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Anna su Sky. Niccolò Ammaniti, l’adolescenza e il lutto

Niccolò Ammaniti si era dimostrato un buon cineasta ma un cattivo (o troppo indulgente) lettore dell’anima politica italiana nella serie Sky Il Miracolo (2018, sua la regia e il soggetto originale). Per un motivo semplice: sceneggiava gli acuti travagli interiori di un premier quasi calvinista – angosciato per il pianto di sangue irrefrenabile e inspiegabile di una statuetta della Madonna – mentre nell’Italia reale il governo aveva o avrebbe espresso cialtroni da commediaccia come Renzi col padre tour operator per Medugorje o Salvini bullo amorale in stile Papeete.

Bene: l’Ammaniti più sociale si rifa ora con gli interessi per gli accenti profetici di Anna – sempre Sky Original, sei episodi di una serie scritta e diretta da lui, che l’ha tratta dall’omonimo romanzo Einaudi del 2015, dove prevedeva una pandemia e, di più, che questa colpisse i grandi e non i piccini.

Ecco così che dopo la diffusione della terribile Rossa – in un lampo ha ammazzato tutti gli adulti, lasciando salvi i giovanissimi – Anna e Astor vivono soli senza la madre in un podere nel bosco. Quando Astor viene rapito, Anna si mette in viaggio per cercarlo in una Sicilia onirica e, tra mille peripezie, storie laterali, flasback del mondo com’era, approda nella disastrata villa dei Blu dove, in mezzo a rovine simili a installazioni di arte contemporanea, tira un’aria ibrida (molto ben mixata) tra William Golding, La notte brava del soldato Jonathan e la tv di Maria o dei reality alla X Factor…

Chi per sminuirlo chiama ancora Ammaniti scrittore di genere, può gongolare poco perché lo scrittore romano dimostra di esserlo: uno scrittore e regista di “genere umano”. Ma, battute a parte, è impossibile non celebrare la coerenza tematica nei romanzi di Ammaniti dagli esordi fino a questa avventura tv, cioè il focus sull’adolescenza, l’indagine di quel momento di passaggio o di consapevolezza attraverso cui si cresce, staccando dall’infanzia e stringendo una prima intesa col mondo adulto.

L’adolescente è narrativamente un personaggio ideale, per tutti e per lo scrittore romano in primis, poiché è un tipo “che cambia”. Vengono subito alla memoria il piccolo Michele che scopre l’abisso, il buco dove gli adulti nascondono il male, in Io non ho paura (Einaudi, 2001), e Cristiano Zena protagonista di quel dramma edipico a tinte temporalesche che è Come dio comanda (Einaudi, 2006) o il ragazzino Lorenzo che si reclude in cantina durante la settimana bianca e “incontra” la sorella tossicomane in Io e te (Einaudi, 2010) – non a caso scelto per farne un film da uno splendido adolescente ad honorem come Bernardo Bertolucci.

Ma torniamo qui. In Anna, Niccolò Ammaniti, che è per avventura e combinazione figlio di uno psicoanalista e neuropsichiatra – Massimo Ammaniti, autore tra l’altro di un recente Adolescenti senza tempo, Cortina editore, 2018, che fotografa gli odierni “adultescenti” – Niccolò Ammaniti, dicevamo, esalta lo sguardo speciale che ha da sempre per i piccoli uomini e le piccole donne non arrivando mai a loro dall’alto di un piedistallo genitoriale, neppure adesso che ha passato i cinquant’anni, ma retrocedendo piuttosto nel tempo dentro se stesso e riportando in questo modo viva memoria ai lettori persino del Cannibale che fu, tutto videogames e apocalissi quotidiane in Fango (Mondadori, 1996) per non parlare di Branchie (prima edizione per Ediesse nel 1994) che meriterebbe un discorso e lodi a parte.

Anna ricorda che raccontare l’adolescenza è una sfida particolarmente cara ad Ammaniti anche perché – serve sfogliare il libro di Ammaniti senior – questa è il territorio privilegiato del rischio: “Quando si entra nell’adolescenza, si corrono più frequentemente dei rischi… favoriscono l’esplorazione e il distacco dalla famiglia, uno dei passaggi centrali nella fase adolescenziale”.

L’adulto più importante che compare nel primo episodio di Anna non è un “adultescente” ma un adulto-adulto (e infatti muore); si tratta della madre contaminata che lascia alla figlia un Quaderno delle cose importanti, quasi un libro sapienziale perché lei sappia come comportarsi da orfana, non abbandonando mai il fratello e anzi insegnandogli a leggere.

È chiaro allora perché Annaromanzo e serienasce da un’epidemia e addirittura da un lutto planetario, portando con sé l’adolescenza proprio “la necessità di vivere il lutto per quel mondo riparato e felice che è l’infanzia, per approdare all’età adulta, che è sì indipendenza, ma una indipendenza che va cercata e conquistata, anche attraverso lo scontro con i genitori” (Ammaniti junior).

Il cambiamento e il rischio di cui abbiamo parlato fino a ora se li è presi comunque pure lo scrittore romano rimasto “vivo” anche fuori dalla sua zona di conforto, legando la sua evoluzione a un mezzo per lui meno comodo della parola – posto che sia mai stata comoda la parola per un biologo mancato.

Anna è una favola nera per adulti intelligenti, che si guarda con l’inquieto piacere di solito offerto dall’Ammaniti scritto.

L’Ammaniti per immagini convince perché riesce a evitare il linguaggio impersonale e il ritmo metronomico delle serie internazionali – e in questo lo aiutano i suoi giovani protagonisti – e per il gusto con cui illustra i topoi horror che ha scelto di attraversare nel suo nuovo viaggio – i luoghi dell’horror come il bosco, la città post disastro, le case deserte e distrutte, gli antri dei mostri, le cerimonie sociali dei ragazzini reietti. Poteva scegliere da un sofisticato moodboard che parte dai classici libri-film di bambini crudeli come Il signore delle mosche, poteva prendere frame dai titoli di comunità di folli – da The Wicked Man a The Beach di Alex Garland, a Midsommar di Ari Aster -, poteva citare persino il barocco italiano dei cunti di Basile-Garrone, ma poi alla fin fine si è fidato, e ha fatto molto bene, sempre di se stesso.

  • Anna è su Sky Atlantic, Sky on demand e in streaming su Now
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