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Allonsanfàn
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(S)visto per voi. Servant ha di buono che te la cavi in mezz’oretta

Dura mezz’oretta scarsa, Servant, la serie tv con la benedizione di Shyamacoso, il regista che ha la notte nel nome non solo nel cuore, e una predilezione per gli scantinati – vabbè sai che novità, decenni dopo la scoperta che l’uomo non è padrone in casa propria.

E se per ogni opera che si consideri artistica contano il luogo e l’orario – ma coi palcoscenici da sempre vuoti senza nemmeno il fantasma del Bene, figuriamoci del Male almeno in versione Crudelia Artaud, e i cinema chiusi, niente più appuntamenti, corse per arrivare in tempo, partecipazione, insofferenza, bomboniere, solo l’onanismo del quando ne hai voglia, quando ti pare ma sotto il controllo di Padron Apple o Sky Atlantic o Netflix o Pornhub: tu paghi per essere libero ma solo con quello che ti servono in pasto – pure la durata, bergsonianamente, dice la sua essendo la mezza porzione solitamente riservata oltre che ai frettolosi e alla schiera di quelli che lavorano venti ore al giorno, più per darsi un tono, mancando da sempre chi gli contesti che bisogna distinguere prima, negli affari, quale sia l’obiettivo ché se chiudi una mezza con il tempo di una maratona non sei un fuoriclasse ma solo un lento apprendista: è il tempo riservato alle comedy con gli insopportabili sacchi delle risate in sottofondo, e qui invece programmata – come impone il brand indoyankee – al thriller-horror-family drama-vattelapesca con infiorescenze sovrannaturali più per la comodità degli sceneggiatori che per i gridolini spaventati sulle poltrone a sacco, una volta fantozziane e ora ironical-chic per la sinistra liquida che si è ammalata di europeismo e liberismo (riformista lo era già per opportunità e coniglieria) e si toglie lo sfizio, non essendolo più da mo’, di dare del radical ai suoi servi.

Alla seconda season se si è compreso come è morto il figlio, poi sostituito da un bambolotto, della coppia upper side – lui in smartworking e con un futuro da Masterchef alle spalle, lei giornalista di quella che secoli fa era tivù spazzatura e ora solo tivù perché il canone è il medesimo sia per chi lo stabilisce sia per chi continua a pagarlo anche se è in bolletta, entrambi, i genitori, alle prese con l’elaborazione di un lutto che pare nascondere chissà quale nefandezza (orribile espressione, elaborazione del lutto, che ha che fare più con la meccanica, quando chiunque ci sia passato sa che il lutto non si supera, si prova a restare vivi e ci si convive, essendo il tempo degli uomini durata e non progresso, e se proprio vogliamo considerare materia la memoria non resta che affezionarsi alla consolazione della fisica quantistica che in compagnia del sufismo e di Steiner ti garantiscono ogni sette anni il reset degli atomi di Leucippo e una nuova vita anche per le coppie in crisi), e ovviamente ricorrendo all’aiuto di qualsiasi mistificatore di turno, visto che ormai sono scienziati pure i virologi con un H-index inferiore pure al livello di letalità del Coronavirus e gli psicanalisti che leniscono il dolore con le reborn dolls, e allora avanti la paccottiglia new age dei taroccatori dell’anima: psicomaghi, chinesiologhe e indagatori dell’incubo e chissà perché allora solo il voodoo è shit e non rischi l’accusa d’essere razzista, tanto più se di tuo sei zingaro, nella logica contorta degli elzeviristi col caffè macchiato freddo in tazza di vetro che usano il buonsenso al posto dello zucchero e la Gaggia invece della Carnap.

Per rimettere in moto una serie agonizzante, dove i protagonisti sono talmente stupidi, lui, e mentecatti, lei, da non poter fare a meno di volergli bene (ma se ti capita di switchare sulla versione doppiata dai mejo doppiatori del mondo – una volta la sola eccellenza sòla prima dell’avvento del lockdown: ussignùr, che meraviglia De Niro doppiato dal venditore di Vernel! – si smonta anche quel minimo di pathos dei maestri dell’horror per dodicenni accompagnati a scuola in SUV da mammine premurose per niente allarmate dai livelli del pm10: scale che scricchiolano, rumori sospetti, apparizioni fantasmatiche… e tutto lievita in salsa comica), è gioco forza riportare nella maison a due piani con la cantina di un ristorante stellato la au pair, solo un pelo meno attizzante di una qualsiasi protagonista del pecoreccio made in Italy, visto che Sean le apparecchia una videocamera in camera da letto e fosse stato su HBO non avrebbe resistito alla stessa tentazione di Lino Banfi (ma che il cult, non segnalato da nessuno, sia in realtà una metafora della community dell’Anello di Cupertino, tutta nerdismo e pruderie?), con sovrannaturali poteri e neonato vero a carico per rinchiuderla in una soffitta che si vorrebbe tenebrosa ma se devi fare i conti della serva con gli scenografi dell’Impero è ovvio che minimo ti allestiscono la penthouse del cardinal Bagnasco sogno di ogni sbollettato dietro al gruppo del G8.

In attesa per i coniugi Turner del twist ending per il quale va famoso il regista, più che shout si sbadiglia, tanto che un episodio di SOS Tata è più movimentato, e come nelle trattorie per camionisti fascion si allunga il brodo, tanto ora pure quelli che non distinguevano una quaglia da una gallina hanno la scusa d’aver avuto il Covid un anno fa, in casa entrano come in scena i personaggi secondari (parenti tossici, improbabili detective in quota nero, ministri del culto che sarebbero spernacchiati pure al Family Day della famiglia allargata con tanto di apparizione del Celeste al Circo sempre Massimo, altro che Chiesa dei Santi Minori! ma anche grilli, anguille, pizze e torte evocativi), e la servant che ha letto Hegel fa fare una vita d’inferno alla padrona (ma forse c’entra Goldoni e lei è serva di due padroni), in attesa di ridare la vista ai ciechi e far cadere le mura di Jericho o scappare col produttore come nella Hollywood dei tempi d’oro, per niente rassegnata, facendo di nome l’attrice Tiger Free, come gli ovini paurosi comandati da altri ovini con un pedigree migliore a farsi sequestrare in casa, che chiunque sappia la differenza tra un uomo e un caporale non ha difficoltà a scegliere tra stare vivo e murato in soffitta e il rischio di essere seppellito vivo in cantina.

Chissà le risate di Hannibal Lecter quando in tivù hanno rivelato che la museruola da 35 euro non filtrava un accidente, tantomeno il profumino di carne umana in putrefazione!

  • Servant è una serie televisiva Usa creata da Tony Basgallop, che viene distribuita su Apple TV+
  • Per altri (S)visti di Gabriele Nava, qui

 

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