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Colson Whitehead in Zona Uno: l’Apocalisse in pandemia da leggere in qualsiasi zona siamo noi

Ecco cosa succede a Walking Dead tra le mani di un due volte premio Pulitzer. Ci si ritrova a pensarlo in più di un’occasione, leggendo Zona Uno di Colson Whitehead. Se, in questo anno di pandemia, qualcuno avesse sentito il bisogno di una catarsi leggendo letteratura apocalittica (io, per esempio, Annientamento di Jeff VanderMeer e poi la trilogia di Maddaddam della Atwood, ma evidentemente non ne avevo ancora abbastanza), con questo romanzo (del 2011 ma edito nel 2020 nella collana Oscar 451 da Mondadori) troverà quello che cerca.

Se Walking Dead e World War Z sono una trama febbrile di ciò che accade fuori(spara o muori, in un’escalation quasi darwinista della sopravvivenza), l’autore de La ferrovia sotterranea e I ragazzi della Nickel sceglie di lavorare su ciò che accade dentro ai personaggi. E qui, bisogna dirlo, la faccenda si fa molto interessante, soprattutto nel tempo che stiamo vivendo.

Zombie a parte, colpisce la dinamica dellescalation della pandemia (“possiamo sconfiggerla, è solo una questione temporanea”), poi le metamorfosi psicologiche individuali e di massa nell’emergenza, infine la gigantesca sindrome post traumatica che si accompagna all’ossessione di voler rimettere le cose a posto, esattamente “come erano prima”. I sopravvissuti all’Apocalisse come giocattoli rotti, aggrappati alla nostalgia delle dinamiche sociali, organizzative, estetiche di un passato che è stato spazzato via.

Non è più tempo, sembra dire Colson Whitehead, per la critica politica, avanguardista, sacrilega alla George Romero: non è più questione di esporre i simboli del capitalismo alla furia iconoclasta di un contagio mortale che rimette la bilancia in equilibrio. Qui ci siamo noi, con le nostre certezze tecnologiche, le nostre giornate scandite dalle App e dall’ultimo acquisto trendy e gli obiettivi di riuscita esistenziale e la cena fuori. C’è una New York pulsante di esistenze: potrebbe essere una qualsiasi città occidentale che all’improvviso si scrolla di dosso queste vite come pulci.

Il lutto per questa interruzione delle routine umane è inaccettabile (nel libro come nella realtà, oserei dire). È un tranciarsi netto di fronte al quale nessuno riesce a fare pace non solo emotivamente, ma nemmeno razionalmente.

Zona Uno, con i suoi toni da Apocalisse, parla a questa nostra maledetta pandemia molto più di quanto si possa pensare, entra come un coltello affilato in un immaginario collettivo, fatto di riti e sogni comuni, e lo snuda nella sua fragilità, così delicata e unica, umana, irripetibile.

Da leggere, qualsiasi sia il colore della vostra regione, se non ce la fate più a sentirvi dire che “tutto sarà come prima”. Ma anche se provate lo stesso disagio di fronte al “niente sarà più come prima”.

IL LIBRO Colson Whitehead, Zona Uno (Oscar 451 Mondadori)

 

Credit: “File:Colson Whitehead @ BBF (6161074114).jpg” by editrrix from NYC is licensed under CC BY-SA 2.0

 

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