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Shishkin e le letture obbligate per conoscere la Russia

Come gli esami all’università, ci sono letture facoltative e letture obbligate. Le seconde sono considerate tali (inderogabili, inevitabili, necessarie e finanche tassative) da quello che lo spirito del tempo considera essere il canone culturale. Inutile sottolineare come lo Zeitgeist il più delle volte ci acchiappi solo nel lungo se non lunghissimo periodo; a ben vedere un paradosso bello e buono, ma è solo il tempo a stabilire cosa appartiene al canone e cosa invece alla caducità delle mode. Le letture obbligate si dividono a loro volta in due categorie: quelle il cui apporto è fondamentale nella formazione dell’essere umano in quanto tale, e quelle che è indispensabile conoscere per sapere “qui e ora” in che mondo si sta vivendo. Questo articolo parla delle letture obbligate di secondo livello. Fine della premessa.

Mikhail Shishkin (credit: Avjoska)

Sulle cose dell’Est, storia, letteratura e varia umanità, i miei pusher di fiducia sono Wlodek Goldkorn e Francesco M. Cataluccio. Devo a loro la scoperta di letture obbligate appartenenti a entrambe le categorie. L’ultima in ordine temporale è Russki mir: guerra o pace? saggio di Mikhail Shishkin pubblicato da 21lettere di cui Goldkorn ha scritto nell’ultimo numero di Robinson. È una lettura obbligata per chi, stanco di galleggiare nell’indeterminatezza dei vari “forse, può darsi, a chi conviene cosa, chi l’ha detto, è stata la Nato”, ha voglia di fare i conti con la storia russa. Una lettura obbligata per tutti coloro (pochi, tanti?) che grazie al sacrificio di Anna Stepanovna Politkovskaja hanno compreso che Putin è un volgare tagliagole, ma ancora non vogliono (non possono?) rendersi conto che tutta la storia russa è una vicenda di tagliagole i cui protagonisti sono il potere, la menzogna, la violenza, la paura. Con buona pace di chi, in buona come in cattiva fede, continua ritenere la Russia appartenente alla cultura europea. Con buona pace di chi, non importa se in buona o cattiva fede, continua a ritenere che con lo zar si debba (e si possa) negoziare.

Oggi lo zar si chiama Putin, ieri si chiamava Stalin e l’altro ieri Nicola II. Tutti governano con la forza, con la violenza, con la paura. Oppure decadono: uno zar debole è inammissibile in Russia. Perché solo uno zar forte garantisce l’ordine. Perché, come scriveva Dostoevskij, “Un popolo veramente grande non si rassegnerà mai a un ruolo secondario nell’umanità… Solo un popolo può avere il vero Dio. L’unico e solo popolo dei portatori di Dio è il popolo russo”.

Mikhail Shishkin è un russo che non può vivere in Russia. Appartiene alla frazione perdente, la minoranza dei russi che dal 1917 in poi sognano la democrazia. Purtroppo la democrazia occidentale per la stragrande maggioranza del popolo russo significa caos, anarchia, disordine, sopraffazione. Cambiando una lettera la chiamano merdocrazia. Intervistato da Viviana Mazza per La Lettura Shishkin, a proposito di democrazia e popolo russo, ha affermato: “È stato l’inizio di questo trauma di essere russo ma non russo, nato in questo Paese ma senza appartenervi e adesso mi è chiaro che condividiamo lo stesso territorio ma siamo mentalmente e psicologicamente due diverse nazioni. È iniziato quando Pietro il Grande ha invitato gli stranieri: è stato l’inizio di un’altra Russia con altri valori. Non sappiamo come chiamarla quest’altra Russia: per Dostoevskij, erano i russi europei, per Lenin e Stalin l’intelligentsia marcia; io accetto la definizione di Puskin: coloro che il diavolo ha condannato a essere nati in Russia con una coscienza”.

È dal 1917 che “l’altra Russia” è perdente: una storia circolare e deprimente. Come andrà a finire? “Un giorno la guerra finirà” afferma Mikhail Shishkin. “Se non moriremo nella catastrofe nucleare, tornerà il tempo della cultura”.

Credit: Russian World by O. Kuzmina. Saint Basil’s Cathedral of Moscow behind the monument to Minin and Pozharsky.

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