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Allonsanfàn
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The Peripheral per vivere nel futuro con William Gibson

Se c’è stato un libro in grado di gridare – letteralmente dagli scaffali di una libreria, quello è Inverso (Mondadori) di William Gibson. Ci ho pensato molto, in questi giorni, in cui Prime Video sta rilasciando – ogni venerdì – The Peripheral, la serie che porta il titolo originale dell’opera da cui è tratta e che ha come protagonista una (davvero perfetta) Chloë Grace Moretz.

La copertina del libro (uscito in Italia nel 2017), dicevo, catturava come certi quadri in cui il personaggio ti segue con lo sguardo ovunque tu ti sposti. Su un fondo bianco latte, una bocca urlante lottava per uscire, forse saltare in questo piano di realtà. Ed è proprio questa l’idea che guida il romanzo: un collegamento, reso possibile dalla tecnologia, tra presente e futuro.

Flynne, la protagonista, viene assunta per testare quello che pensa essere un nuovo videogioco, ma si trova dentro una realtà del futuro che effettivamente è il futuro, in cui alcuni potenti “giocano” una partita molto più complessa, infiltrandosi nelle pieghe del tempo e cambiando le traiettorie di vita della giovane e del resto dell’umanità. L’epoca di Flynne, antecedente di 70 anni, viene definita da questi facoltosi posteri “il frammento”, una realtà del passato soggetta a possibili interazioni grazie, appunto, alla “periferica”, tecnologia virtuale che consente di spostare dati e condividere conoscenze avanti e indietro nel tempo.

Credevo che non sarebbe stato possibile dare una dimensione visiva a un progetto così ambizioso dal punto di vista narrativo, invece la Londra del futuro realizzata nella serie è davvero splendida e in qualche modo contro-intuitiva rispetto a un’idea di mondo post-apocalittico. Pulita, rarefatta, monumentale. Un futuro razionale dove convivono umani innervati di tecnologia e cloni, in una realtà inquietante e ibridata, resa abitabile grazie ad ambienti ipertecnologici. Un’era che ha superato – non chiedete come – un passato fatto di disordine, disperazione sociale, inquinamento.

Ed è un po’ questo il cuore della filosofia di William Gibson, che oggi è un signore ultrasettantenne, definito – in modo un po’ restrittivo, a mio avviso – il padre del cyberpunk: dare una prospettiva sul futuro che consenta, in qualche modo, di leggere il presente.

The Peripheral

Vedere The Peripheral è allora l’occasione per godersi una gran bella serie fantascientifica/thriller (in fin dei conti, la sceneggiatura l’ha presa in mano Jonathan Nolan, deus ex machina nella scrittura di alcune opere fondamentali del fratello Christopher, da Memento a Interstellar) ma anche, e questo è un po’ l’auspicio, per (ri)scoprire Gibson, un grandissimo della narrativa contemporanea. Uno che (solo per dire) ha coniato l’idea di cyberspazio ancora prima che lo vivessimo. È possibile cominciare da Inverso, passare al secondo volume della serie, Agency (2020), ma poi buttarsi nella trilogia dello Sprawl e lasciarsi stupire dalla sua potenza profetica.

Nella foto di apertura, William Gibson (credit:William Gibson à la librairie Scylla by Frédéric de Villamil is licensed under CC BY-SA 2.0)

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