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Allonsanfàn
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Sotto la falce. Il memoir di Jesmyn Ward per ricordare che Black Lives Matter

Jesmyn Ward appoggia il suo memoir Sotto la falce (2013 in Usa, oggi per NNEditore) su una scomoda e lampante verità: a DeLisle, cittadina del delta del Mississippi dov’è nata nel 1977, nel XXI secolo il destino degli uomini è ancora determinato dal colore della pelle e dalla classe sociale, e non esiste possibilità di riscatto.

Il paradosso: il riscatto s’incarna in lei, Jesmyn Ward, in tutti i libri che ha scritto, quelli per cui la ragazza nera che una volta non sorrideva  – aveva gli incisivi sporgenti e i suoi non potevano mandarla dal dentista – ha vinto due National Book Award (record femminile) e quel memoir che le permette adesso di ricordare i suoi morti.

Di recente, Ward ha perso il marito per Covid ma questa è un’altra, terribile storia, che riempie un articolo a parte riprodotto in appendice in Sotto la falce, dove la scrittrice – madre con figli – si guarda intorno disperata e scopre, unica speranza, che esiste e cresce il movimento Black Lives Matter. La vita dei neri conta. Non sembrava, non sembra, ma conta.

La storia narrata nel memoir è antecedente. Dal 2000 al 2004, tra DeLisle e altre cittadine del Mississippi, Ward ha visto morire cinque persone care, cinque amici tra cui suo fratello Joshua: per overdose, incidenti connessi all’alcol, omicidio o suicidio. Qui racconta le loro storie una per una.

Leggo sul Guardian di un altro protagonista del libro: “A central character in the book is the Mississippi gulf coast, where Ward spent most of her childhood and youth. This lowland region of red beans and bayou would reveal its own vulnerability shortly after the last of the book’s fatalities, with the devastating pounding of hurricane Katrina”.

Vero. La vita della ragazza nera è un avanti indietro tra New York e casa, tra Los Angeles e casa. Ha avuto il privilegio della “fuga” perché un datore di lavoro della madre, donna di servizio, le ha pagato una scuola privata; grazie a questa e alle borse di studio, Ward ha conseguito un BA a Stanford in California nel 1999 e un master nel 2000. Senza lasciarsi mai alle spalle la home degli affetti veri.

Quando ho cercato per illustrare questo pezzo una foto in CC, pensavo a qualcosa di cupo, ma ho trovate solo immagini di Jesmyn che sorride. Mi è sembrato di buon augurio. Black Lives Matter!

Ward è a New York per alcuni colloqui, quando le telefona in lacrime la madre per dirle che Joshua è morto a meno di vent’anni in un incidente stradale. Il ragazzo è stato tamponato da un ubriaco, un bianco sulla quarantina, che non pagherà mai per la sua colpa. Il fratello è solo l’ultimo di una serie di morti “suoi”, sprofondati nel ventre immondo e razzista d’America.

Ward scrive per ribellione e per non soccombere alla depressione. “Scrivo queste parole per ritrovare Joshua, per dichiarare che quel che è successo è successo veramente, nel vano tentativo di scorgerne il significato. E alla fine, so poco, solo qualche fatto irrilevante: amo Joshua. Lui è stato qui. Ha vissuto”.

È essenziale comeil modo in cuiWard scrive. Niente oggettività da referto clinico. Niente allure impersonale da docu. No a falsa oggettività o, al contrario, a voli pindarici. Né chiacchiericcio minimalista su come va o non va il mondo… Semmai un tentativo di sintonizzarsi su una linea lirica che da un lato ha la forza delle parole scandite in un personale rap e dall’altro l’impronta di un lirismo tout court, senza specificazioni di sorta. Ward può inciampare ma non fermarsi. Essere talvolta ridondante, ma poi purificarsi anche per noi nelle lacrime e nell’inchiostro.

Quando ha dovuto parlare di scrittori che hanno influenzato la sua ormai celebre trilogia di Bois Sauvage (NNE), Ward ha nominato (con massimo rispetto) William Faulkner e Alice Walker. I critici che si sono occupati di lei hanno citato spesso Toni Morrison. Sono nomi e cognomi importanti. Sono autori che stanno in alto, forse troppo, ma sono fondamentali per chi scrive di sud e di black people. Ward ha l’umiltà e il coraggio di confrontarsi con loro.

IL LIBRO Jesmyn Ward, Sotto la falce, un memoir, traduzione di Gaja Cenciarelli (NN Editore). I romanzi: La linea del sangue (Where the Line Bleeds, 2008); Salvare le ossa (Salvage the Bones, 2011); Canta, spirito, canta (Sing, Unburied, Sing, 2017), tutti NNEditore

Credit: Jesmyn Ward signs my copy of Sing by Lorianne DiSabato is licensed under CC BY-NC-ND 2.0

 

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