oblio – e alla curiosità di chi ha fatto un lavoro giornalistico massacrante e minuzioso, in un mondo dove ormai basta un clic su Google per credere di sapere tutto. Play it again, Enrico.

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