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Trần Anh Hùng. Ne Il gusto delle cose l’arte di cucinare un amore coniugale

Domanda. Che cosa ha spinto il regista vietnamita Trần Anh Hùng, giunto al secondo film in lingua francese, a adattare per immagini il romanzo di Marcel Rouff La vie et la passion de Dodin-Bouffant, Gourmet, pubblicato nel 1924, e a resuscitare uno scritto fondativo della gastronomia come La fisiologia del gusto di Jean Anthelme Brillat-Savarin, cui il libro di Rouff era dedicato? Risposta: forse il desiderio di esplicitare, in realtà e metafora, una nobilissima e doppia specie di amore… E potete pure fermarvi qui, non leggere oltre, e recarvi al cinema per vedere e comprendere meglio qual è Il gusto delle cose.

Comunque. Ne Il gusto delle cose lo spettatore assiste a un rito che – riassunto nei gesti del cucinare, ripresi con dovizia di particolari e fagocitanti quasi i personaggi che li eseguono e attraverso di essi sono narrati – illustra e innesca una sontuosa storia sentimentale ambientata nella Francia dell’Ottocento. In primo piano ci sono le mani della cuoca Eugénie (Juliette Binoche), che lavora da oltre vent’anni per il gastronomo Dodin (Benoît Magimel). Il sodalizio dei due dà vita a piatti che stupiscono i più illustri ghiottoni del globo e ha un prevedibile rimbalzo sul loro rapporto personale, dapprima soltanto lavorativo…

Di cottura in cottura, di impiattatura in impiattatura – una parola ormai necessaria in tempi estetici dominati dai masterchef – in due ore e più, lo spettatore ha tutto il tempo di sedere all’ottima tavola del regista e di godere a fronte dello sfoggio visivo di tanto nutrimento, foriero tra l’altro di un premio per la regia a Cannes 2023.

Trần Anh Hùng, che ricorderete almeno per Il profumo della papaya verde e Cyclo – sono i suoi film più famosi e omaggiati, appartenenti alla stagione vietnamita – oppure per il girovagare inquieto e sfortunato degli ultimi anni, mostra oggi di avere idee chiarissime. E noi, per non metterci a citare a vanvera Lévi-Strauss e Roland Barthes, o chissà quale Grand bouffe cinematografica, le riassumiamo attenendoci al booklet consegnato alla stampa.

Nell’autunno della loro esistenza, Eugénie e Dodin trovano un amore privo di romanticismo o passione ardente, solo qualcosa di ordinato e sobrio in un rapporto sereno con il mondo e con la natura”, spiega Trần Anh Hùng, che teneva a rappresentare un solitamente poco narrato “stato coniugale”. Per questo, ha girato il prequel del romanzo di Rouff, che inizia con la morte di Eugénie di ritorno dal mercato. Trần Anh Hùng continua: “Apprezzo la douceur e la misura che si trovano nell’arte e nella mentalità francese. In questo senso, penso che il mio film sia decisamente francese”. Ma, infine, Eugénie è la moglie di Dodin o la sua cuoca? “Eugénie decide: è la sua cuoca… Questa è la fonte della loro chimica; eleva la gastronomia a vera arte… Cos’è l’arte se non una capacità di godere? La gastronomia punta su un senso estraneo alle altre arti: il gusto. Un artista gastronomico sa distinguere sapori che noi non riusciamo a distinguere con così tanta precisione; sa frullare, misurare, bilanciare sapori, profumi, consistenze, temperature…”.

Insomma: più che l’amore poté il gusto o viceversa. Il libro di Rouff non mi sembra disponibile in italiano. I vegetariani siano avvertiti che, giocoforza, dati pure i tempi, va in scena un’orgia di carne. Uno chef con tredici stelle, Pierre Gagnaire, è stato il consulente gastronomico del film.

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