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Totem – Il mio sole. Una bambina, un padre, una malinconica festa

Messico. La regista Lila Avilés ha deciso che il suo film non esca quasi mai da una casa, seppure grande, dove fervono i preparativi per una festa a sorpresa, e fin dal mattino ci fa aspettare l’incontro con il padre di una bambina di 7 anni, Sol, condotta lì dalla madre – è lui, un giovane pittore malato, il festeggiato, ma la bambina non potrà vederlo fino a sera perché papà, come le dicono tutti i parenti, è stanco, molto stanco…

Lila Avilés ha anche deciso di porsi all’altezza della bambina, la quale “sa e non sa bene qualcosa” – forse non a caso ha un nonno psicologo, tra l’altro laringectomizzato – e che deve capire pienamente la situazione insieme a noi spettatori – quindi pure noi siamo un po’ trattati da bambini e blanditi e “imbrogliati” per la durata del film.

Per questi motivi è particolarmente funzionale la scelta stilistica di usare un formato quadrato quasi d’altri tempi e quella di non fare mai “vedere troppo”, mai allargando il campo, se non proprio nel finale… Copiamo dal booklet: “mentre la luce del giorno svanisce, un’atmosfera strana e caotica prende il sopravvento e l’arrivo dei numerosi amici e parenti mette a dura prova i legami che tengono unita la famiglia, Sol comprenderà a poco a poco che il suo mondo sta per cambiare per sempre…”.

Lila Avilés è una delle voci più promettenti del cinema messicano e già ammirata regista di The Chambermaid. Di Totem – Il mio sole dice: “Ciò che m’interessava era ritrarre la vita di tutti i giorni da un punto di vista intimo, che permettesse di guardare dentro le cose. Mi piacciono i microcosmi, l’essenza delle cose, le matrioske, le piramidi, le cose che contengono altre cose… Per questo, sapevo anche che dovevo porre l’accento sui personaggi e sul modo in cui comunicano”.

Missione compiuta, in nome di un cinema rigoroso ed emotivo, malinconico ma non ricattatorio, scritto con molta abilità nell’usare l’ellissi ma insieme generoso nei particolari della storia, e nel condurci a un finale vero, senza maniera – se ne occupa il volto (gli occhi) di Sol in un lungo lungo lungo primo piano, forse non per caso simile a quello che chiude Perfect Days di Wim Wenders, e che ci dice tutto quello che in fondo noi fin dall’inizio abbiamo sempre saputo. Lacrime.

Totem – Il mio sole, al cinema dal 7 marzo, è stato presentato alla 73a Berlinale, dove ha vinto il premio della Giuria Ecumenica: dopo essere stato selezionato in più di sessanta festival cinematografici, è stato designato agli Oscar come miglior film straniero dal Messico.

Il film è interpretato da Naíma Sentíes, nel ruolo di Sol, e da bravi attori – Montserrat Maranon, Marisol Gasé, Teresita Sanchez e Mateo García Elizondo – quasi sempre credibili, quasi mai bozzettistici.

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