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Allonsanfàn
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Favignana (not so) wild

Ma sarà davvero wild Favignana come sostiene, con piglio da promoter, e quindi pronta a ribaltare ogni presunto difetto in scontato positivo, l’agente di viaggio, in piedi in due pezzi Yamamay, una cinquantina d’anni portati così, né bene né male, la chiacchiera perforante, la tintura mechata?

Lo dice a una coppia malmostosa, innervosita dal giacere sull’impiantito di tufo battuto, con i tatuaggi impolverati e la crema solare che scotta più del sole, al di là della scomodità se sei partito pensando di coccolarti come consigliano i magazine, qualche giorno al mare, i teli buttati sul passaggio di chi cerca invece nelle cave un residuo d’ombra, non il refrigerio che darebbe un bagno a Cala Rossa oggi che tira vento di scirocco e quindi il mare è piatto come una tavola e di un azzurro capace di commuovere alle lacrime pure una coppia di samurai senza nessuna intenzione di scendere agli scogli, bardati come sono contro la canicola feroce del pomeriggio, non fosse che qualcuno atteggiandosi a sentinella ha individuato qua e là qualche medusa e ora tutti scrutano il pelo dell’acqua cercando immediata alternativa a come arrivare almeno a un tramonto meno estremo per riprendere la via di casa, ripromettendosi di tornare domani col retino, visto che i telefoni fanno fatica a collegarsi, di giornali non ne svolazzano più e al limite qualcuno ha portato un libro a tema sulla banda dei Florio, e pure la figlia adolescente della promoter viaggi & avventure (soft) a Favignana, che conosce a memoria pure quanti scogli separano dalla vasca con acqua stagnante che – ovvio – lei consiglia come fosse un idro naturale, preferisce svaccarsi lontana dai raggi solari scambiandosi sguardi di malcelata sopportazione con le amichette, come a dire ancora? e l’avrà detto, raga, già cento volte.

È wild dunque? Piuttosto ostica dice sempre lei, al primo approccio precisa, sempre con l’aria saputa di chi ne conosce l’animo, ai due ora innervositi pure dalla prosa debordante più della cellulite, e non è che non si può essere d’accordo, soprattutto io che ci vengo da dieci anni forse più, la prima volta senza nemmeno che chi me la consigliava, magnificandola, avesse l’accortezza di informarmi sulla prima cosa che direi adesso io a un forestiero: scordati le spiagge e portati le scarpette da scoglio e preparati a stare sotto il sole come un fachiro sui chiodi.

Ma se entri nel mood, sempre lei, non l’abbandoni più… sempre vero ma proprio perché devi amarne le spine per essere crocifisso ad honorem e trovare soddisfazione nella fatica necessaria a entrarci in sintonia, come fosse un esercizio zen o una penitenza, prima ancora che ti ricompensino di stupore quegli scorci che si aprono sul sentiero tra Cala Azzurra e Bue Marino, le graffe giganti con la ricotta e le brioche al pistacchio della Pasticceria Effecì che mi buttano giù dal letto prima delle otto come non è mai riuscito nessuno nemmeno a fronte di uno stipendio a fine mese, il pane cunzato di Robertino alla tenda dei pirati, la salita in bici fino alla vasca da bagno abbandonata e la discesa a fine giornata senza mani giù a rotta di collo verso Lido Burrone, la cucina nascosta di Maria quando c’era ancora, le barzellette sporche del Rais in barca che echeggiavano fino a Marasolo, il tuffo di Salvo panettiere alla Messina puntuale dopo pranzo dopo aver mollato la saltafoss giù dal Bue e presa la rincorsa sul trampolino dove si scaricavano un tempo i blocchi di tufo, il cespuglio biondo di Clemente, ultimo dei tonnaroti, la metafisica di certi pomeriggi evaporati a Scalo Cavallo, le burbere ragazze del Panificio Costanza, i capperi di zio Stuppa e Katy Love, e le bici a nolo da Isidoro, la rampicata schianta polmoni al forte al tramonto…

“E stasera potete venire all’ex A. per il quale faccio da pierre e dove c’è la serata karaoke mentre domani c’è il torneo di racchettoni!”.

“Ma come?” sbotto, avendone abbastanza di origliare con lei che di squincio è da un po’ che la butta. “Eri partita così bene dicendo che è ostica?” trovando immediata solidarietà nelle ragazzine, mentre la coppia tatuata approfitta del momento di generale imbarazzo per levarsi di torno con l’aria da tonni di quelli che un’altra volta, a Favignana, non ci tornano più.

Quest’anno a Bue Marino provano a noleggiare le sdraio, qualcuno le sistema in bilico sulle rocce, qualche anno fa avevano provato coi gazebo a Cala Rossa, spariti, i locali di via Roma si credono up to date perché hanno il dj in veranda, a Lido Burrone il nuovo club on the beach ha il permesso di fare pum pum pum fino a tardi ma i proprietari di casa già studiano contromosse, i traghetti da Trapani continuano ad arrivare e ripartire e non è difficile indovinarvi una metafora di quelle che hanno reso celebre Terzani, la gente scende e quella in attesa di ripartire sale, con quelle facce un po’ così… Favignana sembra resistere a ogni tentativo di infighettarla, arrivano sempre più giornalieri da Trapani e Marsala, i fine settimana un esercito di motoscafi la cinge d’assedio in attesa di uno sbarco che non verrà, guadagnando metri verso le rive ogni giorno sull’ignavia della guardia costiera che invece di provvedere a domanda precisa risponde, cazziandoti, che pure da terra non si potrebbe arrivare a mare, ma molti vengono ricacciati come utenti di un sito capitati da Google e che non torneranno più, tra mille anni si racconterà la leggenda di Cala Gialla per il colore non più del sangue ma della pipì: sarà wild, forse è solo che alcuni luoghi se li scelgono loro i propri turisti, si difendono da sé: Me ne futtìa!

Tutte le foto sono di Gabriele Nava, il suo video qui

 

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