UN BLOG
IN FORMA DI MAGAZINE
E VICEVERSA

Allonsanfàn
{{post_author}}

Ricordi di Garbo. Il secondo, indimenticabile urlo di Tardelli

L’operazione Olimpiadi di Barcellona 1992 parte da Pinzolo in val Rendena.

Un paio di mesi prima l’Under 21 di Cesare Maldini ha conquistato il primo dei tre titoli europei consecutivi e ora la stessa squadra, divenuta nel frattempo una Under 23, si prepara al torneo olimpico.

Ma non era stato facile il cammino degli azzurri verso il tetto d’Europa, soprattutto per via di una sconfitta che rimarrà negli annali del nostro calcio: un umiliante 6 a 0 subito a Stavanger contro la Norvegia il 5 giugno 1991. Quella disfatta non andò giù al presidente della Federcalcio Antonio Matarrese, che incrociando gli azzurri all’aeroporto di Oslo ebbe parole durissime nei loro confronti: “Se fossero figli miei, li prenderei a schiaffi”. E pensò pure all’esonero di Maldini, colpevole di non aver saputo evitare l’onta.

Cesarone, scuola Rocco e Bearzot, salvò la panchina difendendo a spada tratta il suo gruppo, ma si legò al dito quelle parole, chiedendo ai suoi ragazzi di giocare con l’obiettivo di farle ingoiare a chi le aveva pronunciate. Da quel giorno l’Italia Under 21 non sbagliò più una partita, vinse il girone facendo fuori Russia e Norvegia e si issò sul tetto d’Europa battendo in finale la Svezia.

Ricordo bene quella doppia sfida: gli azzurri vincono l’andata a Ferrara per 2 a 0 con gol di Buso e Sordo, poi volano a Vaxjoe per la gara di ritorno. Lottano col coltello tra i denti, perdono 1 a 0, rischiano di andare ai supplementari, ma alla fine alzano la coppa che nessuna Under 21 italiana era mai riuscita a sollevare prima di allora.

È il trionfo di Maldini, che si toglie qualche sassolino dalle scarpe, ricordando gli schiaffi simbolici di Stavanger. Anche Matarrese alza quella coppa, la prima della sua gestione da presidente della Federcalcio, e offre a Cesarone il calumet della pace, affermando che buona parte del merito di quel successo è proprio dell’uomo seduto in panchina.

Gli azzurri, con Albertini e Corini in testa, meditano uno scherzo a Matarrese, perché non hanno dimenticato le sue parole. Mi promettono che in caso di vittoria, se lui metterà piede nello spogliatoio, sarà accolto da un gavettone. Ci mettiamo d’accordo e dopo la premiazione entro nello stanzone dello stadio di Vaxjoe per girare le immagini dei festeggiamenti, in attesa dell’arrivo del presidente federale. I ragazzi sono pronti con il secchio d’acqua gelata, mentre io li carico dicendo: “Voglio proprio vedere se siete uomini o caporali”, parafrasando il grande Totò.

Matarrese entra nello spogliatoio, il mio operatore accende la telecamera e… non succede nulla. I ragazzi non se la sentono, temono di passare guai seri e così il secchio rimane pieno, mentre Matarrese rimane asciutto. Quando il presidente se ne va non posso fare a meno di dire ad Albertini: “Ero sicuro che non avreste avuto il coraggio, siete proprio caporali!”.

Ma torniamo a Pinzolo e al ritiro preolimpico. La preparazione prevede doppia seduta, una al mattino alle 9.30, l’altra nel pomeriggio alle 17. Noi giornalisti al seguito ne approfittiamo per mantenerci in forma, anche se non dovremo affrontare le Olimpiadi. La mattina facciamo sei/sette chilometri di corsa nei boschi e al pomeriggio organizziamo una partitella di calcetto, dopo l’allenamento della Nazionale.

Un giorno chiediamo al vice di Maldini, Tardelli, di unirsi a noi per impartirci una lezione di calcio. Marco accetta e insieme a lui si schiera Roberto Tricella, ex libero del Verona dei miracoli di Osvaldo Bagnoli, campione d’Italia nel 1985. Con la loro presenza il livello tecnico si alza notevolmente, facciamo le squadre e io capito con Tardelli. Dall’altra parte naturalmente Tricella e il collega del Corriere dello Sport Rinaldo Boccardelli, tecnicamente il migliore dei giornalisti, uno che dà del tu al pallone. A bordo campo un pubblico d’eccezione: tutta la nazionale Olimpica schierata, con Cesare Maldini in prima fila.

Tardelli è un toscanaccio dal carattere duro, uno non facile al primo impatto, ma verace. Con lui ho sempre avuto un eccellente rapporto. Dei 10 giocatori in campo io ero di gran lunga il più scarso e quando Marco, dopo aver dribblato l’intera squadra avversaria compreso il portiere, mi regala un pallone che dev’essere solo spinto nella porta vuota urlandomi: “E adesso sbaglia se sei capace!”, per fargli un dispetto lo calcio fuori.

Credevo volesse mangiarmi per cena da quante me ne ha dette, poi ci siamo abbracciati scoppiando a ridere.

Ma il meglio doveva ancora arrivare. A un certo punto Boccardelli addomestica un pallone, salta Tardelli con un tunnel e se ne va verso la nostra porta. Ma non ci arriverà mai, perché Marco lo insegue e lo stende con un fallaccio da dietro da autentico killer. Non contento, mentre Rinaldo si rotola a terra dolorante, Tardelli gli urla in faccia: “Non ci provare mai più! A me queste cose non le fai, perché io sono campione del mondo!”.

In quel momento mi è venuto in mente l’urlo del Santiago Bernabeu, gli occhi spiritati e la corsa incontenibile verso la panchina, dopo il gol del 2 a 0 nella finale contro la Germania. Il campione del mondo non poteva sopportare di essere preso in giro da un dilettante al cospetto dei ragazzi della nazionale.

Naturalmente tutto si ricompose in fretta, con Tardelli e Boccardelli che lasciarono il campo abbracciati. Ma Rinaldo potrà raccontare ai suoi nipoti di aver fatto un tunnel al campione del mondo di Spagna ’82.

Nella foto, un altro urlo di Tardelli, mentre esulta con la maglia del Como nel campionato 1974-1975
I social: