UN BLOG
IN FORMA DI MAGAZINE
E VICEVERSA

Allonsanfàn
{{post_author}}

Alberto Vigevani. La breve passeggiata a un passo dall’orrore

Un baule, detto “il generale” per la stazza e la paradossale difficoltà al trasporto, dà lo start proustiano a una serie di ricordi che sfilano nella novella La breve passeggiata (Sellerio, ma prima Rusconi 1993) di Alberto Vigevani e approdano a una sfuggente ma decisiva consapevolezza inseguita nel corso di una vita.

“Il generale” viene regalato per le nozze – sembra un’era fa, ma sul serio? – da un’innocua e quasi buffa coppia di zii, ebrei quasi per caso, alla giovane coppia di nipoti, e potrebbe rivelarsi utile quando questi progettano di emigrare in Usa e di lasciare l’infame Italia delle legge razziali.

Non viaggeranno loro né “il generale”. Mentre il vero viaggio nello stupore di una possibile libertà sarà la passeggiata del titolo, compiuta dallo zio Giorgietto – quasi il frammento di un’ora del vero sentire – poco prima di tornare al carcere dalla moglie Jole e a un treno che corre all’orrore.

Fa l’autobiografia sua e di più di una generazione Alberto Vigevani (Milano, 1918-1999), che respirava la grande letteratura internazionale: articola qui il racconto in capitoli corti e di diverso tono che servono insieme la sua vita e il suo mestiere di scrittore. Conducono a una superiore conoscenza, mostrandone senza semplificazioni il formarsi, e Vigevani recupera in essi, per portarli fino a noi, un’idea e un sentimento degli scomparsi.

Nei piccoli e nei grandi libri

Sellerio sta ripubblicando da anni brevi e bellissimi testi di Vigevani – tra cui L’invenzione, novella di adolescenti spesso indicata come il suo capolavoro – anche se lo scrittore vanta un’opera omnia ben più corposa dei librini editi finora – voluminosa per pagine e complessità, se non per tematica (quella è ridotta come accade sovente agli scrittori e molto sovente ai grandi scrittori).

Sellerio ha ripubblicato La febbre dei libri (2000), Estate al lago (2001), Lettera al signor Alzheryan (2005), All’ombra di mio padre. Infanzia milanese (2007), Il battello per Kew (2009), Milano ancora ieri (2012) e L’invenzione (2017)

Guardo in uno scaffale della mia libreria la compattezza – e insieme il casino che ho allestito tra vecchie e nuove edizioni, tra raccolte e doppioni – della meticolosa produzione letteraria di Vigevani che ha raccontato il Novecento della borghesia ebraica di Milano.

Sparpagliata tra romanzi, racconti e saggetti, per Vallecchi, Rizzoli, Mondadori, Rusconi, mi pare tuttavia che componga un unico libro di cui si possono mescolare a caso nella lettura i fascicoli tra All’ombra di mio padre e Morgana, tra Il grembiule rosso e L’abbandono. Così in ogni volume che apro, come per un sortilegio, ho l’impressione di rientrare con l’autore bambino nei Giardini Pubblici a Milano e ogni volta cercare con lui, tra le statue di dimenticati uomini illustri e benefattori, zone che oggi hanno perso ogni definizione.

Così la strategia di Sellerio è giustificata e vincente fin tanto che sappiamo che stiamo “assaggiando” qualcosa che non si conclude mai; che Vigevani è molto più di poche pagine certamente felici, alcune persino deliziose se non fossero terribili poiché è sempre incombente su di loro la Shoah.

Penso alla Lettera al signor Alzheryan (prima edizione Vallecchi nel 1973, con altri testi in Fine delle domeniche): raccoglie il quadretto quasi proustiano di un mercuriale banchiere ebreo tra le due guerre; lo ricorda un ragazzo e la chiusa è un colpo di mannaia sul tempo passato per sempre accennando a un “dopo” di camere a gas.

IL LIBRO Alberto Vigevani, La breve passeggiata (Sellerio)

Credit: ho trovato la foto di apertura su un vecchio segnalibro ne Le foglie di San Siro (Rizzoli). A disposizione per accreditarla o levarla. Invece, Bookseller’s label of Il Polifilo by Provenance Online Project under CC BY 2.0

I social: